X

Milano/Palazzo Reale: “Forma e Desiderio. The Cal – Collezione Pirelli”

Dal 21 novembre 2014 al 22 febbraio 2015, Palazzo Reale a Milano ospita la mostra “Forma e Desiderio. The Cal – Collezione Pirelli” che presenta una selezione di circa 200 fotografie tratte dai Calendari Pirelli dalla nascita a oggi.
L’esposizione – curata da Walter Guadagnini e Amedeo M. Turello, promossa dal Comune di Milano-Cultura con il patrocinio di Expo e organizzata e prodotta da Palazzo Reale e GAmm Giunti – nasce grazie al
fondamentale contributo di Pirelli che, ai fini della selezione espositiva, ha messo a disposizione il suo archivio, con migliaia di fotografie dei più grandi fotografi mondiali.

“Un progetto che restituisce la giusta dimensione artistica a una delle più importanti campagne di comunicazione degli ultimi cinquant’anni, che ha saputo entrare nell’immaginario di ciascuno di noi grazie al fascino senza tempo delle modelle e al talento dei fotografi che l’hanno realizzato”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno. “GAmm Giunti – afferma Filippo Zevi, consigliere delegato GAmm Giunti – è lieta di aver avviato la produzione della mostra ‘Forma e Desiderio’, che propone circa duecento immagini scattate dai più grandi fotografi degli ultimi cinquant’anni, per realizzare ogni anno l’edizione del Calendario Pirelli”.

“GAmm Giunti – continua Filippo Zevi – conferma in questo modo la propria attenzione ai maestri della fotografia mondiale, sia come produttore che come partner privilegiato di iniziative dedicate a questa
meravigliosa forma d’arte. In una stagione espositiva contraddistinta da grandi eventi, questa rassegna rappresenta per il pubblico milanese un’occasione imperdibile per ripercorrere quanto di meglio la fotografia ha saputo produrre in mezzo secolo di storia, e di entrare in contatto con un universo di enorme fascino ed eleganza formale”.
“Tutti i grandi fotografi protagonisti del Calendario Pirelli – sostiene Walter Guadagnini – da Stern a Weber, da Avedon a Newton, da Testino a Sorrenti, da Ritts a Lindbergh e oltre, si confrontano con la storia, con le simbologie e le mitologie, con gli apparati scenografici e con le composizioni astratte, con la ricerca esplicita della seduzione – magari anche solo quella del luogo, non necessariamente quella del corpo – in un tempo sospeso, tra realtà e illusione, elementi tutti che
ritornano con costanza ma con diversi pesi nelle singole scelte, e che danno però la cifra complessiva di una straordinaria avventura fotografica”.
“Un’avventura – conclude Walter Guadagnini – che è ancora oggi ben lontana dall’aver esaurito la sua forza propulsiva, nonostante gli anni e gli incredibili mutamenti sociali, tecnici, culturali e di gusto attraverso i quali i passata, non solo indenne ma ogni volta rafforzata”.
Secondo Amedeo M. Turello, “Da ormai più di cinquant’anni le immagini del Calendario Pirelli sono parte della nostra cultura poiché, come in pochi altri progetti in cui è protagonista la fotografia, sono
testimoni di particolari cambiamenti, di nuove mode, di nuove idee e di tante invenzioni creative e tecniche. Oggi possiamo vedere con gli occhi dei più grandi fotografi come la realtà sia cambiata e come il modo di
rappresentarla si è evoluto”. “L’intenzione di questa mostra – ricorda ancora Amedeo M. Turello – è, invece, di mettere da parte per un attimo l’ordine cronologico, il susseguirsi degli anni scanditi appunto dai calendari, di dimenticare i
riferimenti temporali in un processo di rilettura critica in grado di proporre una nuova dialettica, fatta di relazioni, analogie, citazioni e contrasti fra le immagini”. Con un percorso narrativo che va oltre la scansione cronologica, tipica
dei calendari in sé, la galleria di immagini di “Forma e Desiderio” propone un itinerario tematico, seguendo un processo che esplora e accosta relazioni, analogie, citazioni e contrasti fra le immagini di oltre mezzo secolo. L’esposizione si sviluppa attraverso cinque stanze, ognuna delle quali dedicata agli elementi che accumunano le foto contenute nello spazio: dalla seduzione alla provocazione, dal mito all’eleganza.

