Il nuovo lavoro di Emanuele Sacerdote – Nuovo breviario sul pensiero strategico (ed. Il Sole 24 Ore, 2025) -propone valide argomentazioni per riflettere sulla gestione strategica ed esecutiva dell’impresa. Al centro, le capacità di edificare convergenze, di immaginare nuove prospettive e di generare un ragionamento strategico in grado di trasformarsi in azioni più realistiche, futuribili e durevoli.
Emanuele Sacerdote, cosa vuol dire “pensare con le mani”?
“Mi ha ispirato una frase di Martin Heidegger: forse pensare è semplicemente la stessa cosa che costruire un armadio. È comunque un mestiere, un’opera della mano. Quello che ho immaginato è il superamento del fare con le mani per approdare al pensare con le mani. Questa trasformazione raffigura la correlazione tra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale, cioè quella capacità di saper educare e formare le proprie mani, non solo per il lavoro operativo, meccanico e ripetitivo, ma all’operato per il progresso, per l’ecletticità e per la diversificazione. Quindi, i discorsi principali sono la conoscenza, la metaprogettazione, la sperimentazione a tutto campo, la misurazione puntuale, la pianificazione rigorosa e la leale oggettivazione che partono dalla gestione strategica e pervadono la gestione operativa”.
Torniamo al tema centrale del libro: a cosa serve il pensiero strategico in un’organizzazione?
“Proverò a dare una risposta in termini matematici. Il pensiero strategico serve per raggiungere il futuro migliore che si può esprimere addizionando il patrimonio consolidato (storia, identità, situazione esistente complessiva, risultanti pregressi) meno i rischi potenziali di decrescita più le opportunità potenziali di crescita e di sviluppo. Quindi: FUTURO MIGLIORE = (Σ REALTÀ CONSOLIDATA) – (Σ RISCHI POTENZIALI) + (Σ OPPORTUNITÀ POTENZIALI). In questa formula qualitativa risiedono tutti i fondamentali su cui ho costruito il discorso. Cioè la durata, la durabilità e la lungimiranza della strategia. La materia principale su cui dovrebbe concentrarsi il ragionamento strategico è primariamente il futuro, il destino, il lungo periodo, cioè il mutamento dell’opera-impresa nell’avvenire. Questo modo di pensare, che diventa un metodo di lavoro, dovrebbe essere capace di descrivere, di proiettare, di oggettivare e di anticipare il prossimo equilibrio”.
E poi?
“Inoltre, dovrebbe prevedere il cambiamento in azioni di crescita, di miglioramento, di focalizzazione. In definitiva, pensare dovrebbe significare prevedere e precorre l’evoluzione e il progresso e, nei casi estremi, la decrescita. Quindi, l’utilità dovrebbe essere quella di espandere e di anticipare le sensibilità mercantili e imprenditoriali e, poi, fortificare il processo decisionale volto a conoscere più accuratamente, progettare più intensamente e, poi, agire più prontamente”.
Ma come si innestano questi modelli di ragionamento all’interno dell’organizzazione?
“Qui stiamo trattando argomenti che ruotano intorno alle attitudini, alle predisposizioni e ai comportamenti degli esseri umani. Pertanto, il tutto deve partire da una leadership e da una governance lungimirante e intraprendente che considera il futuro tra i temi principali su cui far lavorare l’organizzazione e il gruppo di comando. Il ruolo fondamentale del Ceo e del consiglio di amministrazione consistono nel generare e facilitare il pensiero strategico e nel governare ed eseguire il processo decisionale inerente alla realizzazione degli obiettivi di lungo periodo. Per esempio, il leader dovrebbe avere una mentalità e delle competenze tipo startupper con forti doti ed esperienze consolidate di gestione d’impresa capace di osservare, dibattere, progettare, ideare, programmare, precorrere ed eseguire, ma anche delle virtù da condottiero per poter motivare, incoraggiare e trasportare l’organizzazione verso nuovi traguardi utilizzando abilmente mente, cuore e anima”.
Quindi, il pensiero strategico come potrebbe essere salvifico?
