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Facebook, il declino di una stella: il futuro si chiama Twitter, Tumblr, WhatsApp, Viber…

Quanto è effimera la gloria ai tempi dell’economia della conoscenza. Non più tardi di un anno fa la killer application del mercato sembrava Facebook, la regina dei social network in grado di mandare in soffitta le “vecchie” forme di comunicazione, dai motori di ricerca (vedi Google) ai portali, ormai in odore di preistoria (Yahoo!). Ma il campionato dei social network è appena cominciato. Gli onori della cronaca, a fine maggio 2013, sono tutti per Tumblr, la piattaforma di (micro)blogging social acquisita da Yahoo! , una delle Internet company di vecchie, per una cifra astronomica: 1,1 miliardi. Ma Tumblr è la prima, più seria minaccia sull’orizzonte di Facebook. E’ un social network un po’ particolare che  facilita, come la creatura di Mark Zuckerberg,  la pubblicazione di immagini e video e permette di essere aggiornati sulle pubblicazioni degli amici. Ma a differenza di Facebook e Twitter però dà la possibilità di personalizzare moltissimo la propria pagina, aggiungendo e togliendo le funzioni prestabilite dai gestori.

Cresce perciò il timore di un disinnamoramento degli utenti più giovani a scapito di altre nuove applicazioni social . Non solo Tumblr ma anche Twitter, WhatsApp, Viper e così via. A conferma di ciò il Pew Research Center ha recentemente pubblicato un sondaggio in cui conferma tale tendenza: circa il 40% di utenti americani tra i 18 e i 29 anni sostiene che nel corso del 2013 trascorrerà molto meno tempo connesso a Facebook, un trend estremamente preoccupante che colpisce il cuore degli utenti-target di social network.

Wall Street, stavolta, ha anticipato con cinismo e spietato realismo il declino della stella di Facebook: proprio un anno fa, a fine maggio, il fondatore dell’hedge fund Ironfire Capital Eric Jackson si era sbilanciato a prevedere, dai teleschermi di Cnbc, che nel giro di 5-8 anni Facebook passerà dal fare la storia a essere storia. Condannata, cioè, all’irrilevanza di MySpace. Come  Yahoo che, precipitata ad  un decimo  del valore segnato nei giorni di gloria, sembrava ormai spacciata: fino al blit su Tumblr che, probabilmente, indica la strada obbligata sia per Facebook che per altri colossi in difficoltà.

Nel frattempo, le centinaia di migliaia di soci che  versarono capitali per 16 miliardi di dollari si ritrovano una perdita secca di 5,5 miliardi dollari: da 38 a 24 dollari per il titolo, la quinta peggiore perfomance tra i 124 titoli che si sono affacciati sul mercato nell’ultimo anno. La peggiore in assoluto per le Ipo superiori ai 200 milioni di dollari. Un disastro, maturato fin dagli esordi, segnato da disguidi e polemiche. Ma adesso? E’ lecito sperare in una resurrezione?

La maggioranza degli investitori rimangono scettici e continuano a ritenere il titolo overvalued. Di fondo, permane il timore che l’azienda nel breve periodo non riuscirà a riprendersi da quell’immobilismo che l’ha portata, con estremo ritardo, a concentrarsi su piattaforme mobili (smartphones e tablet) con applicazioni ad hoc per quelli che ad oggi sono i sistemi monopolizzanti del mercato: l’Android di Google  e l’iOS di Apple.

L’accusa è quella di essere rimasti per troppo tempo ancorati alla piattaforma desktop perdendo tempo prezioso nei confronti di competitors sempre più agguerriti nell’acquisire market shares nel business del Tech&Social. Il tutto quando gli investimenti pubblicitari si stanno spostando oramai da tempo dai devices “fissi” a quelli portatili.

Lo stesso immobilismo viene riscontrato anche nello sviluppo e nel lancio di innovazioni e nuove tecnologie. A riguardo, si porta a paragone Google che sta sperimentando una nuova serie di concetti che vanno dai tanto discussi Google Glasses, all’auto che si auto-pilota e alle continue implementazioni del software Android. Insomma, Google non vuole essere più solo “il” motore di ricerca e Facebook cosa vuole essere da grande?

Alcune delle prime iniziative intraprese, quali Facebook Home (la ricreazione sulla home del proprio smartphone della propria pagina Facebook), sono stati fallimentari. Ma i conti consentono di nutrire un certo ottimismo:l’impegno che l’azienda ha cominciato a rivolgere al mercato dei mobile, ha fruttato una crescita del 30% delle pubblicità vendute su tali piattaforme (374 milioni di $) rispetto al Q1 2012. A riguardo, EMarketer, primaria compagnia di ricerca e analisi di mercato, stima che nel 2014 la quota di mercato USA di Facebook nella vendita di pubblicità su canali mobile sarà del 13,3%. Da considerare che nel 2011 tale quota era pari a zero. Al contrario, i ricavi per vendite pubblicitarie su piattaforme desktop rimangono flat a 871 milioni di dollari . Di certo non è il risultato prospettato un anno fa e non a caso investitori importanti, quali Accel Partners e Tiger Global HF, continuano a dismettere titoli Facebook.

I segnali che l’azienda deve cominciare a mandare affinché gli investitori tornino a cliccare il famoso “I Like” devono essere di lungo periodo e, questa volta, con solide basi di sviluppo.

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