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La transizione ecologica degli industriali del G20

FIRSTonline

Le proposte sono ampie anche se la strada per vederle realizzate ha ancora molti punti deboli. Il B20- il più grande raggruppamento di imprese del mondo del G20- ha scelto Roma per presentare la sua visione del mondo di domani. Emma Marcegaglia che lo presiede alla fine della riunione plenaria ha consegnato a Mario Draghi le raccomandazioni scaturite all’interno del gruppo internazionale. Un anno insieme per mettere a punto un testo che fosse al passo con i cambiamenti. Draghi come Presidente del G20 si trova, dunque, tra le mani l’ennesimo dossier elaborato durante la presidenza italiana. La differenza con gli altri documenti stavolta ha, però, un peso diverso, perché si tratta delle Confindustrie di tutti i Paesi industrializzati. Una forza trasversale e quindi da tenere sott’occhio. Nel documento si parla di priorità strategiche a partire dalla transizione energetica, alla trasformazione digitale, agli investimenti sulla sostenibilità. Insomma il grande capitale che vuole cambiare il mondo attraverso paradigmi innovativi.


Mai come stavolta il G20 ha l’ occasione per trasformare le criticità in nuove opportunità. Ci vogliono politiche adeguate ma anche misurabili, dicono gli imprenditori. E l’asticella sale fino ad organismi internazionali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio da rigenerare totalmente. Il suo modo di operare ormai non regge alle trasformazioni in atto. Emma Marcegaglia dice che “è necessaria una cooperazione economica più coesa, una governance multilaterale al passo con i tempi. Bisogna perseguire politiche di bilancio ambiziose e coordinate, che fungano da corollario alle politiche monetarie nel sostenere la fiducia e gli investimenti.” È evidente che la botta della pandemia ha segnato così in profondità le filosofie produttive e gli scambi internazionali che una governance globale é l’unica soluzione per non avere più squilibri economici tra Paesi industrializzati.

Il passaggio a nuovi sistemi di produzione sostenibili, senza sprechi, con tutto quello che accadrà nei consumi sarà la partita decisiva. Secondo il B20 quest’anno il PIL globale potrebbe aumentare del 6% e del 5% circa nel 2022. Il volume globale del commercio potrebbe raggiungere un’espansione prima del 10% e poi del 7%. Scenari positivi e propositivi per i governi che sono chiamati a superare divisioni e conflitti di ogni genere. A questo punto la Cop26 di novembre viene visto come il primo appuntamento utile dove il premier italiano potrebbe far valere le proposte degli industriali. Anche loro chiedono di accelerare la decarbonizzazione e spingere “per invertire il degrado ambientale e la perdita di biodiversità.” Sono in sintonia con il resto del mondo e questo non può che far piacere.

Ci vogliono intese pubblico- privato, si é detto, perché gli investimenti in infrastrutture sostenibili e gli interventi di rigenerazione urbana richiedono molti soldi. Dai 1000 delegati del B20 sono venuti fuori diversi Policy Paper contenenti indici di misurazione delle future politiche governative. Strumenti certamente utili, purché si abbia a mente che tra documenti e prassi ci sono sempre incognite, spesso gravi. Nell’industria i tempi di passaggio al nuovo non possono essere lenti. D’altronde la finanza che sosterrà i processi di innovazione con moneta sonante non aspetta, né i CdA possono concedersi il lusso di rinviare. Proviamo ad immaginare cosa ne sarà di un sistema mondiale che non dovrà più inquinare, dovrà ridurre gli sprechi, investire in tecnologie che proteggono l’ambiente, educare i consumatori, rimettersi in gioco a suon di miliardi. Una nuova rivoluzione, ma molto accelerata se non vuole fallire.

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Categories: Economia e Imprese