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Intelligenza Artificiale: bolla o non bolla? I costi sono giustificati? Rispunta DeepSeek che si misura con Nvidia

Imagoeconomica

Si riapre la partita tra Nvidia e DeepSeek ovvero tra una delle superstar dell’intelligenza Artificiale Usa ad alta capitalizzazione e la società cinese “low cost” su un tema non da poco per mercati azionari che si stanno arrovellando su una domanda: i potenti investimenti sulle società Usa sono giustificati e lo sono di conseguenza anche le quotazioni in borsa? Oppure si è trattato finora di messaggi speculativi che potrebbero aver creato una bolla che prima o poi potrebbe scoppiare e far molto male agli investitori? La scorsa settimana sono serpeggiati alcuni dubbi in questo senso portando in calo il settore tech Usa è stato messo sotto pressione, mentre oggi a rubargli la scena è stato quello asiatico sulla scia delle nuove dichiarazioni del fiore all’occhiello cinese DeepSeek. Mercoledì sono attesi i risultati e soprattutto le considerazioni dei manager di Ndivia.

Nvidia: è arrosto o fumo ?

Non c’è niente da fare: quando si insinua un dubbio, ad opera per altro di attori autorevoli, anche quella che sembrava una fiducia granitica tende a vacillare. Saranno i risultati della superstar Nvidia di mercoledì a dissiparlo?

Le previsioni parlano di un aumento del 48% degli utili per azione su un fatturato di 45,9 miliardi di dollari per il secondo trimestre fiscale. Le opzioni implicano che le azioni potrebbero oscillare di quasi il 6% in entrambe le direzioni a seconda dell’esito, provocando ondate nel mercato più ampio, data la valutazione della società pari a 4.000 miliardi di dollari.

La scorsa settimana è stato un calvario per il settore Tech Usa: Amazon, Alphabet (Google), Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla hanno bruciato decine di miliardi di dollari di capitalizzazione in meno di una settimana. L’indice Bloomberg Magnificent 7, che ha chiuso in ribasso la maggior parte delle sedute, ha terminato con un calo dell’1%: Una correzione tutto sommato modesta per un indice che si è raddoppiato negli ultimi due anni, soprattutto se la si colloca nel contesto della fiacca di agosto.

Ma a preoccupare sono state ben due cause che hanno provocato il calo: da una parte le affermazioni di Sam Altman, ad di Open AI, dall’altra un rapporto dell’autorevole Mit di Boston.

Il padre di ChatGpt in un articolo su The Verge a iniziato a inquietare gli investitori in AI parlando di bolle speculative in via di formazione e di investitori “troppo eccitati” che “probabilmente perderanno molti soldi”. Le parole di Altman hanno dato il via alle vendite dei titoli più esposti. “La massa investe per narrativa. Quando emergono segnali contrari, il mercato ricalibra violentemente. Emblematico è il caso di Palantir: +106% da inizio anno ma -15% in una settimana e sei sedute negative consecutive”, ha commercato Gabriel Debach, market analyst di eToro. Ha cercato di attenuare i toni di Alman Sarah Friar, cfo della stessa OpenAI. “Credo che ciò che Sam ha detto – e con cui concordo – è che riteniamo l’AI la più grande rivoluzione vista finora. E non vedo alcun rallentamento», ha detto Friar a Cnbc. “Ci sono momenti in cui gli investimenti non portano i frutti sperati, capita in ogni epoca, ma l’era dell’AI è appena iniziata. Alcuni parlano già di bolla, ma non è così. È come le ferrovie o l’elettricità. Internet, a posteriori, è stato relativamente leggero in termini di capex, mentre l’AI è vorace”.

Ma la frittata ormai era fatta e, in più, a gettare benzina sul fuoco sono arrivate le osservazioni del Mit di Boston che in rapporto si è mostrato molto critico sulla corsa agli investimenti nell’intelligenza artificiale. Secondo l’istituto solo il 5% di programmi d’investimento delle imprese in IA generativa sta creando valore, per milioni di dollari. Ma nel 95% dei casi non ci sono ritorni apprezzabili.

Tanto è bastato per innescare la scorsa settimana la retromarcia del tech: il Nasdaq ha visto sedute pesanti per poi chiudere venerdì in rialzo dell’1,5% senza però colmare il bilancio settimanale che è rimasto in calo per lo 0,9%. Palantir è il 20% sotto il suo record, Nvidia in due giorni ha perso il 5%. Ecco perché il dato di mercoledì su Nvidia avrà molto da dire: le previsioni parlano di un aumento del 48% degli utili per azione su un fatturato di 45,9 miliardi di dollari per il secondo trimestre fiscale. Le opzioni implicano che le azioni potrebbero oscillare di quasi il 6% in entrambe le direzioni a seconda dell’esito, provocando ondate nel mercato più ampio, data la valutazione della società pari a 4.000 miliardi di dollari.

In effetti i costi dell’AI sono decisamente stellari. Se si sommano gli esborsi per l’AI da parte di Microsoft, Google e Meta si arriva alla fantasmagorica cifra di oltre 215 miliardi di dollari per l’anno fiscale in corso. La sola Amazon ha annunciato un piano di investimenti da 100 miliardi, buona parte dei quali saranno destinati all’intelligenza artificiale.

