X

Energia elettrica: sprint delle rinnovabili ma rischi in agguato

Enel GP

L’emergenza Covid ha fatto crollare i consumi elettrici, aumentando di conseguenza la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili. Nell’ottica della decarbonizzazione, questa sarebbe una buona notizia, se non fosse che non è detto che il sistema sia pienamente adeguato a questi cambiamenti. E’ in corso un’accelerazione della trasformazione energetica ma impianti, reti e accumuli potrebbero essere messi sotto stress da imprevisti picchi di consumi estivi, dopo la “dieta” da emergenza-Covid. E poi si pone anche il problema del piano di chiusura delle centrali a carbone entro cinque anni. Di queste questioni si è occupato principalmente l’Irex Annual Report 2020, confezionato come ogni anno da Althesys, think tank del mondo energetico. L’analisi si è concentrata sul mercato italiano, anche se non ha mancato di offrire anche un confronto con le altre realtà europee, per capire a che punto siamo rispetto agli altri Paesi.

Il contesto continentale, sottolinea il Rapporto, è ormai quello di una trasformazione accelerata: le venti maggiori utility europee hanno aumentato del 29% la capacità rinnovabile in un decennio e avviato piani di phase out dal carbone. L’Italia in questo passaggio è in prima linea: il Piano Energia e Clima (PNIEC) prevede di dare l’addio al carbone nel 2025, molto prima della Germania (2038) e della Spagna (2030), mentre la Francia, pur prevedendo un phase out più ravvicinato (2022), è alle prese con la lunga e complessa gestione delle centrali nucleari.

L’Italia – ha commentato Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, a capo del team di ricerca – si pone all’avanguardia nella corsa alla decarbonizzazione del sistema energetico, con un piano di chiusura delle centrali a carbone entro cinque anni, ma restano aperte diverse questioni che il sistema energetico è chiamato ad affrontare. Prima fra tutte quella degli impianti di generazione, delle reti e degli accumuli, per le quali è necessario uno sblocco autorizzativo al fine di accelerare i progetti. Servono segnali di prezzo efficaci per aiutare chi investe in rinnovabili e per rendere flessibile il sistema elettrico“.

Il sistema insomma procede a gonfie vele verso la produzione di energia green, ma già dal 2021 potrebbe registrare criticità nell’adeguatezza di breve periodo, specie in estate, nel caso di picchi consistenti, che non potranno essere garantiti dalle centrali termoelettriche sostenute dal capacity market prima del 2022. Secondo Althesys, nonostante l’emergenza sanitaria abbia mostrato un sistema elettrico affidabile, flessibile al netto della drastica riduzione dei carichi tra marzo, aprile e maggio (il 13 aprile si è toccato il minimo storico a 17 GW), il sistema italiano potrebbe avere un deficit di capacità nel periodo estivo, a fronte di un picco di domanda di 63 GW.

La decarbonizzazione richiede dunque non solo di insistere sulle rinnovabili ma di rafforzare le infrastrutture di rete e sviluppare gli accumuli, sia batterie che pompaggi idroelettrici. Non a caso nei prossimi 20 anni più di un terzo degli investimenti nel settore elettrico in tutta Europa sarà rivolto proprio alle reti, per un ammontare di circa 1.100 miliardi di euro. Ai quali vanno aggiunti gli investimenti sulle rinnovabili termiche del futuro, vale a dire biometano, P2G e idrogeno, che potranno dare un contributo alla decarbonizzazione sia con l’immissione in rete che favorendo la mobilità sostenibile.

L’Italia ha confermato gli obiettivi per le rinnovabili al 30% (elettriche al 55%, termiche al 33,9%). Il PNIEC italiano privilegia il fotovoltaico, con complessità per la sicurezza del sistema e per i segnali di prezzo dati al mercato. Quella solare infatti è una fonte di energia poco programmabile e irregolare a seconda delle stagioni, del meteo e dell’ora del giorno. La conferma della predilezione per l’energia prodotta dal sole è arrivata anche da uno studio del GSE relativo al 2019, dal quale emerge che ogni 10 kWh “verdi”, 2 vengono dal sole. Con 58mila nuovi impianti fotovoltaici installati, per 750 MW di potenza, lo scorso anno l’Italia ha registrato una crescita quasi doppia rispetto ai 400 MW degli anni precedenti, legata anche ad alcune grandi installazioni al Sud. Se si guarda però al numero totale, quasi il 30% di tutti gli impianti si trova al Nord, in Lombardia e Veneto.

E gli altri Paesi? L’Irex Annual Report di Althesys fa qualche accenno. La Spagna ad esempio è più ambiziosa per quota di energia rinnovabili nel mix energetico: il Plan Nacional Integrado de Energía y Clima 2021-2030 prevede la dismissione del carbone nel 2030, il che colloca il Paese iberico tra i primi al mondo, con il suo 42,1% da fonti non programmabili e rinnovabili elettriche all’85%. La Francia punta a ridurre al 44% la quota dei consumi primari coperti dal nucleare, e mira a un contributo delle rinnovabili pari al 33%. Il piano della Germania, consegnato a Bruxelles appena pochi giorni fa, evidenzia invece come il Paese sia partito in ritardo, a causa delle dispute interne sull’abbandono del carbone, che copre tuttora oltre il 30% della capacità. Gli obiettivi per il 2030 prevedono un ricorso alle FER elettriche del 65% e per le rinnovabili termiche del 27%.

Related Post
Categories: Economia e Imprese