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Il nuovo Harry Potter e la sua nemesi

Super J.K.

Non si offenderà nessuno se diciamo che J.K. Rowling è lo scrittore più smart a calpestare il suolo di questo pianeta. Spontaneamente, ha saputo fermarsi al momento giusto, cioè all’apice del suo successo: “non ci saranno più Harry Potter”, ha detto, facendo intuire una certa crisi creativa. Mentre grande parte dei suoi competitor estraevano il revolver quando gli veniva proposto di pubblicare in digitale le loro opere, J.K., non solo ha preparato di ogni libro una edizione interattiva in ebook, ma ha creato una risorsa online specifica (Pottermore) dove farli conoscere, interagire con i lettori e, perché no?, venderli. Molto belle le versioni per iPad che accoglievano appieno l’invito di Steve Jobs a superare la “print experience” con gli ebook.

Dopo averne venduti un bel po’, J.K. ha deciso di dare gli ebook, alle proprie condizioni commerciali naturalmente, alle grandi piattaforme di distribuzione come Apple e Amazon (che si erano rotolati come gatti in amore per averli) e c’è da scommettere che ad averci lasciato la camicia sono state proprio quest’ultime. La signora Rowling, che aveva iniziato a scrivere nei pub perché non poteva permettersi di riscaldare la casa, era dunque più che arrivata: donna più ricca del Regno Unito, come abitazione una immensa villa castello con un parco degno della regina guardato da cani feroci come ha potuto constatare il regista Chris Columbus che ha passato un paio d’ore su un albero per essersi dimenticato il codice di uscita da recinto della proprietà di J.K.

Via da Potter

Siccome la Rowling è una stachanovista e anche una persona intellettualmente cinetica, il quieto vivere non faceva per lei. E in effetti questa pausa è stata, in qualche modo, funzionale a lanciare una nuova fase della sua carriera, quella di giallista: genere nuovo, target nuovo. Un bel salto: è come se Valentino Rossi passasse dal MotoGP alla Formula uno.

Proprio per questo c’era bisogno di un coup de théâtre per riportare J.K. al centro dell’attenzione dei media e del pubblico. Ecco che J.K. si è cercata uno pseudonimo, Robert Galbraith, per il suo primo giallo, Il richiamo del cuculo, per poi lanciare una vera e propria bomba mediatica tramite un tweet pilotato che attribuiva alla Rowling la paternità del lavoro. Quando è arrivata la conferma ufficiale, il libro, che giaceva intorno al ennemillesimo posto di Amazon, ha scalato la classifica di Amazon e di tutte le altre chart del mondo fino a diventare il numero uno.

In realtà come giallista J.K. non ha avuto il successo che gli ha arriso con Harry Potter.  Ma come sappiamo J.K., oltre ad essere una grandissima scrittrice, è anche una superba organizzatrice di cultura e di spettacolo ed è stato proprio questa secondo aspetto del suo talento a entrare in partita. Ed ecco il nuovo piano di J.K.: dare continuità alla serie di Harry Potter con un’ottava storia che rompesse con le precedenti essendone però anche il naturale prosieguo. J.K. poteva contare sulla certezza che la fan base di Harry Potter l’avrebbe seguita in qualsiasi territorio non importa quale forma il personaggio avrebbe assunto nella finzione. E in effetti è successo, anche se qualche contenuta e rumorosa defezione c’è stata.

Potter rientra dalla finestra

Ed ecco arrivare l’idea da qualche miliardo di dollari: non un nuovo romanzo, ma una pièce teatrale, Harry Potter and the Cursed Child, di cinque ore divisa in due parti. Ha aperto i battenti al pubblico a Londra al Palace Theater lunedì 25 luglio 2016. La pièce è stata presentata come il sequel ufficiale dei sette libri/film. Biglietti esauriti fino al prossimo maggio per entrambe le rappresentazioni. Embargo “morale” rispettato anche da, critico teatrale del “New York Times”, Ben Brantley, che nella sua recensione sì è guardato bene dal rivelare il benché minimo dettaglio sullo spettacolo per il quale ha avuto solo parole di forte apprezzamento. All’uscita del teatro gli spettatori hanno ricevuto una spilletta con la scritta #KeepTheSecrets, un impegno che sarà senz’altro mantenuto per rispetto dei fan di Harry Potter. C’è da essere certi che The Curse Child batterà il record di incassi del blockbuster Hamilton, prossimo al miliardo di dollari al box office, e come tale reputato il musical di maggior successo commerciale di tutti i tempi.

