La passione politica non va mai in vacanza. È così anche per Luigi Zanda, già autorevole parlamentare della Margherita e del Pd per quattro legislature e poi Presidente dei senatori del Pd dopo aver lavorato con il Presidente Francesco Cossiga al Viminale e a Palazzo Chigi. Lo incontriamo casualmente a San Candido mentre passeggia lungo la Drava, il fiume che nasce in Val Pusteria e che sbocca nel Danubio. Fargli domande è un po’ impertinente ma un giornalista ha il dovere di provarci sempre. Zanda inizialmente cerca di resistere ma poi la sua naturale cortesia e la sua passione politica lo convincono a rispondere a FIRSTonline con osservazioni mai banali e di grande indipendenza intellettuale e politica. Ecco il risultato della conversazione.
Di fronte alla rovinosa capitolazione della Ue a Trump sui dazi e sugli impegni extra-tariffari, c’è un coro di proteste in tutta Europa contro Ursula von der Leyen, ma tutti sanno che la linea della Presidente della Ue è stata fortemente influenzata da Germania e Italia: quando i dazi – e non solo – cominceranno a mordere sull’economia italiana pensa che la protesta investirà anche la premier Giorgia Meloni?
“Si possono fare due considerazioni, una di forma e l’altra di merito. Sotto il profilo formale la Presidente von der Leyen ha sbagliato perché gli incontri internazionali tra Capi di Stato e di governo hanno bisogno di forma e di protocollo e non sono gite domenicali fuori porta a casa di amici: accettando come sede dell’incontro il resort scozzese di Trump, Ursula ha umiliato la Ue. Sulla sostanza dell’accordo va ricordato che il rialzo dei dazi e l’impegno della Ue ad acquistare gas e armi dagli americani erano noti da settimane e che tutti capi di Stato e di governo e le forze economiche dell’Europa invitavano von der Leyen a non irritare Trump e ad evitare una guerra commerciale, salvo darle addosso una volta definita l’intesa. Un bel caso di ipocrisia europea, non degna di un’Unione che aspira all’unità politica”.
Secondo lei, quali saranno i reali effetti dell’accordo Usa-Ue?
“L’accordo produrrà effetti negativi sull’inflazione, sull’occupazione e sulla produzione innanzitutto in Europa ma anche negli Usa. Se nascerà una crisi economica, sia Trump che tutti i governi europei, compreso quello di Giorgia Meloni, ne pagheranno il prezzo politico”.
Crede che in autunno si arriverà alla resa dei conti nell’Unione europea che potrebbe portare alla sostituzione di von der Leyen: in quel caso l’Italia come dovrebbe comportarsi?
“Sfiduciare la Commissione europea e la Presidente von der Leyen avrebbe conseguenze politiche molto serie. Non credo che l’Europa sia in grado di assorbire un cambio di maggioranza e di Commissione con la disinvoltura con cui in Italia si cambiavano i governi nella Prima Repubblica”.
Nel frattempo è scoppiato il caso Almasri: come andrà a finire? Al di là degli aspetti giudiziari, quali sono le responsabilità politiche della premier Meloni?
“Non ho capito se nel trattare il caso Almasri il Governo lo abbia sottovalutato o se ci sia stato un problema di inesperienza e dilettantismo. La vicenda Almasri è un caso di scuola per la dichiarazione del segreto di Stato”.
Al di là del caso Almasri e degli effetti sull’accordo sui dazi, da fine settembre cominceranno gli stress test delle elezioni regionali: la segretaria del Pd, Elly Schlein, pensa che, in caso di successo nella maggior parte delle 7 Regioni chiamate al voto, ci sarà un effetto di trascinamento nelle elezioni politiche. È una ipotesi realistica o un’illusione?
“Le elezioni regionali sono elezioni politiche a tutti gli effetti e avranno conseguenze rilevanti in ognuna delle sette Regioni chiamate al voto. Ma le elezioni politiche del 2027 saranno tutt’altra cosa. Penso che in quell’occasione l’astensionismo si fermerà e che anzi gli italiani che andranno a votare saranno numerosi perché sanno che in gioco c’è molto del loro futuro. Una forte affluenza al voto cambierebbe radicalmente la prospettiva e gli attuali sondaggi perderebbero valore. Nelle elezioni del 2027 avremo molte sorprese politiche”.
Ammesso e non concesso che si trovi un accordo elettorale tra Pd e M5S per le elezioni politiche, il consenso delle due principali forze dell’opposizione + Avs resta tuttavia molto lontano dal 51%: la tenda riformista può aiutare a colmare il gap ma su che basi politiche e programmatiche?