“Mi piace l’idea di rappresentare il pensiero strategico come una fuga in avanti, un nuovo cammino di ragionata consapevolezza, per razionalizzare meglio come progettare, procedere e progredire. In tale senso il pensiero strategico è il padre naturale dell’azione. La finalità non è l’overthinking, bensì rinvigorire e rivitalizzare il processo decisionale e poi l’esecuzione. Quindi, per dirla in un altro modo, generando una coscienza e una saggezza risolutiva superiore. Ho potuto verificare che molte volte domande come dove andiamo? oppure dove progrediamo? possono mettere in difficoltà chi è chiamato a rispondere. Qui, il tema cardinale, è essere pronti a rispondere a queste domande e fare tutto il possibile per raggiungere la destinazione. Ecco, in questo senso, il pensiero strategico potrebbe svolgere un ruolo salvifico. Cioè quando c’è consequenzialità tra il progresso delle idee e il progresso delle azioni. Per trovare questa relazione bisogna rispondere ad altre domande: che cosa manca? che cosa migliorare? che cosa sviluppare? Però, non bisogna mai dimenticare la citazione del Barone von Clausewitz: tutto nella strategia è molto semplice, ma questo non rende facili le cose e, affermando a gran voce che realisticamente quasi tutto appare verosimilmente possibile, l’unica vera verità in merito alla strategia si saprà solo quando si comprenderanno gli effettivi risultati conseguiti. Provare per credere”.
Quali sono le novità di questa seconda edizione?
“Questa nuova edizione presenta una rivisitazione complessiva e l’aggiunta di nuovi contenuti (introduzione, capitolo zero, conclusioni). In particolare nel capitolo sugli strumenti per concepire ho descritto undici Strategic Focus (manovre per generare una spirale espansiva di attacco oppure protettiva di difesa) e la Ceo Agenda (strumento per manifestare il pensiero strategico che dovrebbe prospettare, elencare e dettagliare le priorità delle cose da fare, altresì ispirare e ingaggiare l’organizzazione all’azione). Inoltre, nel capitolo sull’intelligenza strategica riporto i risultati di una ricerca di mercato sulla gestione strategica condotta su un panel di imprenditori che, in buona sostanza, ci dice che c’è bisogno di maggior pensiero strategico in azienda. Infine, ho avuto la fortuna di poter avere la generosa prefazione del professor Luigi Maria Sicca e la frizzante postfazione di Paolo Gallo che colgo l’occasione per ringraziare. In questo momento uno dei temi più caldi del dibattito imprenditoriale è l’Intelligenza artificiale”.
Qual è il rapporto tra pensiero strategico e questo tipo di applicazioni?
“Il ragionamento strategico lo vivo come una peculiare funzione cognitiva e ideativa svolta coscientemente dall’essere umano. Oggi. Non sono sufficientemente esperto e, al momento, faccio difficoltà a immaginare se, in futuro, la macchina potrà sostituire totalmente l’essere umano e progettare e pianificare la strategia. Per quello che vedo le applicazioni di intelligenza artificiali possono coadiuvare, facilitare e velocizzare molti lavori di analisi, di calcolo, di routine. Per elaborare un robusto e vivace pensiero strategico, oltre alla necessaria esperienza pregressa, alle conoscenze specifiche e alle capacità immaginifiche, ci vuole tanta mente, cuore e anima. Anche perché la funzione determinante del pensiero strategico è trasformarsi in processo decisionale che, ineluttabilmente richiede intuito, intenzionalità, coraggio e risolutezza. Ciò detto, nel breve ci sarà un vantaggio che ho chiamato l’esigenza del vero. Per effetto della diffusione delle materie Stem (Science, technology, engineering, mathematics) e dell’intelligenza artificiale nelle imprese aumenterà la fiducia per il dato-vero che, dovrebbe generare una rinnovata mentalità positivista che, potenzialmente, dovrebbe offrire una rappresentazione più oggettiva. Ne conseguirà che i terreni di confronto e di prospettiva saranno la pianificazione, la misurazione e la tassonomia. Detto ciò, rimango in attesa dell’abbattimento dell’ultimo muro per la trascendenza dell’AI, quando sarà capace di andare oltre tutti gli attuali pronostici e di superare l’umano nella creazione di nuove soluzioni mai-viste-prima e nell’immaginazione dell’assente. Per ora, auspico un aumento della produttività e maggior efficacia di alcune funzioni operative”.