Per poi tornare libro

Ma faccenda più interessante, per noi, però non è questa. Harry Potter and the Cursed Child è una storia, sì, ideata dalla Rowling, ma scritta dallo sceneggiatore e drammaturgo Jack Thorne e messa in scena regista John Tiffany. Bene fin qui tutto niente di cui stupirsi. È nell’andar oltre che si esprime la genialità di J.K.

La sceneggiatura di Thorne è diventato un libro, l’ottavo libro (ufficiale) delle serie di Harry Potter. Il libro non è una novelization della pièce (cioè una riscrittura in prosa del copione), bensì una mera replica della sceneggiatura stampata su carta e rilegata. La Scholastic, l’editore USA di Harry Potter, ha tirato la bellezza di 4,5 milioni di copie di questo libro. 2,5 milioni sono state prenotate nelle prime 48 ore. La filiera degli editori di Harry Potter nel mondo si è già attivata per il lancio mondiale che nei paesi anglofoni è avvenuto del 31 luglio e negli altri ci sarà a settembre 2016.

J.K. è una manna per l’editoria mondiale; ha lo stesso effetto dell’abbassamento del tasso d’interesse del denaro sulle borse mondiali, sull’economia e sull’occupazione. Equivale a un vero e proprio pacchetto di stimoli per l’industria editoriale. E se ne vedranno i risultati a breve. C’è da scommettere che entro la fine del 2016 il libro raggiungerà le 30 milioni di copie vendute e, facendo andare la gente nelle librerie, trasfromerà il 2016 in un’ottima annata per tutto il comparto. J.K. fa senz’altro bene al business e Dio sa quanto ce n’è bisogno.

C’è anche da scommettere che ci sarà il film, una volta che la pièce teatrale entrerà nella fase calante. Il passaggio dalla sceneggiatura al romanzo (novelization) non è un’idea nuova: si è iniziato negli anni 20 con King Kong e poi tutti i grandi successi popolari sul grande e piccolo schermo sono diventati dei libri. Ma un’operazione come quella architettata intorno all’ultimo Harry Potter, che non è neppure una novelization, e su questa scala non si era mai vista prima. È l’ultimo diamante della Rowling e una prova di vibrante vitalità dell’industria culturale. Se però non sei J.K. ti devi arrangiare. E qualcuno ha pensato veramente di arrangiarsi.

Rovistando tra i rifiuti …

Il verso di De André “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” individua bene il modello di business di un’audace startup di Hollywood dal didascalico nome di Adaptive Studio. I suoi fondatori non difettano certo di immaginazione e di intraprendenza come rimarca Alexandra Alter, il critico letterario del NYTimes, che a questa esperienza ha dedicato un articolo (A Hollywood Start-Up Sees New Life in Dead Movie Scripts) sul quotidiano di New York. Il core del business di Adaptive è proprio uno script, una sceneggiatura, ma non una sceneggiatura di uno spettacolo di successo o uno script di una pellicola blockbuster, bensì un manoscritto che non ha mai generato qualcosa che sia stato visto o letto da un qualsiasi pubblico. Si tratta di un manoscritto che è stato acquistato o opzionato da uno studio o da un editore e messo in un cassetto a ingiallire per sempre.

