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Mps, oggi assemblea al calor bianco: se la Fondazione blocca l’aumento, addio di Profumo e Viola

Mps ci riprova oggi. Dopo il mancato quorum di ieri (per un soffio: 49,3% contro il 50% più una azione richiesti), l’assemblea della banca senese è fissata oggi in seconda convocazione. Non è però escluso che si possa slittare fino alla terza convocazione per la parte straordinaria, ossia l’aumento di capitale da tre miliardi su cui si sta consumando il braccio di ferro tra la Fondazione Mps e i vertici di Siena. Su questo fronte, la bocciatura della ricapitalizzazione a gennaio, come vuole il management della banca, sconfesserebbe di fatto i vertici e nelle ultime ore si sono intensificate le voci di dimissioni del presidente Alessandro Profumo e dell’ad Fabrizio Viola (anche se per alcuni il tandem potrebbe prendere scelte divergenti sulla questione). Come ogni buona successione che si rispetti, circolano già i primi nomi su possibili sostituti di Profumo per traghettare la banca fino alla prossima primavera quando scadrà la presidenza di Antonella Mansi e della Deputazione amministratrice della Fondazione: da Carlo Salvatori (presidente di Lazard e Allianz Italia), a Divo Gronchi (oggi al vertice di Carismi), da Piero Barucci a Lorenzo Bini Smaghi.

D’altra parte, non sembra prospettarsi un accordo in extremis che disinneschi la situazione. E sembra quindi che si vada allo scontro diretto in assise. La Fondazione d’altra parte ha ancora i numeri per pesare. In seconda convocazione basta superare il terzo del capitale sociale per lo svolgimento, percentuale che la stessa Fondazione ha in mano da sola essendo azionista al 33,5%. Un peso che ancora probabilmente le consentirà di indirizzare le decisioni assembleari (l’aumento di capitale, essendo un’operazione straordinaria, deve essere varato da due terzi del capitale presente), a meno di un cambio di numeri nella partecipazione nella convocazione di oggi. Nei giorni scorsi Profumo aveva così tentato di richiamare in assise quanti più azionisti possibili in una lettera in cui sottolineava “i gravi rischi per la banca” in caso di rinvio dell’aumento a giugno.

Ieri mattina, nonostante fosse stato depositato oltre il 50% del capitale, una percentuale decisiva di azionisti non si è però registrata: in sala il capitale presente si è fermato al 49,3% impedendo così il raggiungimento del quorum necessario per lo svolgimento della prima convocazione, ossia il 50% più uno dei voti. Presenti però tutti i maggiori soci compresa la Fondazione Mps (gli altri sono Unicoop Firenze, Axa, Aleotti). Il titolo ha chiuso in calo del 2,15% in una giornata nel complesso positiva per i listini europei.

“Siamo sereni, ci vediamo domani mattina. Non abbiamo mai smesso di lavorare il nostro atteggiamento non è mai cambiato. Siamo sempre aperti” ha detto ieri all’uscita dell’assise Antonella Mansi, presidente di Palazzo Sansedoni. In primo piano rimane sempre lo scenario nazionalizzazione. Per il sindaco di Siena, Bruno Valentini, la nazionalizzazione “non esiste, il Governo non può permettersela visto che non trova nemmeno i soldi per coprire l’Imu”. A Siena, dopo la discesa in campo anche della Confindustria locale, si guarda a un auspicato intervento della Cdp tramite il Fondo strategico italiano. “E se tale intervento non è possibile – ha detto Valentini uscendo dall’assise – perché la legge prevede che il fondo debba investire solamente in società in utile la legge deve essere cambiata. Il Governo tiri fuori il carattere”. La città, stretta attorno alla sopravvivenza della Fondazione, sembra decisa a non fare marcia indietro e muovere allo scontro diretto con i vertici della banca. “Fatto un sindaco se ne fa un altro”, ha lanciato l’affondo Valentini, commentando le possibili dimissioni di Profumo in caso di bocciatura della ricapitalizzazione a gennaio.  Per quanto poi abbia comunque aggiunto: “Non sarebbe facile sostituire un management di valore internazionale come quello attuale: ce ne vuole uno di uguale valore o forse di più”.

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