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“In Etiopia operazione di Polizia, non guerra civile”: parla l’Ambasciatrice in Italia

FIRSTonline

Per il governo etiope è solo “un’operazione di Polizia” contro ribelli che hanno attentato al potere dello Stato; per la maggioranza degli osservatori si tratta invece di una guerra civile che avrebbe già fatto migliaia di vittime e almeno 30 mila profughi. E che rischia di portare instabilità ai Paesi di confine. Stiamo parlando dell’esplosione di violenza nel nord dell’Etiopia, in Tigray. Gli avvenimenti, ancora in corso, hanno sorpreso tutto il mondo poiché l’avvento del giovane Primo Ministro Abiy Ahmed aveva fatto sperare che il Paese si fosse messo finalmente alle spalle la stagione della violenza. La sorpresa è stata tanto più grande in quanto, proprio per aver messo fine alla guerra dei Venti anni con l’Eritrea, Abiy Ahmed, due anni fa, aveva ricevuto il Premio Nobel per la Pace. 

Invece nel secondo Paese africano per popolazione (oltre 100 milioni di abitanti) e fra i più martoriati dai conflitti nel continente, le armi hanno ripreso a sparare. Secondo informazioni governative l’esercito federale ha già conquistato Axum e Adua, due città importantissime del Tigray, e marcia sul capoluogo Macallé. Ma nessun giornalista al momento può recarsi nella regione per verificare di persona: l’Etiopia ha sigillato il nord del Paese chiudendo anche i siti Internet. Abbiamo chiesto a Zenebu Tadese, ambasciatrice dell’Etiopia in Italia, di fare un punto della situazione.

Può spiegare come sia potuto accadere che un Premier al quale è stato conferito il Premio Nobel per la Pace abbia potuto prendere decisioni così estreme come sparare su concittadini del proprio Paese e isolare dal mondo un intera Regione? 

“Quello che sta succedendo nel mio Paese è un’operazione di Polizia diretta contro elementi estremi del Fronte di Liberazione del popolo del Tigray (Tplf) ed è giusta e necessaria. Onestamente, se c’è un secondo Premio Nobel per la pace, allora il Primo Ministro Abiy Ahmed deve vincerlo di nuovo perché sta ancora una volta salvando il proprio Paese. Per capire cosa sta accadendo in Etiopia bisogna tornare indietro nel tempo. Negli ultimi tre decenni, l’Etiopia è stata governata da una coalizione di quattro partiti riuniti nel Fronte Democratico Rivoluzionario Popolare Etiope (Eprdf), dominato esclusivamente dal Fronte di Liberazione dei Popoli del Tigray. Fino a quando, due anni fa, le rivolte popolari non hanno portato a una svolta nella storia dell’Etiopia. Questo ovviamente ha portato a una perdita di potere per il Tplf che, perdendo il controllo del Fronte Democratico, ha cominciato a tramare per tornare al potere con mezzi illegali. Arrivando, la mattina del 4 novembre 2020, ad attaccare il Comando settentrionale delle Forze di Difesa Nazionale Etiopiche di stanza nel Tigray da più di due decenni. Commettendo in questo modo un crimine di alto tradimento per aver ordinato di aprire il fuoco sui loro compagni di arme. In tutta onestà, può citare un Paese nella storia del mondo che possa tollerare un attacco alla propria Forza di Difesa Nazionale? Nessun ordine costituzionale può tollerare un tale livello di guerra e tradimento. Questo è il motivo per cui il governo federale è stato costretto a lanciare, e tuttavia a malincuore, le attuali operazioni di applicazione della legge per difendere e proteggere l’ordine costituzionale e sostenere lo Stato di diritto”.

Alcuni osservatori ritengono che siamo già alla guerra civile: possiamo definirla così? 

“No, non possiamo. Non si tratta di nessuna guerra civile. Ripeto: il governo federale sta applicando la legge contro un gruppo che ha attentato contro l’ordine costituzionale del Paese. Il governo è stato tollerante con le precedenti azioni della giunta del Tplf negli ultimi tre anni, credendo che, nel mondo contemporaneo, l’unica soluzione per risolvere i problemi fosse la discussione e non l’azione militare. Ma evidentemente per un gruppo che ha sempre usato i mezzi militari per arrivare al potere la discussione non è considerata un’opzione. Ecco perché consideriamo un crimine l’azione intrapresa dal Tplf il 4 novembre 2020, un tradimento punibile dalla legge. L’operazione finirà non appena la giunta criminale sarà disarmata, i criminali consegnati alla giustizia e la legittima amministrazione ristabilita nella Regione.” 

Può la tensione a suo parere influire a destabilizzare gli altri Paesi del Corno d’Africa?

