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Federmeccanica: “Contro il caro-energia il Governo ci dia una mano”

FIRSTonline

Aumento del costo dell’energia, difficoltà di reperire materie prime e carenza di semiconduttori. Sono queste le grandi criticità che rimarranno sul tavolo della manifattura italiana anche nei prossimi mesi. Stando alle ultime rilevazioni di Federmeccanica, nel terzo trimestre 2021 la produzione metalmeccanica ha continuato comunque a crescere e sono già stati superati del 2,5% i livelli pre-Covid, grazie alla ripresa della domanda interna e dell’export. Su tutti gli scenari di previsione rimangono inoltre le incognite legate all’evoluzione della pandemia e alle restrizioni su scale globale dei movimenti di merci e persone. Federico Visentin, presidente nazionale di Federmeccanica, mette in rassegna luci e ombre dell’economia manifatturiera nazionale in esclusiva per FIRSTonline.

Presidente, cosa la preoccupa di più per questo inizio dell’anno?

«Ci sono due grandi preoccupazioni che aleggiano da quasi un anno sulla ripresa economica: il costo dell’energia e l’approvvigionamento delle materie prime. Le performance molto positive di alcuni comparti, in termini di fatturato, sono influenzate proprio da questi due fattori. Solo una parte della filiera metalmeccanica italiana è riuscita a ribaltare sui costi finali questi aumenti, altri soprattutto, nel settore della componentistica, non sono riusciti a farlo».

Nel 2021 l’Italia è stata comunque la locomotiva industriale d’Europa, mettendo alle spalle anche Germania e Francia.

«Non c’è dubbio che i risultati siano stati positivi. Bisognerà però analizzare bene all’interno delle singole filiere produttive la marginalità che si è riusciti a mantenere».

Sulla questione energetica cosa chiedete al governo?

«Se sul versante delle materie prime tutti i Paesi europei hanno avuto le stesse difficoltà, sull’energia in Europa si nota un differenziale competitivo a nostro svantaggio. Francia e Germania stanno attuando forti politiche di calmieramento del costo dell’energia, me lo confermano i miei stessi fornitori. Non ci sono molte leve sulle quali agire, chiediamo al governo di ridurre al massimo le aliquote di propria competenza. Questo serve nel brevissimo termine, nel lungo si tratta di mettere mano all’infrastruttura generale della politica energetica nazionale».

Non siete soddisfatti di quanto previsto nella legge di bilancio?

«Questo divario con le altre economie europee giocherà ulteriormente a sfavore rispetto alla nostra competitività. Nell’immediato non ci sono alternative a politiche governative di mitigazione del costo energetico».

Dalla politica, come ciclicamente accade quando ci sono importanti appuntamenti istituzionali, arriva il rischio di un ritorno a fasi di instabilità. Sarà così anche nei prossimi mesi?

«Questo rischio di instabilità collegato ai prossimi appuntamenti istituzionali non lo percepiamo tra gli associati di Federmeccanica. L’immagine di un governo affidabile e dalla guida solida è riscontrabile anche nelle impressioni che raccogliamo all’estero. C’è molta fiducia nel fatto che questo governo possa gestire bene il passaggio dei fondi del PNRR dall’Europa all’economia reale».

È solo il presidente Mario Draghi il garante del PNRR?

«Nessuno può dubitare che larga parte della fiducia riposta nell’Italia di governare bene le risorse che stanno arrivando sia legata anche all’autorevolezza internazionale di Mario Draghi. Sul PNRR rimangono ancora tuttavia molti punti interrogativi riguardo alle scelte di spesa. Per esempio, sono previsti 1,8 miliardi per gli Its, ed è una ottima notizia per il mondo della scuola e delle imprese. Ma verranno spesi per costruire nuove strutture o in formazione, orientamento e tecnologie?».

Il contributo alla gestione del PNNR deve essere solo della politica?

«Assolutamente no, per esempio è responsabilità anche di Federmeccanica di fare proposte concrete. Nel nostro “Progetto Competere”, presentato in occasione del 50esimo anniversario di Federmeccanica, ci sono molti spunti che riteniamo possano essere utili. Il governo Draghi ha costruito un framework di contesto per calare a terra i fondi europei, nei prossimi mesi verrà la fase delle scelte di dettaglio».

Qual è la vostra posizione sulle misure sanitarie di contenimento al virus? 

«Abbiamo sempre avuto una posizione netta sull’adozione del Green Pass. Iniziamo ad avere percentuali impressionanti di assenze dei lavoratori contagiati dal Covid. Ovviamente ci preoccupiamo prima della salute delle persone ma c’è il rischio di impatti pesantissimi anche sull’operatività delle aziende. Se non si avrà il coraggio di fermare la pandemia con tutti i mezzi possibili ci troveremo nelle prossime settimane con centinaia di fabbriche chiuse».

Siete quindi favorevoli ad un inasprimento del Green Pass?

«Abbiamo visto in prima persona, nelle fabbriche e negli uffici, quanto sia divisivo questo argomento. Si sono create anche tra lavoratori tensioni così forti da compromettere l’organizzazione del lavoro. Siamo favorevoli alle misure di rafforzamento del Green Pass, perché il numero di persone che viene a lavorare con il tampone è ancora troppo alto».

Soprattutto da Nordest si registrano in più comparti problemi di scarsità di lavoratori, non solo di tecnici ma anche di figure generiche. Bisogna cambiare politica sui flussi migratori?

«Il tema è di importanza strategica. In questo preciso momento più che sulle politiche migratorie abbiamo puntato sulla revisione delle politiche attive. C’è una importante collaborazione tra Federmeccanica e Umana per riqualificare le competenze della manodopera generica che viene espulsa dai settori in crisi. Oggettivamente la capacità di matching delle competenze sul mercato del lavoro è maggiore nelle agenzie di selezione private, occorre prenderne atto. E la transizione ecologica aumenterà in modo enorme questa necessità di riconversione dei lavoratori all’interno dei vari comparti produttivi».

In che senso?

«Le decisioni prese dall’Unione Europea nell’ultimo anno e mezzo, in tema di politiche ambientali e di transizione ecologica, sono destinate a sconvolgere interi settori dell’economia. Alcuni prodotti usciranno dal mercato e ne entreranno di nuovi che necessitano di professionalità non ancora presenti a sufficienza».

La dinamica inflattiva porterà ad una stagione di aumenti salariali?

«Il contratto dei metalmeccanici firmato il 5 febbraio scorso ha previsto riconoscimenti importanti valorizzando anche le professionalità. A giugno di ogni anno viene verificata a consuntivo l’inflazione IPCA al netto degli energetici importati dell’anno precedente, e se questa dovesse essere superiore agli incrementi concordati ci sarebbe un adeguamento. Il modello nel nostro CCNL è ben strutturato. Ci sono comunque molti analisti che considerano temporanea questa fiammata inflattiva. Si tratta ad ogni modo di un fenomeno che va monitorato con attenzione».

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