Da Piazzetta Cuccia i riflettori della finanza italiana si spostano su Rocca Salimbeni. Dopo la bocciatura dell’ops di Mediobanca su Banca Generali, per il Monte dei Paschi non ci sono più ostacoli. La deadline è fissata per l’8 settembre, giorno in cui si concluderà l’offerta lanciata dalla banca senese su quella milanese. Grazie alla Delfin della famiglia Del Vecchio, che ha in mano il 19,9% di Mediobanca e il 9% del Monte dei Paschi e che diventerà primo azionista di Mps (ha già ottenuto l’ok della Bce per salire al 19,9% dopo le probabili nozze), le adesioni sono attualmente al 19,4% e sono in molti a dare già per scontato il superamento della soglia minima del 35%, considerando anche il sicuro apporto di Caltagirone (9,9%), che per il momento non si è ancora mosso, e l’allineamento delle casse previdenziali (5,5%), di Amundi (0,7%) e di Unicredit (1,9%) agli interessi di un governo che supporta apertamente l’operazione. Secondo molti investitori, nelle prossime settimane Mps potrebbe superare il 50% per poi convocare un’assemblea di Mediobanca che passerà il comando a un nuovo vertice espressione della banca senese, mentre appare più difficile il raggiungimento dell’obiettivo finale (non a caso rinunciabile) del 66,7%.
Nonostante l’offerta del Monte dei Paschi ormai abbia la strada spianata verso il successo, rimangono restano sul tappeto alcuni interrogativi: ci sarà il tanto atteso rilancio chiesto dal mercato? Quali saranno le conclusioni dell’inchiesta della procura di Milano sul collocamento del Mef? Senza dimenticare i chiarimenti sulla governance chiesti dalla Bce.
Mps-Mediobanca: gli interrogativi sul tappeto
Dopo l’assemblea che ha negato al cda di Mediobanca l’autorizzazione a procedere con l’operazione Banca Generali, l’offerta di Mps resta ancora a sconto di quasi il 2%. Per colmarlo al Ceo della banca senese, Luigi Lovaglio, basterebbe mettere sul piatto poco più di 300 milioni. Il mercato ci crede, anche perché la cifra è abbordabile e potrebbe servire a convincere alcuni soci ad aderire all’offerta, racimolando quote importanti che potrebbero contribuire al raggiungimento del 50% e dunque alla creazione di una nuova governance. Se Mps dovesse fermarsi poco sopra il 35% di Mediobanca, infatti, si creerebbe una situazione in cui diverse maggioranze potrebbero formarsi di volta in volta in assemblea, cosa che tra l’altro – e qui arriva un altro nodo – complicherebbe le cose con la Banca Centrale Europea.
L’Eurotower ha chiesto al Monte dei Paschi di fornire, entro sei mesi dalla chiusura dell’ops, dettagli sulla futura governance e sul modo in cui intende gestirla, nonché sulla maniera in cui saranno rispettate le soglie autorizzative. Insomma: sul peso che Caltagirone e Delfin avranno nel nuovo gruppo, cosa che dipenderà dalle percentuali finali dell’offerta.
Nel frattempo, a incombere sull’operazione resta l’inchiesta aperta dalla Procura di Milano sulla cessione del 15% del capitale di Monte dei Paschi di Siena avvenuta nel novembre 2024. A vendere all’epoca fu il Tesoro. A comprare la stessa quota, negli stessi minuti, con lo stesso premio del 5% furono Caltagirone, Delfin, Banco Bpm e Anima. L’indagine, avviata in seguito a una querela per diffamazione presentata da Mediobanca, mira a verificare che non ci siano state irregolarità nella procedura di collocamento, effettuata attraverso il meccanismo dell’Accelerated Book Building (ABB). Lo scorso luglio, dalla Procura del capoluogo lombardo era trapelata la volontà di concludere il prima possibile gli accertamenti, allo scopo di offrire massima chiarezza agli investitori, evitando che l’inchiesta condizionasse il risiko, ma da allora tutto tace. Vedremo se entro l’8 settembre arriveranno novità.