Intesa Sanpaolo non ha alcuna intenzione di partecipare al risiko bancario, come ribadito più volte dall’amministratore delegato, Carlo Messina, che comunque dice la sua sul riassetto in corso nel settore parlando al Consiglio nazionale della Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani.
Messina: “Se Unicredit scalasse Generali direi a Orcel di fermarsi, ma farei da spettatore”
Da tempo, infatti, e soprattutto dopo il voto a favore della lista Caltagirone da parte di Unicredit all’assemblea delle Generali del 24 aprile, il mercato si interroga su quale siano le reali intenzioni di Andrea Orcel, ma anche su quale sarebbe la reazione di Intesa se Piazza Gae Aulenti decidesse di mettere nel mirino il gruppo assicurativo italiano, di cui oggi possiede una quota del 6,7% che Orcel ha sempre definito come “un’operazione finanziaria”.
“Se Unicredit decidesse di scalare Generali la prima cosa che farei sarebbe chiamare Andrea Orcel e gli direi ‘fermati‘”, ha detto l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, intervenendo al Consiglio nazionale della Fabi e rispondendo a chi gli chiedeva se Intesa potrebbe muoversi nel risiko del settore in caso di operazioni ancora più grandi di quelle in corso al momento. L’invito a fermarsi, ha aggiunto il Ceo, parte dalla considerazione che Unicredit ha già “contemporaneamente due operazioni in corso”. “Poi certo se ne abbandonasse qualcuna potrebbe essere ragionevole immaginare di costruire un percorso diverso”, ha aggiunto Messina. Tradotto: se Unicredit rinunciasse a Banco Bpm o a Commerzbank, la risposta potrebbe cambiare.
E ancora: in caso di movimenti di grandi gruppi finanziari italiani come ad esempio Unicredit su Generali, “la prima considerazione che faremmo è se per l’antitrust potremmo fare o meno un’operazione. In termini di riserve tecniche siamo più grandi di Generali”, ha precisato il numero uno di Intesa, sottolineando quindi che “le implicazioni antitrust non possono essere ignorate” e, in ultima analisi, “farei da spettatore anche in quel caso”.
“Noi abbiamo fatto operazioni sulle banche venete e di aggregazione con Ubi, ed è per questo che oggi abbiamo una quota di mercato che non ci consente di poter farne le altre operazioni in Italia“, ha ribadito nuovamente il Ceo di Ca’de Sass, che poi riferendosi in particolare a un possibile interesse di Intesa per il Leone, ha sottolineato: “Avere una quota di mercato rilevante comporta che determinate operazioni non verrebbero autorizzate e quindi è inutile forzare la mano, sia che siano questioni di Antitrust, sia che siano di sicurezza nazionale”. “Se forzi troppo la mano crei un’incertezza che va a danno di tutti”, ha aggiunto, mettendo in luce che sarebbe “estremamente complesso unire un leader di mercato insieme a un altro leader di mercato”.
Messina: “Golden Power? Risparmio è sicurezza nazionale”
“Le questioni che riguardano il risparmio sono di indipendenza nazionale, sono sicurezza nazionale e io francamente mi stupisco che non ci sia pensato prima”, ha detto l’ad di Intesa Sanpaolo, rispondendo a una domanda sull’utilizzo da parte del governo del Golden power.
Messina non ha però dato giudizi sulle operazioni in corso, a partire da Natixis-Generali o Unicredit-Banco Bpm.
“Il golden power è qualcosa che fa parte del nuovo mondo“, ha aggiunto, ricordando le grandi trasformazioni in corso, dall’indipendenza energetica al riarmo, alle politiche di Trump. “Questo è il nuovo mondo in cui operi, poi i paletti posti, l’interazione con le regole di vigilanza è un aspetto che verrà visto con i supervisori ma non mi stupisco che ci sia questo elemento che debba essere considerato perché oggi siamo in un mondo completamente diverso e un soggetto come Intesa è un soggetto di sicurezza nazionale. Noi – ha continuato parlando al Consiglio nazionale della Fabi – abbiamo 1 trilione e 400 miliardi di risparmi degli italiani, possiamo essere liberi di considerare che questo risparmio lo possiamo portare da un’altra parte? Sarei stupido se lo pensassi”.
Messina: “Prima si chiude fase ostilità in M&A, meglio è per l’Italia”
Secondo il Ceo di Intesa Sanpaolo, inoltre, “per come si stanno costruendo le operazioni” di M&A nel settore bancario “devo dire che l’immagine non è da best practice. Non è un Paese che sta mostrando capacità di gestire con eleganza determinate fasi”, ha continuato Messina, sottolineando che “tutte le operazioni sono per definizione ostili, ma oggi” questa ostilità “comincia a essere un punto di attenzione anche in termini dell’immagine del nostro Paese”, ha aggiunto. “Oggi non vedo grandissimo valore in quello che sta accadendo – ha notato ancora il manager -. La mia opinione è che prima si concludono queste fasi di grande incertezza, dialettica e ostilità più sia utile per il nostro Paese”.
Messina ha poi dato la sua versione dei fatti sul perché nel nostro Paese sia nata la cosiddetta “febbre dell’opa”. Il settore bancario italiano oggi è impegnato in un affollato round di consolidamento “perché nel 2026 nessuno riuscirà a fare risultati che ha fatto nel 2024 e nel 2025” e quindi l’unico modo per sostenere i valori che hanno “è aggregare altri soggetti”, ha spiegato Messina. “Poi potrebbero esserci logiche di relazioni tra gruppi privati e manager che guidano alcuni gruppi privati, ma su questo non voglio entrare”, ha aggiunto. In ogni caso, ha ribadito il manager “’i gruppi che oggi stanno facendo M&A non riusciranno nel 2026 a fare gli stessi risultati e quindi devono fare M&A per sostenerli. Mentre per noi non è così ed è uno degli altri motivi per cui noi stiamo alla finestra”, ha concluso.
Messina: “Bolla in Borsa? Unicredit e Intesa sostenibili, altre meno”
Nel settore bancario europeo “in moltissime delle aziende top nei diversi Paesi c’è un potenziale o di sostenibilità o di crescita delle attuali quotazioni. Però bisogna essere selettivi”, ha detto Messina, replicando a chi gli chiedeva se oggi ci fosse una “bolla” nelle quotazioni di Borsa dei titoli bancari. In Italia, ad esempio, “Intesa Sanpaolo e Unicredit non sono la stessa cosa di altri nominativi sul mercato”, dato che “determinati soggetti possono garantire una maggiore sostenibilità dei risultati’, mentre “se hai un valore che incorpora un premio per determinate aspettative di aggregazioni o sinergie, io da risparmiatore mi porrei delle questioni e guarderei con attenzione”, ha notato.