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Flat tax, Di Maio si inginocchia a Salvini

Imagoeconomica

Dopo lungo silenzio, Luigi Di Maio prende posizione sulla Flat tax. Di solito il capo politico grillino evita di sbilanciarsi sulla misura più cara alla Lega (e più scivolosa per la maggioranza), ma stavolta arriva addirittura a mettere dei paletti. Giovedì mattina, ai microfoni di Radio Anch’io, il capo politico dei 5 Stelle assicura che la tassa piatta allo studio “non sarà socialmente iniqua”, perché il Governo “metterà un tetto: chi paga le tasse da una vita deve essere aiutato, ma non si va oltre i 60-70mila euro di reddito”. In questo modo, è il ragionamento, i benefici fiscali maggiori sarebbero per il ceto medio.

Purtroppo, Di Maio sorvola su alcuni dettagli fondamentali, come le aliquote da imporre sotto e sopra il limite di reddito e l’eventuale rafforzamento del sistema di deduzioni e detrazioni per chi guadagna meno. Nei mesi scorsi i leghisti parlavano di uno schema a due aliquote: 15% sui redditi fino a 80mila euro e 20% su quelli più alti.

Di sicuro, la soglia di reddito menzionata dal vicepremier grillino, pur essendo inferiore a quella voluta dal Carroccio, non basta a garantire la progressività dell’imposta. Ad oggi, quattro dei cinque scaglioni Irpef rientrano nel limite dei 75mila euro: porre la soglia della Flat tax a 60-70mila euro significherebbe quindi appiattire quasi tutte le aliquote a un’unica percentuale, avvantaggiando i contribuenti della classe medio-alta, non di quella media.

Stando ai numeri diffusi lo scorso marzo dal ministero dell’Economia, infatti, in Italia il reddito medio è di 20.670 euro e solo cinque contribuenti su 100 dichiarano più di 50mila euro (pagando quasi il 40% dell’Irpef totale). È quindi contraddittorio parlare di un “tetto a 60-70mila euro” e al contempo sostenere che la Flat tax sia pensata per la classe media.

L’altro grande problema riguarda i costi per lo Stato. Secondo i calcoli della Lega, la tassa piatta costerebbe una dozzina di miliardi (da aggiungere nella manovra d’autunno ai 23 miliardi per l’Iva). Matteo Salvini non esiterebbe a finanziare la misura in deficit, ma su questo punto incontra le resistenze del ministro del Tesoro, Giovanni Tria, e del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, preoccupati dalla procedura d’infrazione che l’Ue sta per aprire contro l’Italia. Al momento, è proprio questo il fronte più caldo nella maggioranza.

Il disaccordo sulla Flat tax è il pretesto più probabile per un’eventuale crisi di governo estiva. Di Maio lo sa bene e, per non restare col cerino della rottura in mano, evita di mettere pressione all’alleato: “L’obiettivo come governo è rispettare l’impegno con gli italiani e abbassare le tasse: le coperture saranno oggetto di discussione da qui a dicembre”. E ancora, sempre più accomodante: “Tria non ha detto che la Flat tax non si può fare. Il vertice di eri è stato l’inizio di un percorso verso una legge di bilancio che non vuole creare tensioni clamorose con l’Unione europea. Noi abbiamo bisogno necessariamente di ridurre il carico fiscale sugli italiani per ridurre il debito pubblico e favorire la crescita”. Le stesse parole usate da Salvini.

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