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Crik Crok in crisi: la storica azienda delle patatine rischia il fallimento

Imagoeconomica

Lo stabilimento Crik Crok di Pomezia, cuore storico dello storico marchio delle patatine “O fanno Crik o fanno Crok“, è sull’orlo della chiusura. A quasi 75 anni dalla nascita dell’azienda, le linee produttive sono quasi ferme, le giornate di lavoro si sono drasticamente ridotte e la cassa integrazione straordinaria promessa ai dipendenti non è mai stata erogata. Nel silenzio dei macchinari, a restare è la preoccupazione di oltre 90 lavoratori e delle loro famiglie, ormai privi di reddito da mesi.

La richiesta di un nuovo concordato preventivo, la seconda in meno di dieci anni, presentata al Tribunale di Velletri, rappresenta l’ultima speranza per evitare la chiusura definitiva. Ma senza misure tempestive e interventi concreti, Crik Crok rischia di seguire il destino di molte altre eccellenze italiane travolte da crisi finanziarie non risolte.

La denuncia dei sindacati: “Una crisi umana prima ancora che industriale”

La situazione a Pomezia non è più sostenibile e i sindacati hanno Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil lanciano l’allarme. Le famiglie coinvolte sono allo stremo e i lavoratori, molti dei quali ancora in servizi, non hanno ricevuto né stipendi né ammortizzatori sociali. Le organizzazioni parlano apertamente di emergenza sociale e chiedono un’inversione di rotta. “Non si tratta più soltanto di salvare posti di lavoro ma di impedire la scomparsa di una realtà produttiva con un forte valore industriale e sociale per il territorio” spiegano i sindacati. La richiesta è semplice: pagamento immediato della Cigs (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) da parte dell’Inps, riconoscimento delle spettanze arretrate e un piano industriale credibile. In assenza di risposte concrete, anche il simbolico sacchetto rosso rischia di scomparire definitivamente dagli scaffali.

Un rilancio mai decollato

Nel dicembre 2023, un nuovo piano industriale era stato presentato con toni trionfalistici alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e della sindaca di Pomezia Veronica Felici. Si parlava di mercati esteri, innovazione e valorizzazione del made in Italy. Ma la realtà ha presto smentito gli annunci tra ostacoli finanziari, mancanza di investimenti e gestione incerta e, così, il rilancio si è arenato.

L’attuale presidente, Francesca Ossani, ha così depositato una nuova istanza di concordato, con l’obiettivo di trovare un investitore capace di garantire la continuità produttiva. Secondo indiscrezioni, ci sarebbe l’interesse di un gruppo alimentare italiano, ma nessuna trattativa concreta è stata ufficializzata. E il tempo stringe.

Un marchio simbolo del made in Italy

Crik Crok non è solo un nome commerciale, ma un pezzo di cultura pop italiana. Lo spot degli anni ’80 in cui si chieveva “Crik o Crok?” è rimasto nell’immaginario collettivo, così come i suoi prodotti iconici, presenti per decenni in ogni festa di compleanno e pomeriggio al cinema.

Fondata nel 1949 da Carlo Finestauri con il nome Ica Foods, l’azienda fu tra le prime in Italia a produrre chips ispirandosi al modello americano, introdotto dai militari statunitensi sbarcati ad Anzio. Lo stabilimento di Pomezia, sulla via Pontina, ha rappresentato a lungo un esempio di filiera integrata dalla lavorazione delle patate alla distribuzione del prodotto finito.

Negli anni ’80 e ’90, Crik Crok dominava il mercato con snack diventati cult, come le Puff e le patatine a forma di cuore. Dopo una parentesi sotto la multinazionale United Biscuits, tornò alla famiglia fondatrice. Ma già dagli anni 2000 iniziò il declino, complice il calo dei consumi e la crisi della distribuzione tradizionale.

Nel 2015 venne avviata una prima procedura di concordato. Tre anni dopo, il ramo d’azienda fu rilevato da Francesca Ossani, imprenditrice attiva anche nel settore alberghiero, con l’obiettivo di rilanciare lo storico marchio.

Innovazione premiata, ma non sufficiente

Negli ultimi anni Crik Crok ha puntato sull’innovazione per rilanciarsi, introducendo prodotti senza glutine, gusti esotici come lime, zenzero o cream & onion e confezioni moderne in tubi di cartone. Tra le novità più apprezzate, le patatine “fatte a mano” all’aceto balsamico, premiate nel 2022 come eccellenza del made in Italy. L’azienda era presente in 25 mercati esteri e contava oltre 150 dipendenti, ma il tentativo di rinnovamento non è bastato. L’intensificarsi della concorrenza internazionale, l’aumento dei costi e una governance discontinua hanno progressivamente eroso margini e competitività. La mancanza di un partner industriale e gli squilibri finanziari accumulati negli anni hanno portato la crisi a un punto di non ritorno.

Crik Crok e un destino ancora incerto

La palla ora passa al Tribunale di Velletri, chiamato a decidere sull’ammissibilità del concordato preventivo. L’approvazione potrebbe aprire uno spiraglio, consentendo l’ingresso di nuovi capitali e il salvataggio dello stabilimento. Ma senza garanzie occupazionali e senza interventi immediati, lo scenario peggiore resta possibile.

Solo un via libera al piano, accompagnato da un progetto industriale credibile, potrà offrire una chance di continuità. In caso contrario, Crik Crok, simbolo del made in Italy alimentare e di un’Italia popolare e produttiva, rischia di finire in archivio. E con lei, un pezzo di storia italiana.

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Categories: Economia e Imprese