Bolla o non bolla? Il tema della valutazioni mentre brucia ancora il crollo tech del 2000

Il solo ipotizzare una bolla tecnologica, mette i brividi a quelli che ne hanno vissuto lo scoppio nel 2000. “Il settore tecnologico si è evoluto in modo significativo rispetto al 2000, quando l’unica scommessa era l’opportunità rappresentata dall’Internet aziendale” dice Richard Clode, CFA, Portfolio Manager di Janus Henderson Investors. “Molte delle principali società tecnologiche odierne sono anche molto più redditizie e hanno bilanci molto più solidi rispetto al 2000. Per valutarle, continuiamo a utilizzare le stesse tecniche del 2000, concentrandoci sui rapporti prezzo/utili (P/E) e sui rendimenti del free cash flow (FCF)”.

Rispetto al 2000, c’è una grande differenza nel numero di società non redditizie e nei loro rapporti P/E. Nel primo trimestre del 2000, circa il 36% delle società tecnologiche statunitensi era in perdita, contro il 21% nel primo trimestre del 2025. Le Magnifiche 7 sono oggi scambiate a un P/E di quasi 40 volte gli utili futuri ma, escludendo Tesla con un P/E superiore a 100, le altre sono scambiate a un rapporto P/E medio di 20 volte, ben al di sotto dei principali titoli tecnologici del 2000, molti dei quali avevano un P/E superiore a 1000. “Ora è fondamentale essere selettivi” dice Clode.

Il tema centrale rimane quello delle valutazioni, gli fa eco Giacomo Calef, country head Italia di Ns Partners. Nel 2025 la crescita degli indici come Nasdaq e S&P 500 è stata in linea con gli utili, ma nelle ultime settimane i multipli hanno ricominciato a salire. Inoltre, alcune big tech – in particolare Meta – “stanno riducendo la propria posizione di liquidità negli ultimi trimestri” dice Calef. “Questo solleva timori tra gli investitori: da un lato che l’impiego del cash non generi ritorni adeguati, dall’altro che possa essere interamente assorbito dalle spese in IA. In tal caso, il rischio è che aziende tradizionalmente ad alta redditività si trasformino in realtà “capital intensive”, caratterizzate da margini più bassi e da un maggiore livello di indebitamento. L’AI resta un motore di crescita e innovazione, ma il messaggio dei mercati è chiaro: non ogni valutazione è giustificabile, non ogni spesa è sostenibile”.

Il campionato si sposta in Asia: la guerra dei Chip si fa accesa

Proprio su queste note della giustificazione di spese così elevate, in queste ore si è aperto un altro palcoscenico dell’Intelligenza Artificiale, quello cinese, con le nuove indicazioni fornite della società considerata “lowcost” DeepSeek, lo stesso terreno di battaglia nel quale si stanno misurando a suon di chip i governi di Cina e Stati Uniti.

DeepSeek aveva scosso la Silicon Valley lo scorso gennaio con il potente ma economico R1 e da allora è rimasta all’avanguardia di una crescente ondata di sviluppo di intelligenza artificiale cinese dimostrando come le aziende cinesi possano fare passi da gigante anche senza i semiconduttori più all’avanguardia. In questi giorni DeepSeek ha presentato un aggiornamento di un modello precedente che, a suo dire, supera il fondamentale R1 nei benchmark chiave.

La notizia ha provocato uno spostamento degli investitori in AI dagli Usa all’Asia. L’indice Hang Seng guadagna il 2%e l’indice Hang Seng Tech il 3,5% Alibaba guadagna il 5,5%, Baidu il 6%, Lenovo il 4%. L’indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen +1,5%, indice Taiex di Taipei +2,3%. I fan di DeepSeek stanno ancora aspettando l’uscita di R2 , il successore di R1, e i media locali attribuiscono il ritardo al perfezionismo e ai problemi tecnici del CEO Liang Wenfeng. “Il nuovo documento di Deepseek propone una nuova architettura basata sull’utilizzo di chip nazionali e, cosa interessante, menziona che si tratta di chip di prossima uscita” ha commentato Xin-Yao Ng, direttore degli investimenti ad Aberdeen Investments. “I nuovi chip più avanzati arriveranno quindi presto sul mercato e Il fatto che Deepseek sia finora leader nell’architettura dell’IA fa ben sperare che vedrà una più ampia adozione nell’ecosistema cinese”.

Intanto gli analisti sono ansiosi di sapere di più sulle prospettive delle spedizioni in Cina e sui dettagli dell’accordo con il presidente Donald Trump per pagare al governo degli Stati Uniti il ​​15% dei ricavi derivanti dalle vendite di alcuni chip avanzati. All’inizio di agosto Trump ha detto che potrebbe consentire a Nvidia di vendere in Cina una versione ridotta del suo chip GPU avanzato di prossima generazione, nonostante i timori radicati a Washington che la Cina possa sfruttare le capacità di intelligenza artificiale degli Stati Uniti per potenziare il proprio esercito. Secondo i critici, questa mossa potrebbe aprire le porte alla Cina, che potrebbe assicurarsi una potenza di calcolo più avanzata dagli Stati Uniti, mentre i due Paesi sono in lotta per la supremazia tecnologica. Il chip più avanzato che Nvidia era attualmente autorizzata a vendere in Cina era l‘H20 che ora potrebbe essere fermato. Venerdì Trump ha annunciato che gli Stati Uniti acquisteranno anche una quota del 9,9% di Intel per 8,9 miliardi di dollari, ovvero 20,47 dollari ad azione, il che rappresenta uno sconto di circa 4 dollari rispetto al prezzo di chiusura delle azioni Intel, pari a 24,80 dollari.

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