“Il centrodestra ha trovato la sua stabilità con la leadership indiscussa di Giorgia Meloni e con un partito (Fratelli d’Italia) che da solo ha più della somma dei voti dei suoi due alleati. Per il Pd le cose sono invece più complicate. Se la segretaria del Pd riflettesse sulla storia del centrosinistra, non dovrebbe accontentarsi di meno del 30% di consensi elettorali. Però per Elly Schlein la storia del Pd comincia il giorno della sua elezione e sembra che lei rifiuti tutto ciò che è venuto prima. Non l’ho mai sentita riflettere sui 70 anni della storia delle forze politiche del centrosinistra della nostra Repubblica. La crisi dello schieramento progressista italiano merita una maggiore attenzione”.
In che senso?
“Non si può ignorare che nella storia del centrosinistra ci sono personaggi come De Gasperi e Gramsci, come Moro e Berlinguer e anche come La Malfa, Saragat e Nenni. Queste personalità vengono spesso ricordate e celebrate ma il loro pensiero politico viene raramente studiato. Non avere considerazione per la propria storia significa rassegnarsi e non avere cultura politica”.
E così la costruzione di un’alternativa di governo al centrodestra si allontana…
“Il centrosinistra italiano consuma tutte le sue energie nella ricerca di alleanze puramente tattiche. Tenere insieme coalizioni di partiti molto diversi è difficile e su questo il centrodestra ha un vantaggio perché la sua alleanza viene da lontano e dall’esperienza di Silvio Berlusconi. Al contrario, il rapporto tra Pd e Cinque Stelle è fortemente disomogeneo perché il Pd ha il doppio dei voti ma è Conte che detta la linea: in questo modo l’alleanza tra Pd e M5S ha per forza di cose un valore puramente elettorale e non politico. A Schlein piacerebbe un’alleanza stabile, ma Conte la rifiuta riservandosi il diritto di decidere volta a volta cosa fare sulla base dei suoi interessi”.
Ma a chi spetta la guida del centrosinistra e chi sarà il candidato alla premiership?
“Finora Elly Schlein non ha dimostrato di possedere cultura di governo. Giuseppe Conte ha cambiato tante volte la sua posizione politica da sembrare una banderuola tattica e risultare inaffidabile. Oggi né Schlein né Conte mi sembrano in grado di rappresentare tutto lo schieramento di centrosinistra perché ognuno dei due gioca solo la sua partita. Sembra che Schlein e Conte non abbiano radici politiche e nascano da zero e questo è un grosso problema per l’Italia. In sostanza il problema della leadership del centrosinistra resta per ora aperto e non si risolve con ragionamenti astratti ma sul campo, perché la politica è fatta di confronto di idee, di dibattito, di scontro e – come diceva Rino Formica – di “sangue e merda”. Il Pd non riunisce la sua direzione dal 17 febbraio nonostante la sconfitta nei referendum, le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente e gli effetti della presidenza Trump e dei dazi. Ma se un partito discute solo di tattiche elettorali e non dibatte i grandi temi politici, a partire dalle questioni internazionali, come si può pensare che possano nascere nuovi leader? Per non parlare dei Cinque Stelle che Conte ha totalmente normalizzato imponendo una gestione leaderistica nella quale manca qualsiasi personalità che possa minimamente fargli ombra dopo la scomparsa di Casaleggio e l’eliminazione politica di Grillo”.
La premier Meloni sembra intenzionata a cambiare la legge elettorale con un sistema parzialmente proporzionale in un impianto maggioritario che prevede un sostanzioso premio per lo schieramento che vince: è realistico che si raggiunga un obiettivo legislativo del genere e che effetti potrebbe avere sul gioco politico?
“Finora le modifiche alle leggi elettorali hanno sempre prodotto sconfitte della forza politica che le ha volute: così è andata per Berlusconi che ha perso le elezioni con il Porcellum e così è andata per Renzi con il suo Rosatellum. Se fossi Giorgia Meloni starei molto attenta a quello che fa. Quanto al premio di maggioranza ipotizzato per la coalizione elettorale vincente o il premio è ragionevole oppure la Corte costituzionale lo boccia”.
Tutti cominciano a capire che le elezioni politiche del 2027 avranno una doppia valenza perché la composizione del nuovo Parlamento deciderà chi deve governare ma anche chi sarà il nuovo Presidente della Repubblica nel 2029 e la destra spera di conquistare per la prima volta il Quirinale forse con una donna come Giorgia Meloni. Lei che ne pensa?
“Intanto non sappiamo quale maggioranza ci sarà nel 2029 perché il centrosinistra potrebbe vincere le elezioni del 2027. Se ragioniamo sulla base dell’attuale maggioranza, non è detto che l’alleanza di potere per governare possa reggere quando si tratta di eleggere il Presidente della Repubblica e di consegnare per 7 anni le chiavi del Quirinale a personalità come Giorgia Meloni o Ignazio La Russa. Non per niente nella storia della Repubblica italiana non è mai stato eletto Presidente un leader di partito. E poi ci sono i franchi tiratori che non sono mai mancati e che ci saranno anche nel 2029 per scombinare tutti pronostici e tutti i piani dei partiti”.