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INTERVISTA A GIANNI TAMBURI: “La fine del mondo finanziario non c’è stata. E non ci sarà”

La fine del mondo finanziario non c’è stata. E non ci sarà, con buona pace delle Cassandre che hanno dominato  la scena negli ultimi anni. Parola di Gianni Tamburi che, in vista dell’incontro con le famiglie dei soci investitori in Tip della prossima settimana , sta preparando una relazione affrescata dalle copertine dei giornali più autorevoli, The Economist in testa. “Si va da Is it really the end? – commenta sfogliando il paper – a Acropolis now. E così via. Un anno fa, a settembre,  uno degli uomini più ricchi d’Italia, seduto attorno a questo tavolo mi disse: Caro Tamburi, ho dato ordine al mio gestore di vender tutto”.  Il risultato? “Lo dirò ai miei azionisti. Un anno fa ho rinunciato al nostro incontro perché non avevo argomenti solidi da opporre al pessimismo dilagante. Ma da allora noi  di Tip abbiamo effettuato investimenti per 350 milioni. Roba da pazzi? Forse, ma ci guadagniamo: le aziende cui partecipiamo hanno fatto un 2011 da record e ho buoni motivi di pensare che  si avviano a chiudere il 2012 con il segno più”.

Parla così il numero uno di Tip, la merchant bank del quarto capitalismo, che raggruppa in portafoglio una ventina di partecipazioni in società d’eccellenza, da Prysman a De Longhi, da Amplifon a Diasorin e così via.  Tanti settori, un solo modello: business in crescita, forte esposizione sull’export, un capo azienda (manager, azionista o entrambi) con una mission precisa.

Ma adesso ? Negli Usa si profila il fiscal cliff, la Cina resta un’incognita. Per non parlare dell’Europa...

“Non sono un politologo, ma una cosa sembra sicura: gli Usa sono in ripresa. La Cina, cioè la seconda economia del pianeta, viaggia al 7 per cento abbondante di crescita. Ovunque sono state prese misure, vedi Ltro e Omt in Europa, Quantitative Easing in Usa destinate a favorire una transizione morbida”.

Che tipo di transizione?

“Nel mondo c’è troppo debito. Una politica monetaria aggressiva che tra un anno si farà sentire sull’inflazione è una terapia già adottata in passato. Una terapia che può aver successo se accompagnata da un recupero di produttività”.

La conseguenza?

“Prevedo un gigantesco spostamento di risorse dal mercato obbligazionario all’equity, probabilmente il fenomeno più importante dei prossimi anni.

La crisi non accenna a finire. Anzi, l’ultimo dato sul pil a meno 2,3% costringe ad  aggiornare le previsioni al ribasso. Non crede?

“Nel 2013 il pil sarà ancora negativo anche se sono d’accordo con Mario Monti: nella seconda parte dell’anno il quadro migliorerà. Ma non si deve attribuire troppa importanza al pil. Anche le ruberie in Regioni e Province contribuiscono ad aumentare il pil…”.

Ovvero?

“Ovvero il pil italiano è stato drogato da decenni da debiti che hanno artificialmente alzato il livello del reddito. Oggi la ruota ha girato. Ma non per tutti allo stesso modo: l’Italia è piena di aziende sane, competitive a livello internazionale”.

Che cosa è cambiato rispetto ad un anno fa?

“Il governo Monti ha fatto molto. Forse poteva fare di più, ma non mi nascondo le difficoltà dell’impresa. Ora bisogna aggredire il nodo delle utilities  pubbliche, regionali. municipali o provinciali poco importa.   Il guadagno di produttività può essere enorme. Mi ha nolto impressionato la presentazione di Davide Serra, che non conosco, all’incontro con Renzi: come fanno le imprese italiane a competere se pagano l’energia il 23  per in più della concorrenza?”.

Nel frattempo, manca la materia prima per la corsa all’equity: le azioni. Crede che Piazza Affari si possa allargare?

“Francamente ci credo poco. La regola, anzi, vuole che le matricole arrivano solo nei mercati che tirano. Non penso che il trend dell’equity passi principalmente dal listino”. Semmai è  già iniziata, da mesi, la stagione dei merger. Le aziende sane comprano quelle più colpite da alla crisi”.

In quali settori?

“Un po’ tutto il settore manifatturiero. Un trend interessante riguarda la tecnologia: le aziende più vivaci sono quelle che hanno accumulato in questi anni più ricerca e sviluppo”.

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