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Oro alle stelle, i guai giudiziari di Eni e Diasorin pesano sulla Borsa

Pixabay

Oro superstar e borse nervose, con le tensioni Usa-Cina e l’alto numero di contagi da Covid 19 nel mondo. Wall Street procede incerta, mentre i listini europei chiudono in rosso, dopo i guadagni incassati nelle scorse sedute in vista di un possibile accordo, poi arrivato ieri, sul Recovery Fund. “Un progetto molto ambizioso”, lo definisce la presidente della Bce Christine Lagarde, anche se “si poteva fare di più”.

Francoforte perde lo 0,59% e si mostra più solida di Parigi -1,32%; Madrid -1,37%, Londra -1,01%. Piazza Affari limita i danni allo 0,6%,  fermandosi a 20.598 punti base. Il listino milanese soffre per varie inchieste giudiziarie. In primo luogo si fa sentire il tonfo di un peso massimo come Eni, -2,49%, dopo la richiesta dei Pm di Milano di 8 anni di carcere per l’ad Claudio Descalzi e per il suo predecessore Paolo Scaroni per corruzione internazionale al processo sul caso Eni-Shell-Nigeria con al centro una presunta tangente da 1 miliardo e 92 milioni di dollari versata dalle due compagnie petrolifere ai politici del Paese africano.

I guai con la giustizia penalizzano anche Diasorin, -1,85%, con un’inchiesta della Procura di Pavia con ipotesi di reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato per l’accordo stipulato fra Diasorin e l’Ospedale San Matteo sui test sierologici sul Covid. La società diagnostica con sede a Saluggia ribadisce invece la correttezza del proprio operato.

Negativa Fiat, -0,86%, alle prese con lo scandalo dieselgate. La guardia di finanza di Torino ha perquisito alcune società del gruppo in accordo con la Procura di Francoforte, che indaga per frode in commercio. L’ipotesi è che su alcuni modelli siano statti installati dispositivi non conformi alla regolamentazione europea, per cui le emissioni inquinanti sarebbero superiori a quelle rilevabili in sede di omologazione. L’operazione coinvolge anche la Svizzera ed è fatta in collaborazione con Eurojust. Rosso acceso per Pirelli -2,91%; Moncler -2,64%; Tenaris -2,24%.

Si affievolisce l’interesse per i titoli bancari del listino principale. L’unica positiva fra le big è Unicredit +0,1%, anche se l’ad Jean Pierre Mustier, smentisce qualsiasi interesse per il risiko bancario. Unicredit non solo non guarda a possibili operazioni di M&A, ma preferisce perseguire la strada del buyback come modo più efficace per restituire il capitale in eccesso agli azionisti, sostiene. Resta ben comprata invece Mps, +6,61%. Ieri Moody’s ha messo sotto osservazione i rating dell’istituto bancario per un possibile upgrade a seguito dell’accordo raggiunto a fine giugno per il trasferimento di 8,1 miliardi di euro di sofferenze lorde ad Amco. Fra le blue chip i maggiori rialzi del giorno sono di Buzzi +3,33%, A2a +2,71%, Exor +1,65%%, Finecobank +1,54%. Prysmian +0,92%, a seguito della notizia di un accordo per l’acquisizione del 100% di EHC Global per un valore di 130 milioni di dollari canadesi.

Sul mercato valutario l’euro resta tonico, in scia all’intesa Ue e scambia con il dollaro in area 1,1585 dopo aver superato anche 1,16. L’ambizioso piano europeo di sostegno alle economie, colpite dalle conseguenze della pandemia, si riflette positivamente sul secondario italiano. Lo spread arretra a a 152 punti base (-1,32) e il tasso del decennale si avvicina sempre più all’1% (1,04%). Il Recovery Fund sembra tanto più necessario alla luce dei dati comunicati oggi da Eurostat. In Italia infatti il rapporto/debito Pil è schizzato al 137,6% dal 134,8% del quarto trimestre 2019. Un incremento in linea quanto avvenuto nell’intero continente visto che nel complesso dei Paesi dell’area euro si è passati dall’84,1 all’86,3% e nell’insieme Ue dal 77,7 al 79,5%. L’istituto di statistica avverte che l’impatto delle misure prese dai governi per contrastare l’emergenza Covid-19 “si farà sentire pienamente” solo nel secondo trimestre dell’anno.

Sul fronte delle materie prime l’oro è sempre più prezioso e al momento si muove  verso i 1864 dollari l’oncia. Il petrolio invece scambia in rosso, penalizzato anche dal balzo superiore al previsto delle scorte settimanali Usa. Il Brent perde l’0,95, 43,90 dollari al barile.

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