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La Ue boccia l’Italia e prepara la procedura d’infrazione sul debito

FIRSTonline

Oggi, mercoledì 5 giugno, la Commissione europea chiederà l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia per mancato rispetto delle regole sul debito. Dopo una serie di passaggi tecnici, il verdetto finale spetterà ai ministri delle Finanze dell’Ue, che si riuniranno per l’Ecofin il 9 luglio. La procedura imporrebbe al nostro Paese un periodo di risanamento di almeno 5 anni: in caso di rifiuto scatterebbero le sanzioni. Ci sono ancora quattro settimane per evitare questo scenario, ma le richieste di Bruxelles sono rigide: subito una manovra correttiva di 3-4 miliardi, più impegni per ridurre il deficit di altri 11 miliardi (lo 0,6% del Pil) con la legge di Bilancio 2020. È quanto scrive La Repubblica, anticipando una bozza del documento che la Commissione invierà oggi all’Italia.

Secondo l’Esecutivo comunitario, il governo gialloverde ha sforato tutti i parametri contabili europei. Nel 2018-2019 la soglia del deficit-Pil è stata superata di 11 miliardi e nel 2020 il rapporto corre verso un 3,5% che scavalca di mezzo punto il limite di Maastricht. Di conseguenza, il debito sale al 132,2% del Pil nel 2018, al 133,7% nel 2019 e al 135,2% nel 2020.

Ad oggi il debito italiano persa su ogni cittadino per 38.400 euro e finanziarlo costa mille euro l’anno per ciascun abitante. “Da metà 2018 (da quando si è insediato il governo, ndr) lo spread è aumentato di 100 punti in sei mesi – scrive la Commissione – con un costo di 2,2 miliardi per i cittadini. Il suo ammontare impedisce all’Italia di stabilizzare l’economia in caso di crisi finanziarie e pesa sugli standard di vita delle future generazioni. L’assenza di politiche di bilancio prudenti espone il Paese a shock di fiducia sui mercati, con un impatto negativo su economia reale e crescita”.

Bruxelles smonta poi le giustificazioni fornite dal governo con la lettera inviata venerdì scorso a firma del ministro Tria. Innanzitutto, i gialloverdi attribuiscono la deriva dei conti alla minor crescita dal 2018, ma per la Commissione si tratta di “una spiegazione che mitiga solo in piccola parte la mancata riduzione del debito. Inoltre sono le scelte politiche del governo ad aver contribuito a questo rallentamento del Pil con un effetto negativo su fiducia e accesso al credito”.

Il governo incolpa anche il precedente esecutivo, ma la Commissione ricorda di aver invitato lo scorso maggio a prendere le misure “per rispettare i vincoli di bilancio e a evitare allentamenti della spesa”. Salvini e Di Maio scelsero di non provvedere, accusando Bruxelles di aver sbagliato i calcoli.

Quanto alle due misure bandiera die pentaleghisti, se il reddito di cittadinanza non ha avuto effetti positivi sul Pil, è “quota 100” ad aver fatto i danni maggiori: “Cancella in parte gli effetti positivi delle riforme delle pensioni e indebolisce la sostenibilità del bilancio italiano nel lungo termine. Fa salire la spesa pensionistica, togliendo risorse a investimenti e istruzione, danneggia la forza lavoro e la crescita potenziale”. Infine la Commissione punta il dito sulle riforme, un fronte su cui i gialloverdi hanno fatto “progressi limitati”, cancellati dal fatto di “avere fatto passi indietro sulle principali riforme adottate negli anni passati”.

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Categories: Politica