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MAC di Lissone, “La Gorgera del Tempo”: la prima mostra senza forma chiusa

Questa esigenza nasce dal fatto che si nega al grande pubblico il piacere di assistere al farsi stesso di una mostra, a quel processo di maniacale cesellatura attuata dagli artisti in dialogo con i loro curatori, impegnati a inseguire la “migliore delle forme possibili” anche se, talvolta, si finisce per adottare soluzioni pretestuose, in cui la fruizione delle opere è viziata o appare passibile di compromissioni.
Anziché rifinire l’allestimento in tempo utile per l’inaugurazione, si cercherà vice-versa di ridefinirlo di volta in volta, durante tutta la decorrenza dell’esposizione. Non volendo irretire le opere in un’en pose predefinita, si continueranno a sviluppare allestimenti sempre differenti, inseguendo una forma mentis del tutto nuova rispetto ai tentativi pregressi. Lo spettatore che visiterà l’esposizione nel corso dei mesi noterà com’è possibile costruire, riassemblare e integrare l’esposizione, che diventerà un’opera essa stessa, ma soprattutto ne svelerà i meccanismi interni.

Non meno importante è il titolo/concept dell’esposizione. Fedele allo sgravio delle categorie, il progetto permette di accosta-re opere autografe e oggetti anonimi assieme ad arredi e arnesi funzionali all’allestimento. Tale connivenza non è legata solo allo spazio da loro occupato, ma anche al tempo e al gusto cui appartengono; nella lingua francese, gorgiere deriva da Gorge, “gola” (laddove abbiamo imparato ad associare la nostra educazione esteti-ca), a rimarcare il fatto che il gusto può rinnovarsi ma non deve mai essere rin-negato. Proprio per questo motivo il moderno e il contemporaneo dialogheranno tra loro – e con il contesto – in totale libertà. Tale reciprocità trasformerà inoltre la gorgiera in un “nastro di Möbius”, snodo di trasmissione che svela i percorsi travagliati dell’allestimento, e tutti i suoi retroscena. Viene così ad offrirsi una molteplicità di senso che rinuncia a una lettura univoca. Nei mesi di febbraio e marzo si succederanno allestimenti effimeri, suscettibili di modifiche sostanziali o anche solo di piccoli accorgimenti, consentendo allo spettatore di assistere a un’ampia panoramica/proposta delle pratiche e delle problematiche curatoriali.

Così come non è possibile immergersi due volte nello stesso fiume, la natura in fieri di questo progetto non consentirà mai al pubblico di vedere la stessa mostra. L’invito è quello di riscoprire le imprevedibili ramificazioni che il progetto subirà, tenendo a mente un unico interrogativo: quante mostre si possono fare attingendo al medesimo repertorio di opere e di oggetti?

In mostra opere di V. Beecroft, M. Bian-chi, J. Lee Byars, U. Boccioni, F. Bocchini, R. Borella, A. Bucci, G. E. Chauffourier, CtrlZak, H. De Marco, W. Delvoye, F. Di Piazza, L. Dudreville, A. Fairhurst, A. Fi-lomeno, A. Funi, H. J. Glattfelder, F. Grignani, C. Höfer, K. Hokusai, M. Jodi-ce, M. La Rosa, Liudmila+Nelson, N. Poli Maramotti, C. M. Mariani, S. Menin, L. Ontani, F. Petiti, G. B. Piranesi, G. Pon-trelli, C. Pope, F. Rops, N. Samorì, L. Scarpella, M. Sironi, S. Stein, P. Ventura, J. Villeglé, P. Vogel, Weiluc, A. Wildt, D. Wolf, Poka Yo.

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Tags: Mostra