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Lo sciopero dei metalmeccanici non è come quello dei Cobas nei trasporti ma il rinnovo del contratto resta difficile

FIRSTonline

Il diritto di sciopero è un caposaldo della democrazia; il suo esercizio, nell’ambito delle leggi che lo regolano è un presidio di libertà. E sono appunto le regole per l’esercizio di tale diritto nei servizi pubblici essenziali le uniche che in Italia sono state interessate da interventi legislativi – preceduti da codici di auto regolamentazione dei sindacati stessi – allo scopo di trovare un punto di equilibrio tra  diritto di sciopero dei lavoratori interessati a sostegno delle loro rivendicazioni e il diritto dei cittadini di usufruire dei beni e delle prestazioni ritenute indispensabili per il  loro vivere civile.  

Le norme stabiliscono l’adempimento di alcune procedure – sotto la vigilanza di una specifica Commissione di garanzia – espletate correttamente le quali – lo sciopero è legittimo nelle sue modalità di esecuzione. 

Gli scioperi del 20 giugno: i motivi

Venerdì 20 giugno è stata una giornata di scioperi nel settori del trasporto pubblico, proclamata da alcuni sindacati sedicenti di base, tra cui i Cobas, che hanno ormai adottato la prassi di scioperare il venerdì per rendere più attrattiva l’astensione dal lavoro, allungando di fatto il week end.  

Tutto ciò premesso e ammesso, quei cittadini che hanno atteso sotto il sole un autobus desaparecidos o hanno vagato smarriti nelle stazioni ferroviarie alla ricerca di un treno, hanno diritto di conoscere i motivi per cui i lavoratori dei settori interessati hanno incrociato le braccia… lasciandoli a piedi. 

La verità non è sempre piacevole, anzi. Se vorranno farsi del male e documentarsi sulla piattaforma alla base dello sciopero del 20 gennaio troveranno di tutto e di più in grande abbondanza, sia per quanto riguarda le rivendicazioni tradizionali, salariali e normative dei sindacati, sia la politica economica e sociale ‘’ricca di premi e cotillons’’ per non parlare della lotta al dilagante autoritarismo con cui il governo ‘’della fame, del freddo e della paura’’ intende mortificare il dissenso con leggi liberticide. 

Citando Jerome K. Jerome potremmo dire anche noi che nel cahier manca solo il ‘’ginocchio della lavandaia’’. Poi è la volta di tutti i ‘’mostri’’ che gli italiani – secondo Maurizio Landini –  avrebbero dovuto infilzare nel referendum sul lavoro: precarietà, povertà, salari da fame e quant’altro. 

C’è persino posto per la ‘’Legge Sbarra’’ che con il pretesto della partecipazione intende scaricare sui lavoratori gli errori dei padroni

La politica internazionale e lo sciopero

Ma il salto di qualità dello sciopero si è proiettato sui temi della politica internazionale, come se i lavoratori italiani dei settori della mobilità (aderenti al richiamo dei Cobas e affini) fossero in grado di fermare con la loro lotta la mano di Netanyhau, astenendosi dal lavoro: “contro il genocidio in Palestina, la fornitura di armi a Israele e l’assenza di un intervento concreto per dissociarsi dagli orribili crimini perpetrati dal Governo di Israele; contro la guerra, l’economia di guerra e l’aumento delle spese militari, in aggiunta di 40 miliardi di euro già previsti per il triennio in corso”. 

Nel caso della “pace anche nel conflitto Russia-Ucraina”, invece, la piattaforma è molto sbrigativa tanto che manca ogni aggettivo qualificativo di questa ‘’pace’’ perché ai promotori va bene purchessia; meglio ancora se è una resa. Le richieste molto dettagliate Pro Pal sono le stesse di Hamas nonché quelle alla base della manifestazione di sabato a Roma, magari con l’aggiunta di una lisciatina alla barba degli ayatollah. 

In quella parata, i nemici della democrazia hanno attraversato, senza infingimenti, tutte le linee rosse della tradizionale politica estera italiana, prendendo di mira, in barba agli obblighi dell’appartenenza ad un sistema di alleanze, il riarmo in vista del vertice dell’Aja. 

È una rottura tanto grave che neppure Elly Schlein ha potuto condividere. Per non parlare della sostanziale solidarietà al regime teocratico iraniano. La segretaria del Pd per quanto buona volontà ci abbia messo, non ha potuto passare sopra al fatto che lei, in Iran, verrebbe appesa per il collo a tirare calci al vento. 

La lotta unitaria dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto

Intanto lo sciopero del ‘’weekend allungato’’ ha oscurato la lotta unitaria dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto. È sempre la moneta cattiva a scacciare quella buona. Diversamente da numerose altre categorie che hanno ottenuto rinnovi soddisfacenti, senza dover ricorre a campagne di scioperi, i metalmeccanici hanno sulle spalle cinque scioperi per un totale di 40 ore, ma rimangono molto lontani dal rinnovo del contratto scaduto da un anno. 

