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Giovanni Bellini dopo 4 secoli torna a Vicenza come “ospite illustre”

Sarà al centro di una mostra dossier in Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, sede museale e culturale della Banca a Vicenza, dall’8 ottobre 2016 all’11 dicembre 2016 inserita nell’Itinerario Belliniano promosso della Città.
Itinerario che, nello spazio di una passeggiata di pochissimi minuti, nel cuore della città, offre due altri capolavori del grande artista: il grandioso Battesimo di Cristo, in Santa Corona, e il Cristo crocifisso, in Palazzo Chiericati.

Per Vicenza quello della Trasfigurazione rappresenta un grande ritorno: questo magnifico olio su tavola (115 cm x 154 cm) venne commissionato al Bellini per essere collocato sull’altare della cappella Fioccardo della Cattedrale di Vicenza.
Nel 1613 la cappella venne diversamente destinata e l’opera belliniana rimossa. La si ritrova più avanti nella Collezione Farnese a Parma. Con il passaggio degli eredi Farnese a Napoli, nel 1734 anche il Bellini seguì Carlo di Borbone. Prima collocato a Palazzo Reale, entrò poi nella Collezione Farnesiana di Capodimonte. Qui la qualità del dipinto colpirà i generali francesi che nel 1799 lo prelevano destinandolo oltralpe. Fortunosamente, nella tappa romana, riuscì il recupero dell’opera. Il tentativo francese di appropriarsene si ripete nel 1806, sventato da Ferdinando IV che salva il suo Bellini trasferendolo a Palermo.

Nel dipinto, bellissimo, Gesù trasfigurato, rivela la sua natura divina alla presenza di tre apostoli: egli indossa delle vesti bianche, che hanno il nitore, la trasparenza e la bellezza delle nuvole. Gesù è il centro di tutto il discorso compositivo. L’inquadratura è frontale: le mani aperte, secondo il gesto degli antichi oranti, classico ed insieme cristiano, autorevole e soave.
I Profeti “conversano” con lui della sua imminente passione e morte. Sono posti ai lati di Cristo: a sinistra, Elia, ammantato di rosa; a destra, Mosè, vestito di ocra rosato e rosso con in mano un cartiglio.
Ma a colpire è anche l’ambientazione: un ampio paesaggio veneto e padano, dove sono riconoscibili il campanile della Basilica di Sant’Apollinare in Classe e la Tomba di Teodorico a Ravenna, e dove si vede una campagna solcata da sentieri, sullo fondo di colline e montagne che si perdono lontane all’orizzonte, sovrastate da cieli solcati da nuvole bianche e gonfie nel vento.

Ad accogliere questo “Ospite” che torna temporaneamente a Vicenza, sono altri due capolavori, non meno illustri, di Giovanni Bellini.
Innanzitutto il celeberrimo Battesimo di Cristo, in Santa Corona. La grande pala (misura 4 metri in altezza per 263 cm di base), è dipinta a olio su tavola e firmata sulla roccia in basso dall’autore. Datata tra il 1500 e il 1502, è tra le prime nella produzione dell’artista a mostrare un’immersione pacata delle figure nello spazio che le circonda, attraversate dalla luce e dall’aria.
La scena è articolata secondo lo schema tradizionale che propone Gesù al centro, rivolto verso lo spettatore, mentre Giovanni Battista, a sinistra, lo battezza da una rupe. Tre figure angeliche dalle vesti sgargianti, allegoria delle tre Virtù teologali, assistono all’evento, mentre, dall’alto, Dio Padre tra cherubini e serafini, invia la colomba dello Spirito Santo.
L’opera è un capolavoro d’arte ma è anche una sintesi di significati e di simboli. Nel dipinto, ad esempio, l’acqua del fiume si ferma ai piedi del Cristo, per evitare che vi si specchi, non potendo esistere più di una figura divina. Il pappagallino rosso è invece simbolo della Passione.
La straordinarietà della pala è legata all’eccezionale morbidezza dei toni del paesaggio e del cielo, da cui scende una calda luce che si insinua nelle valli attorno al Giordano. Le figure del Cristo, del Battista e dei tre Angeli ne risultano avvolte, quasi accarezzate.

In Palazzo Chiericati, in concomitanza con la sua riapertura dopo il completamento dell’Ala Novecentesca, il direttore scientifico Giovanni Federico Carlo Villa ha voluto dedicare una mostra dossier, raffinatissima, al Cristo crocifisso in un cimitero ebraico, opera patrimonio di Palazzo Thiene, sede della Banca Popolare di Vicenza. La tavola è preziosa anche per l’eccezionale stato di conservazione e unica per il soggetto rappresentato. Infatti non si è di fronte a una ‘tipica’ Crocifissione. Qui Bellini colloca il solo Cristo crocifisso in un ambiente del tutto atipico, caratterizzato da tre lapidi tombali che forma ed iscrizioni dichiarano ebraiche, in un paesaggio extraurbano prossimo a una città che appare a un tempo reale e ideale.
Giovanni Villa, nell’accogliere quest’opera concessa da Palazzo Thiene, ha voluto farne il fulcro di una mostra dossier tesa a narrare l’invenzione del paesaggio moderno e la stupefacente qualità pittorica di uno dei massimi rivoluzionari della storia dell’arte occidentale. Nelle sale espositive si svilupperà un racconto che dal paesaggio architettonico passerà a quello botanico – oltre trenta le specie magnificamente ritratte da Bellini – e infine quello anatomico, in uno studio che rende l’artista veneziano attento esegeta di ogni dato reale.
Intorno alle tre opere di Bellini a Vicenza si costruirà dunque un percorso tale da esaltare il ruolo di primo pittore italiano avuto dall’artista al suo tempo, vero unificatore in un unico linguaggio dei tanti dialetti artistici della penisola.

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