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Ft: sarà l’Italia e non la Spagna il campo di battaglia decisivo per le sorti dell’euro

“Alcuni pensano che la battaglia finale in difesa dell’euro si giochi in Spagna. Noi non siano di questo avviso: lo scontro decisivo per il salvataggio o la rovina della moneta unica si giocherà in Italia. E’ questo il prossimo campo di battaglia”. E’ quanto si legge nel commento, a cura del professor Edward Altamn della Stern University e di Maurizio Esentato di Classis Capital, pubblicato a mezzogiorno sull’edizione elettronica del Financial Times. Un parere che fa clamore e che sembra destinato a dare fiato alla speculazione anche se contraddetto dal presidente dell’Eurogruppo, Juncker. In sintesi ecco gli argomenti del professor Altman, che ha applicato, finora con un certo successo, l’indice “Altman Z score” , nato per misurare lo stato di salute delle emissioni corporate al debito sovrano di un Paese. “In nostro modello – scrive la coppia – basato sui fondamentali, sulla performance dei mercati e sulla tenuta dell’economia di nove Paesi europei e degli Usa si è mostrato affidabile da due anni e mezzo a questa parte”. Ed ecco il responso. L’Italia, nonostante alcuni handicap ben noti (economia stagnante, alto debito pubblico, popolazione anziana ed incertezza politica) conta sui alcuni non trascutabili punti di forza: robusti consumi privati, aziende solide e, non meno importante, il fatto che il 65 per cento del debito è in mani domestiche. Inoltre, non si può far a meno di notare la solidità delle pmi, l’appeal turistico o del made in Italy. Ma nonostante un indiscutibile miglioramento rispetto a due anni fa, le aziende italiane sono tra le più vulnerabili sul piano della solidità patrimoniale. Ciò significa che, di fronte ad un nuovo, pesante tonfo di Borsa, “la nostra pagella sul debito Paese segnalerà allarme rosso” con effetti immediasti sul debito pubblico ed il costo dell’assicurazione del credito. Anche oggi, fanno notare gli autori, nonostante il basso livello dei tassi, l’onere per interessi rappresenta il 4,8 per cento rispetto al pil, inferiore solo al dato della Grecia (6,7), la superiore sia a quello degli Usa (2,9) che allo stesso Portogallo (4,2 ). Finora, concludono gli autori, la probabilità di un default italiano, così come è misurato dai Cds, si mantiene sotto controllo (il 13,4% contro il 9% di un mese fa) nonostante il monito di Moody’s. Ma è solo questione di tempo, sostiene il professor Altman.

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Categories: Finanza e Mercati