Il governo ha deciso di intervenire e ha convocato le parti sabato alle 12. L’incontro, però, si è concluso con “un nulla di fatto”. La vertenza si trova, praticamente, su di un binario morto perché nel confronto diretto tra le parti non sono, finora, emersi significativi punti di possibile intesa. Per di più il 10 luglio avrà luogo il cambio della guardia ai vertici di Federmeccanica e fino a quel momento è impensabile che la governance uscente cambi la linea fino ad ora adottata, anche se è stata più volte sollecitata da importanti aziende (ricordiamo tra tutte Leonardo) a chiudere la vertenza con un accordo perché il sistema produttivo non ha bisogno di uno stato di conflittualità. 

La risposta di Federmeccanica

La Federmeccanica in risposta allo sciopero di venerdì ha voluto mettere per iscritto la sua visione dei fatti, in termini molto precisi e duri, a cui i sindacati non hanno ancora fornito risposte convincenti. Federmeccanica e Assistal ridimensionano, innanzitutto, il risultato dello sciopero. Secondo una nota diffusa dalle due associazioni che rappresentano le imprese del settore, sulla base delle “rilevazioni parziali fino ad ora acquisite l’adesione allo sciopero è pari a circa il 20% come media nazionale” (i sindacati vantano il 70%).  Federmeccanica e Assistal colgono, poi, l’occasione anche per ribadire di non avere responsabilità nella rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale: “il confronto – affermano – è stato interrotto unilateralmente da parte del Sindacato che dal 12 novembre scorso ha scelto la strada del conflitto tutt’ora in corso”. Il CCNL, sottolinea la nota, “anche se scaduto continua a garantire il recupero dell’inflazione e a tutelare ulteriormente il potere d’acquisto grazie alle forme di welfare esistenti.

I dipendenti metalmeccanici nel mese di giugno riceveranno adeguamenti dei minimi tabellari all’indice di inflazione IPCA NEI e, sempre a partire da giugno, saranno riconosciuti 200 euro netti di flexible benefits, senza considerare il sostegno al reddito delle famiglie grazie all’assistenza sanitaria integrativa e alla previdenza complementare”. 

Federmeccanica e Assistal – aggiungono – “hanno dato risposte puntuali alla Piattaforma Sindacale e hanno presentato una proposta che, oltre a mantenere le garanzie esistenti, prevede forme aggiuntive di welfare potenziando i flexible benefits, l’assistenza sanitaria integrativa per le fasce più deboli, la previdenza complementare e introducendo una tutela a vita intera per la non autosufficienza”. In più, “abbiamo proposto di valorizzare la continuità professionale e di garantire un’ulteriore redistribuzione in presenza di un adeguato livello di profittabilità laddove non ci siano già forme premianti a livello aziendale. Siamo sempre stati disponibili al confronto – conclude la nota – nel rispetto delle regole vigenti a fronte di una posizione sindacale che è sempre ancorata a pregiudiziali”. 

Le federazioni sindacali di categoria – sopravvalutando la propria forza contrattuale – hanno commesso l’errore di abbandonare il tavolo dei negoziati e non sono più state in grado di recuperarlo. 

Il nuovo decreto sicurezza

Intanto nello sciopero di venerdì i metalmeccanici hanno aperto una ‘’finestra’’ sul decreto sulla sicurezza che è già stato convertito in legge tra tante polemiche e che crea nuove fattispecie di reato relative alle proteste su strada e blocchi ferroviari. Venerdì alcune migliaia di metalmeccanici in sciopero (si è parlato di 10mila ma il numero è esagerato) hanno bloccato per mezz’ora la tangenziale di Bologna che è parte dell’ombelico del sistema autostradale. Non sarebbe la prima volta che il rinnovo dei metalmeccanici scivola su un problema di ordine pubblico. Come hanno dichiarato i leader sindacali – che minacciano di bloccare l’Italia – la loro è stata una sfida, il cui risultato – al di là delle proteste della maggioranza – metterà ben presto in evidenza che il governo con quel provvedimento ha varato soltanto delle “gride” di manzoniana memoria, perché nessun tribunale arriverà mai a processare quei lavoratori

Il decreto ha compiuto l’errore di introdurre reati che erano già perseguibili sulla base del codice penale vigente: il blocco di una stazione ferroviaria è sempre stato sanzionato come reato magari da una norma di carattere più  generale (articolo 340 c.p. interruzione di pubblico servizio). Il conflitto sociale è una materia delicata da affrontare con cura da parte delle forze dell’ordine e della stessa magistratura; è una realtà ben diversa da un rave party o da qualche bravata dei giovinastri allucinati di “Ultima generazione”. Il prefetto di Bologna ha segnalato il fatto all’autorità giudiziaria, ma tutto finirà a ‘’tarallucci e vino’’. Ad impossibilia nemo tenetur.

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