La mostra si apre con la sezione L’incanto del mondo nella quale vengono presentate quelle fotografie che, almeno fino al 1972, venivano realizzate con l’intento di guidare lo spettatore attraverso due elementi fondamentali come il paesaggio e l’espressione delle modelle. I paesaggi sono quelli caratteristici della fuga verso i paradisi tropicali, oppure si tratta di interni, come nella serie di Sarah Moon, nei quali le protagoniste si abbandonano alla dimensione sognante avulsa dal tempo della reverie. Si tratta di atteggiamenti e luoghi che nell’immaginario collettivo trovano, in quegli anni, i loro corrispondenti nelle pagine di Love Story e nelle ambientazioni dei primi James Bond e che ritornano come rimandi nei cicli di John Claridge del 1993, di Herb Ritts del 1994, di Peter Lindbergh del 1996, di Bruce Weber del 2003 o
di Mario Sorrenti del 2012.
Una delle caratteristiche più ricorrenti nelle diverse annate è quella della citazione dotta, del d’aprés, ovvero di un rapporto non competitivo ma di rispetto verso alcuni dei monumenti della storia dell’arte del passato. Ne Il fotografo e la sua musa (sedotti dall’arte) si analizza l’omaggio a Leni Riefenstahl che Arthur Elgort le dedicò nel 1990, o quello di Clive Arrowsmith che l’anno successivo elaborò una sequenza di citazioni dei maestri dell’arte quali Delacroix, Velázquez, Rembrandt.
Particolare è il caso di Annie Leibovitz che cita testualmente non solo i maestri della fotografia ma alcune precise immagini, al fine di trasformare le pagine del Calendario in una sorta di esercizio di gusto volutamente, e provocatoriamente, accademico.
Accanto a queste fotografie si troveranno quelle originate da simboli, figure mitologiche, incarnazioni, in cui artisti quali Joyce Tenneson e Karl Lagerfeld fanno assumere alle modelle il ruolo delle muse greche delle arti.
La sezione Lo sguardo indiscreto è incentrata sulle immagini caratterizzate da un misto di provocazione, gioco, trasgressione, che segnano un altro degli elementi caratterizzanti l’identità stessa del Calendario.
Dal ‘1969’ di Harri Peccinotti, stampato sulla maglietta di una delle ragazze con un non involontario doppio senso, al numero ‘10’ attaccato allo slip di Terry Richardson, la sezione passerà in rassegna i lavori di Helmut Newton e del suo tipico linguaggio di matrice raffinatamente voyeurista, e dei più recenti e più ammiccanti Mario Testino, Bruce
Weber, Patrick Demarchellier, tutti cantori di un erotismo che si dichiara nella sua essenza. Le modelle ritratte sono profondamente carnali, nelle quali provocazione e umorismo viaggiano di pari passo.
Il Calendario Pirelli propone sin dall’inizio la presenza di immagini costruite sui principi del modernismo fotografico, in cui la visione fotografica del dettaglio, la trasformazione del mondo a seconda del punto di vista prescelto, la metamorfosi delle cose grazie all’inquadratura, sono elementi cruciali del linguaggio che, nel corso degli anni, hanno inciso anche nei generi e nelle professionalità.
Ne La natura dell’artificio si potranno ammirare gli scatti di Brian Duffy, di Peter Knapp, fino a raggiungere i vertici nella ricostruzione del mondo per via di geometrie, ispirate dalle tracce del pneumatico sul corpo delle modelle, di Uwe Ommer; o ancora di Barry Lategan, o di Nick Knight, autore di una delle edizioni certo più anomale e sorprendenti, vocata alla sottolineatura di una sperimentazione linguistica che travalica il genere della composizione con figure per
arrivare ai limiti della pura astrazione.
La mostra si chiuderà idealmente con Il corpo in scena che rimarca come, nella storia del Calendario, la combinazione tra modella e ambiente ha assunto un ruolo centrale nella concezione della serie realizzata. È questo il caso di Norman Parkinson o di Bert Stern dove persone, luoghi, abiti diventano personaggio, palcoscenico, set
cinematografico, costume, studio fotografico non più nascosto allo spettatore ma rivelato nella sua essenza di grande macchina di costruzione di una realtà parallela. Una concezione che si condensa nella sorprendente sequenza di Peter Lindbergh del 2002, dove la modella interpreta se stessa che interpreta il Calendario, in una totale e
ricercata sovrapposizione di ruoli e di luoghi. In modo non meno eclatante, Peter Beard inscena un autentico viaggio nell’esotismo attraverso un gioco che sembra provocare lo spettatore e invitarlo e
riflettere sul confine tra la realtà e le proprie proiezioni. Accompagna la mostra un catalogo GAmm Giunti, con i testi di Walter Guadagnini, Amedeo M. Turello e Alberto Barbera e le note biografiche dei 42 fotografi.
Presentato per la prima volta nel 1964, il Calendario Pirelli giunge alla sua quarantaduesima edizione con l’anno 2015, realizzato da Steven Meisel.
Fino a ora, la più importante mostra retrospettiva, allestita dall’architetto Gae Aulenti, si era tenuta nel 1997 a Milano (Palazzo Reale – Sala delle Cariatidi) e a Venezia (Palazzo Grassi), per poi partireper un tour mondiale che ha toccato alcune della principali capitali mondiali come Parigi, Berlino, Mosca, Buenos Aires e Tokyo.

Related Post
Categories: Cultura