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Olimpiadi -9: la sfortunata storia di Andrew Howe, il grande assente azzurro ai Giochi di Londra2012

La tanto attesa apertura delle Olimpiadi 2012 è ormai alle porte, i nostri atleti stanno per raggiungere il villaggio olimpico, ma da qualche giorno è ufficiale che sull’aereo che li porterà a Londra ci sarà un grande assente, Andrew Howe. Per il 27enne reatino di origini statunitensi, talento naturale per la velocità, simbolo dell’atletica italiana, il più famoso e più simpatico (non solo per gli spot televisivi), quello che non molla mai e ogni volta riparte tra sofferenze e sorrisi, sono stati fatali gli Assoluti di Bressanone di nove giorni fa, ultima occasione per stabilire il tempo adatto per staccare il pass per le Olimpiadi.

Howe, tornato in pista a quasi un anno dall’ultimo gravissimo infortunio (il 27 luglio 2011 in allenamento si era procurato la rottura del tendine d’achille già operato l’anno precedente) con la voglia di riscatto e di rinascita dopo mesi di lavoro, si è visto però sbattere in faccia il triste e beffardo verdetto. Secondo i criteri della Fidal, Andrew avrebbe dovuto correre i 200 in 20”65, ci ha provato due volte, ma senza fortuna : in batteria, frenato da un fortissimo vento, ha tirato al massimo ma si è fermato a 21”03 e in finale, due ore più tardi, con condizioni ambientali ancora sfavorevoli, ha vinto in 20”76, prestazione che però non è bastata , ma che secondo gli esperti senza il problema del vento sarebbe stata sufficiente.

Ad aumentare lo smacco e la delusione, oltre all’impossibilità di correre i 200, all’atleta è stata negata anche la partecipazione alla staffetta 4×100 per la quale aveva dato subito disponibilità convinto di poter dare una grossa mano alla squadra. La motivazione, in accordo tra Fidal e Coni, è stata comunicata dal d.t. Francesco Uguagliati e fa leva sul fatto che l’unica possibilità sarebbe stata che Howe da qui ai Giochi avrebbe dovuto partecipare, come tutti gli altri, a due raduni a Formia e al test di Montecarlo di venerdì 20, condizioni alle quali ha rinunciato.

Ma secondo alcuni l’impressione è che il problema più che tecnico sia politico e di rapporti e nasca dal fatto che il ragazzo abbia sempre scelto di essere allenato da sua madre (l’ex ostacolista Renée Felton) e non da altri tecnici più vicini alla federazione, cosa che forse l’avrebbe potuto agevolare in questa intricata vicenda. La beffa per Howe è che a Londra per la 4×100 sono stati convocati Diego Marani e Davide Manenti, entrambi preceduti dal nativo di Los Angeles nella finale di Bressanone di settimana scorsa.

Il Coni e la Fidal quindi non hanno fatto sconti neanche al campione più rappresentativo, rispettando la linea adottata, per la verità, anche con altri atleti esclusi pur avendo addirittura requisiti migliori e ritenendo impossibile fare eccezioni, anche se si tratta di una delle bandiere di tutto il movimento (primatista italiano di salto in lungo con 8,47 m., campione europeo nel 2006 e vice campione mondiale nel 2007).

La decisione in questi giorni ha fatto ovviamente molto rumore e i sostenitori del coloured italiano si sono fatti sentire attraverso i vari social e organi d’informazione, sostenendo che una deroga in questo caso andava concessa e comunque ci sarebbe dovuto essere più rispetto nei confronti di un ragazzo che ogni volta ha saputo ripartire da zero, tra sudore e palestre, ma sempre con il sorriso; sarebbe potuta essere un’ occasione per premiare un simbolo di tenacia e passione e invece è stata una delusione, l’ennesima nel destino beffardo di questo ex predestinato.

Tra l’altro, Howe, dopo un anno speso a recuperare dal grave infortunio, nel maggio 2011 al Golden Gala di Roma era riuscito a ottenere il tempo minimo per gli standard Iaaf (un ottimo 20’’31, miglior prestazione stagionale europea), ma la federazione ha imposto a tutti gli atleti una conferma nell’anno olimpico; i regolamenti sono i regolamenti, ma ciò non fa che aumentare i rimpianti di Andrew. Questo purtroppo è solo l’ultimo episodio di una carriera che finora sì gli ha regalato momenti di gioia e tante vittorie, ma durante la quale troppe volte la sfortuna, che sia un problema muscolare, un tendine che salta o un piede che si gonfia, gli si è accanita contro, quella sfortuna che spesso ha corso veloce, anche più veloce di lui.

Ripercorrendo infatti brevemente le tappe più importanti della carriera di Howe fino ad oggi, sono molte le competizioni importanti che ha dovuto saltare o alle quali spesso e’ arrivato in condizioni fisiche non ottimali. Già al suo esordio olimpico ai Giochi di Atene 2004, dopo aver superato il primo turno, non riesce a centrare la finale dei 200 perchè condizionato da un dolore al piede, mentre quattro anni dopo si presenta a Pechino reduce da due mesi di inattività a causa di un infortunio muscolare e non riesce nemmeno ad arrivare in finale nel lungo, la sua specialità.