“Assolutamente no, non c’è instabilità in Etiopia figuriamoci nel Corno d’Africa. Ripeto: quello che sta succedendo è che nello Stato regionale del Tigray c’è un’operazione di Polizia che molto probabilmente sarà completata presto e la gente del Tigray tornerà altrettanto presto alla sua solita sua vita. La deliberata e pianificata provocazione del Tplf per estendere le questioni interne ai Paesi vicini è sotto gli occhi di tutti; ma allo stesso tempo tutti sono consapevoli della sua intenzione. Pertanto, non rappresenterà un rischio per l’instabilità generale della Regione.” 

I tentativi del Primo Ministro di superare le divisioni etniche e le rivalità locali ha prodotto paradossalmente una guerra. Non è una contraddizione? 

“No, non c’è contraddizione tra la riforma del Primo Ministro Abiy Ahmed e i risultati finora ottenuti. Dal momento in cui il Primo Ministro Abiy Ahmed è salito al potere nel 2018, il governo ha cercato di aprire lo spazio politico e ha permesso a tutti di riunirsi per discutere e risolvere le differenze civilmente. Una rivoluzione per l’Etiopia in quanto era stato impossibile nei 27 anni precedenti avere un’idea diversa da quella del governo. Chi aveva idee diverse dal governo fino a due anni fa finiva in prigione o fuori dal Paese, in esilio. E chi difendeva i principi della democrazia e dei diritti umani era etichettato come “una minaccia per l’ordine costituzionale” o un “terrorista”. Anche se l’Etiopia era un Paese dal federalismo etnico, i gruppi etnici differenti da quello del governo (tigrino, ndr) non erano autorizzati ad eleggere i propri rappresentanti. Sia il potere politico sia l’economia erano dominati dal Tplf. Dopo la rivolta del 2018 e la riforma dello Stato è partita una stagione in cui chiunque abbia un’idea diversa dal governo può esprimerla. Il partito che è stato istituito dopo la riforma, “Il Partito della prosperità”, ha cercato di incorporare nella leadership tutti i gruppi etnici emarginati nel governo precedente. Il Tplf ha perso così la sua preminenza e ora vuole ripristinarla con le armi. La prova è che durante l’attacco del 4 novembre al Comando Nord i militari uccisi sono stati selezionati in base alla loro etnia. Il governo ha cercato ogni possibile mezzo pacifico per minimizzare le differenze e lavorare insieme per il miglioramento del paese, ma non c’è riuscito. La misura adottata ora per impedire a queste forze di destabilizzare il Paese non è una guerra, ma l’applicazione della legge.”

La politica del Premier diretta a unificare il Paese però così ne esce indebolita: come giudica questa analisi?

“Un tipo di Stato non è determinato dai politici piuttosto dalle persone che lo abitano. Negli ultimi tre decenni, il federalismo è stato erroneamente e falsamente rivendicato per coprire anarchia e malversazioni. L’avvento del Primo Ministro Abiy Ahmed ha liberato un nuovo ottimismo per tutte le nazionalità dei popoli etiopi oppressi dal regime dominato dal Tplf. Negli ultimi due anni sono state intraprese riforme politiche ed economiche che hanno valorizzato e non soppresso l’autoamministrazione. Per esempio, a Sud del Paese, è stato istituito un nuovo Stato regionale, il Sidama, mentre altri Stati regionali sono nati nell’Etiopia sud-occidentale. Il governo guidato da Abiy Ahmed sta lavorando con attenzione per risolvere la questione dell’identità e dell’autoamministrazione, per rafforzare il vero federalismo. Insomma non è stata intrapresa la via per la centralizzazione in Etiopia, al contrario si vuole proteggere la diversità, l’unità e il vero federalismo.” 

È possibile a questo punto arrivare a un dialogo con il Tigray? Cosa bisognerebbe fare perché questo avvenga? 

“In questo momento non c’è spazio per i gruppi criminali che hanno commesso il più alto tradimento della storia. Ma questo non significa che il governo federale non abbia a cuore le risoluzioni pacifiche. In precedenza il governo federale ha fatto del suo meglio aprendo lo spazio a dialoghi, negoziati e riconciliazioni, coinvolgendo anziani, personalità di spicco, leader religiosi, donne e giovani; ma il Tplf ha rifiutato tutte le opzioni pacifiche offerte.” 

Come spiega l’attacco a colpi di missili dal Tigray contro Asmara: è l’inizio di nuove ostilità fra il Tigray e l’Eritrea?

“Il lancio di razzi a Bahirdar, Gonder e soprattutto ad Asmara dimostra l’avventatezza della giunta del Tplf e il suo deliberato tentativo di internazionalizzare le questioni interne. Con il lancio dei missili il Fronte vuole trasformare le questioni interne in conflitti regionali e internazionali, per catturare l’attenzione della comunità internazionale. Tuttavia, sia il governo federale sia quello dell’Eritrea hanno capito le intenzioni e non hanno accettato la provocazione. Non c‘è ostilità tra i popoli amanti della pace del Tigray e l’Eritrea. La comunità internazionale e i popoli etiopi abbiano fiducia: il governo federale applicherà la legge in un breve periodo di tempo.”

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