Non è che succede di rado. I grandi studios e i grandi editori comprano e opzionano progetti, anche con scopi differenti dal produrre o pubblicare, come quello di togliere dal mercato possibili progetti concorrenti o barrarli al competitor di turno. Poi succede che molti di questi progetti vengono messi in mora per via che non rispondono appieno ai criteri di redditività richiesti dagli azionisti e attesi dal mercato. Si è quindi venuta a formare una discarica immensa in cui c’è veramente di tutto: lo stivale bucato, ma anche il paio di scarpe buone che, con una messa a lucido, possono ancora essere indossate nelle occasioni importanti. È proprio questo ciò che interessa i “trashbusters” di Adaptive.

Da vecchio script al libro al nuovo script al film

Infatti, il team di Adaptive Studio va alla ricerca dei manoscritti bocciati, ne acquisisce la proprietà intellettuale per tutti i media, li affida a un proprio team specifico (Adaptive Book) che seleziona uno scrittore con il compito di farne un novelization, cioè un romanzo. Lo scrittore lavora su una traccia di ambientazione, plot e personaggi individuata da Adaptive Book che stila una “blueprint”.

Quando il libro è pronto e in distribuzione, un differente team di analisti e scrittori trae dal libri una nuova sceneggiatura da produrre in un film per il mercato del cinema o della televisione. Un processo che, veramente, somiglia, nei suoi vari passaggi, al riciclaggio di un rifiuto.

Perrin Chiles, il CEO di Adaptive, ha usato queste parole per descrivere il modello di business dello studio: “fondamentalmente rovistiamo tra i rifiuti degli studios per trovare roba che è stata scartata. Vogliamo quelle cose per cui si è perduta ogni speranza e prendiamo le briciole che restano sul tavolo”. Quella di Mr Chiles, commenta la Alter, è solo una leggera esagerazione, perché succede proprio questo. Non è un’idea così peregrina e disperata come parrebbe, tutt’altro.

Funzionerà il Lazarus effect?

Fino ad oggi Adaptive ha acquistato 50 script, 25 dei quali da Miramax. I fondatori di Adaptive vengono proprio dallo studio di Santa Monica fondato da Bob Weinstein e Harvey Weinstein. Da parte sua Adaptive Book, il ramo editoriale, ha pubblicato una dozzina di libri tratti da questi script e si propone di pubblicarne altri 18 nell’arco di un anno e mezzo. Si sta lavorando su 8 di questi romanzi per trarne un film con un budget che varia tra i 5 milioni e i 40 milioni di dollari.

Ai librai piace moltissimo l’operazione che sta effettuando Adaptive. Barnes&Noble si è impegnato a dare una particolare visibilità ai titoli nei suoi 640 negozi in cambio dell’esclusiva di vendita per i primi sei mesi.

È in postproduzione il primo film, Coin Heist, costruito con questa tecnica. Ovviamente si tratta di un importante banco di prova per misurare le reazioni del pubblico e della critica. Lo script originale di Coin Heist risale al 1998 ed è rimasto in un cassetto per ben 15 anni. Poi nel 2013 è arrivato Adaptive che lo ha resuscitato modificando l’ambientazione, i personaggi e il target. Adesso è una storia che mira agli young adults (i protagonisti sono quattro studenti di liceo che mettono in atto un piano per rapinare la zecca di Stato a Filadelfia). La novelization è stata affidata a Elisa Ludwig che ne ha fatto un bel romanzo.

A questo punto Adaptive ha chiamato uno sceneggiatore, Emily Hagins, a scrivere il copione del film. L’autore dello script originale, William Osborne, scrittore anche del copione del Re Scorpione, ha ricevuto un compenso di 1000 dollari e la menzione nei credit. “Non si stava andando da nessuna parte, e ho pensato che questa fosse una bellissima opportunità”, ha commentato Osborne alla Alter.

Una bellissima opportunità, appunto. Sono proprio queste iniziative di innovazione di prodotto, Harry Potter che continua come uno spettacolo teatrale confezionato anche per lettori di libri e il recupero di manoscritti perduti per trasformarli in libri, film e serie per la TV, che possono salvare industrie prestigiose e secolari come quella del libro e del teatro dalla inevitabile erosione portata da forme di intrattenimento e di informazione distruttive come quelle che si palesano con la rivoluzione digitale.

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