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Fukushima: la Tepco non ce la fa, interviene il governo con 360 milioni di euro

Un piano da 360 milioni di euro per risolvere il problema dell’acqua radioattiva nella centrale nucleare di Fukushima, colpita dallo tsunami del 2011. A presentarlo non è la Tepco, l’azienda che gestisce l’impianto, ormai non più in grado di fronteggiare la perenne emergenza, ma il governo di Tokyo.

Le autorità giapponesi hanno fatto sapere di voler prendere il timore delle operazioni, mentre sale la preoccupazione per le numerose avarie e la fuga di grandi quantità di acqua contaminata da cesio, stronzio, trizio e altre sostanze radioattive che si riversano in mare.

Due terzi del denaro messo sul piatto servirà a creare una barriera, iniettando nel terreno una sostanza speciale per congelare i materiali radioattivi in modo tale da fermare il loro sversamento in mare.

Il resto dei fondi sarà destinato alla realizzazione di ulteriori mezzi di decontaminazione dell’acqua stoccata in un migliaio di serbatoi la cui affidabilità è sempre più incerta. Si tratterà di aumentare la capacità dei sistemi chiamati ALPS, che dovrebbero separare l’acqua da una sessantina di componenti radioattive a eccezione del trizio. Un dispositivo ALPS (sviluppato da Toshiba) è stato testato a marzo, ma ha subito uno stop ed è in corso di riparazione. La Tepco prevedeva di installarne tre, ma lo Stato vuole mezzi più potenti.

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