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Dazi, Trump: “Forse intesa con l’Europa”. Si tratta per tariffe al 10-15%. Cosa sta succedendo

Imagoeconomica

La Ue continua ad essere “molto bramosa” di negoziare sui dazi: a dirlo, ieri sera, è stata la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, durante il consueto briefing con i giornalisti. Vero è che l’Europa si muove tra l’incudine del 30% minacciato da Donald Trump e la possibilità di un’intesa tra il 10 e il 15%. L’ombra di un’aliquota al 20% continua però a stagliarsi sul tavolo negoziale. Il tycoon ha rilanciato con un’imposta generalizzata per oltre 150 Paesi “più piccoli”, lasciando aperto uno spiraglio anche per Bruxelles seppur a condizioni “molto diverse” dal passato. Ed è proprio su quella formula generica che lo slovacco Maros Sefcovic, commissario Ue per il Commercio, sta tentando di cucire l’intesa a Washington, prima della scadenza fatidica del 1° agosto.

Dazi, Trump e le trattative con l’Ue

Il sentiero resta stretto, ostacolato dai nodi irrisolti su settori strategici per l’Europa – dall’automotive all’agroalimentare – e dalla nuova minaccia della Casa Bianca di stangate anche su farmaci e semiconduttori. Per questo, forte anche della maggiore propensione della Germania ad agire, l’Europa affila le armi studiando un terzo pacchetto di contro-dazi sui servizi – Big Tech, ma non solo – e controlli all’export, da attivare in caso di rottura.

Dazi, la linea Meloni: no a guerra commerciale con gli Usa

La linea dettata da Giorgia Meloni – da settimane al lavoro insieme agli altri leader e a Ursula von der Leyen – dal palco del congresso nazionale della Cisl esorta a compiere ogni sforzo per “scongiurare la guerra commerciale con gli Stati Uniti” che, ha sottolineato, “non avrebbe senso e colpirebbe soprattutto i lavoratori”. Uno scenario che, secondo le stime di Confindustria, qualora l’aliquota dovesse salire fino al 30%, potrebbe costare all’Italia fino a 38 miliardi di euro in esportazioni verso gli Stati Uniti, su un valore complessivo annuo di circa 65 miliardi.

L’Europa, un tempo “brutale”, ora si sta comportando “in modo molto gentile”, ha voluto commentare Trump ai microfoni di Real America’s Voice, continuando ad alimentare le speranze Ue di un accordo.

La partita, si diceva, si gioca ancora sui terreni più delicati di auto, farmaci e agroalimentare. E sul primo fronte – sotto la pressione delle ammiraglie tedesche -, Bruxelles ha messo sul piatto l’ipotesi di ridurre l’attuale dazio del 10% sulle auto americane in cambio di un impegno chiaro dell’amministrazione statunitense a non superare la soglia del 20% sulle esportazioni europee, scendendo dall’attuale 25%.

S&P: il parere degli analisti

“I dazi dell’Ue sui beni statunitensi avrebbero un impatto modesto sull’inflazione europea – probabilmente solo di pochi decimi di punto percentuale – e difficilmente influenzerebbero in modo significativo l’attività economica complessiva”. Lo afferma in una nota Sylvain Broyer, Chief Economist per l’area Emea di S&P Global Ratings. “Il rischio maggiore – afferma Broyer – potrebbe derivare da interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Dove l’Europa potrebbe davvero risentirne è nei servizi: l’Ue dipende fortemente dai servizi statunitensi, in particolare nei settori della tecnologia, dei pagamenti e della consulenza”.

Dazi su import cinese di grafite? È l’elemento chiave delle batterie

Intanto, il Dipartimento del commercio Usa si avvia a imporre dazi del 93,5% sulle importazioni cinesi di grafite, elemento chiave delle batterie. Lo riporta l’agenzia Bloomberg, secondo la quale la decisione finale è attesa entro il 5 dicembre. I dazi si andrebbero ad aggiungere a quelli esistenti, portando la tariffa effettiva al 160 per cento.

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