Successivamente accusa un’altra lesione muscolare che gli impedisce di partecipare ai Mondiali di Berlino 2009 e poco dopo viene operato la prima volta al tendine d’achille in Finlandia. Il 25 giugno 2011, dopo una deludente prestazione in previsione dei Mondiali di Daegu, annuncia ufficialmente di smettere con le gare di salto in lungo, la disciplina che lo ha reso famoso, avendo raggiunto secondo lui il massimo che poteva dare con l’argento ai Mondiali di Osaka, e che da quel giorno si sarebbe dedicato solo alla velocità, pur sapendo di essere molto lontano dagli atleti più forti.

Un mese più tardi, però, a Rieti, come già ricordato, succede quello che non deve succedere: il tendine d’achille sinistro lo tradisce ancora, deve subire una nuova operazione e la stagione agonistica viene compromessa. Poi e’ storia recente, con il rientro alle gare a Doha l’11 maggio scorso con l’obiettivo di arrivare pronto per Londra, ma le prestazioni, per il persistere del fastidio al tendine, sono quello che sono e così arriviamo alla delusione finale di settimana scorsa.

Qualche giorno fa Andrew, davvero furioso e amareggiato, ha voluto manifestare in un’intervista tutto il suo disappunto nei confronti del Coni asserendo che anche un cieco avrebbe visto che le sue prestazioni valevano la partecipazione ai Giochi, considerando le pessime condizioni ambientali e il poco recupero tra una gara e l’altra, sottolineando il lavoro svolto per arrivare in un buono stato di forma, dal momento che sei mesi prima girava con le stampelle. Il reatino ha invocato ancora una volta maggiore rispetto nei suoi confronti e avrebbe voluto che si facesse di tutto per farlo partecipare invece di accettare semplicemente la situazione.

Inoltre ha aggiunto che evidentemente secondo qualcuno non ci sarebbe stata comunque la possibilità di arrivare a una medaglia e che quindi non valeva la pena di sbattersi troppo, ricordando però che questa è la terza Olimpiade che per un motivo o per un altro va in fumo e concludendo che, riguardo alla possibilità di correre la staffetta, le prove e gli allenamenti che avrebbe dovuto sostenere in questi giorni fino alla partenza per i Giochi sarebbero stati troppo duri da reggere per il suo fisico non ancora al 100%, non avendo nemmeno la certezza di un posto da titolare.

Come in tutte le discussioni che dividono, e poiché in questo caso al centro della questione c’è un ragazzo che ha il potere di dividere pari forse solo a quello di Federica Pellegrini, mentre da una parte su Facebook è partita addirittura una vera e propria crociata (la pagina “Vogliamo Andrew Howe a Londra”), che porta avanti anche le ragioni di altri otto atleti iscrivibili alle Olimpiadi ma che non rispettando i criteri previsti dalla Fidal non sono stati convocati, dall’altra hanno voluto rispondere che in questo caso si tratta di coerenza e di rispetto di regole chiare e conosciute da mesi.

Tutti quelli di questo partito, pur sottolineando errori di valutazione di una federazione che se si ritrova con un gruppo ristretto di atleti vuol dire che ha fallito nel suo compito e ammettendo che i risultati minimi attuali per qualificarsi sono sempre più restrittivi, forse troppo, fanno notare come il fatto di non portare atleti in eccesso, quasi fosse un viaggio premio, sia la scelta più giusta all’interno di una squadra certamente non all’altezza di altre nazioni. Per completezza, a dire il vero tre eccezioni ai criteri sono state fatte: le esclusioni dell’astista Anna Giordano Bruno e del saltatore Silvano Chesani (sebbene avessero i requisiti minimi) e invece la convocazione del marciatore Giorgio Rubino, uomo da potenziale podio che correva il rischio di essere escluso per aver sbagliato una sola gara.

Per quanto riguarda Howe, gli si imputa il fatto di non essere riuscito a confermarsi in questa stagione anche a causa, secondo alcuni, di una programmazione scellerata che l’ha portato ad un’inutile e forzata apparizione a Doha, prima nel lungo per poi ripiegare sui 200, oltre al fatto che la sua convocazione avrebbe richiesto uno strappo alla regola che a quel punto bisognava concedere a tutti quelli vicini al minimo richiesto, mentre per il discorso sulla staffetta il problema è la poca disponibilità ai raduni, ma a riguardo ci sono versioni contrastanti. Naturalmente questa è stata anche l’occasione per tutti i detrattori del ventisettenne reatino, che non si sono fatti pregare due volte nell’accusarlo di essere uno montato, più personaggio televisivo che atleta a tutto tondo, uno che si crede il più forte di tutti, ma da senior non ha mai raggiunto nessun risultato significativo nelle prove di velocità, mentre ha abbandonato senza un valido motivo il salto, la disciplina nella quale poteva continuare ad ottenere qualcosa di importante. Ma a tutte queste cose Andrew Howe ci è abituato e di sicuro ripartirà anche stavolta, più veloce di prima.

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