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Fondi neri: Rajoy nella bufera, tornano le tensioni sulla Spagna

È un filo sottile, quello della fiducia. Spagna e Italia si guardano allo specchio, vittime della loro stessa instabilità politica e di ondate di scandali, e forse devono chiedersi se quel filo non l’hanno davvero spezzato.

Un cambiamento del sentimento economico, il primo da inizio anno, e quella montagnola di fiducia faticosamente tirata su negli ultimi mesi, provviste per un lungo inverno, si sgretola, rivelando la friabilità della sua natura. I castelli di carte non sono beni durevoli e le incertezze politiche tornano ad agitare i mercati del debito. Lo spread tra i Btp decennali e gli omologhi tedeschi scollina oltre la “quota Monti”, a 288 punti, mentre il rendimento tocca il 4,52%. Allo stesso modo si allarga il differenziale Bonos/Bund, che si attesta a 386 punti per un tasso del 5,47%, con la Borsa di Madrid che ieri perdeva il 3,77%. Di qua, lo scandalo Mps e l’“effetto Berlusconi”. Di là, il terremoto politico che sta travolgendo il premier Mariano Rajoy.

Uno scandalo che si è allargato a macchia d’olio, quello spagnolo, figlio di un’inchiesta sui fondi neri che già lo scorso anno aveva coinvolto il tesoriere del Partido Popular Luis Barcenas, ma che solo giovedì scorso ha varcato la soglia del potere centrale. Ovvero Rajoy, accusato, insieme ad altri membri del Pp, di aver intascato soldi in nero, una paghetta da 25mila euro l’anno, più altre spese, corrisposta dal 1997 al 2008, ricavata dalla scientifica spartizione delle tangenti versate dalle imprese, specialmente quelle edili, alle amministrazioni locali del Pp.

Il presunto libro contabile del Partido popular pubblicato da El Pais giovedì scorso inchioda per la prima volta anche il premier, finora immacolato, svelando l’epidemia di corruzione di un intero apparato. I socialisti, guidati da Alfredo Rubacalba, chiedono dimissioni immediate e nuove elezioni. Una prospettiva che rischia di bloccare sul nascere il percorso di riforme intraprese dalla Spagna e che spaventa i mercati, ma che trova riscontro nella protesta di un popolo messo in ginocchio da tagli e disoccupazione (giunta a un mostruoso 26%, letteralmente uno su quattro) e che si trova a guardare in faccia, ancora una volta, una classe politica torbida e sporca di fango.

Il premier Rajoy, nei giorni scorsi, ha smentito con forza ogni suo coinvolgimento nell’affare, annunciando l’intenzione di pubblicare online la propria dichiarazione dei redditi, e allontando con decisione ogni ipotesi di dimissioni. Lo ha fatto anche ieri, davanti ai media di mezzo mondo, nel corso della riunione straordinaria del suo partito, difendendo la propria onorabilità in un’accorata arringa: “Non ho deciso di fare della politica il mio mestiere per fare soldi. Anzi, ci ho rimesso denaro”. Parole appese a un filo, anche loro, in attesa di sapre se le carte rese note da El Pais siano autentiche.

Intanto Spagna e Italia si guardano allo specchio e si trovano uguali. Le loro fragili basi minate da una classe politica inadeguata e da una corruzione che si fa epirdemia. Problemi che hanno radici molto più profonde delle loro soluzioni. Dall’altra parte i mercati, a guardare da lontano, chiedendosi se, e come, sia possibile fidarsi di questi Paesi.

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