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Covid, Cina ancora nella morsa del virus e smette di pubblicare i dati: cosa succede nel gigante asiatico

FIRSTonline

È boom di contagi in Cina dopo la revoca delle misure straordinarie decisa dal regime di Pechino: nei primi 20 giorni di dicembre risultano contagiate circa 248 milioni persone, pari al 18% della popolazione, contro le 60mila segnalate dai dati ufficiali. A riferirlo è il Financial Times, che descrive ospedali quasi al collasso, le unità di terapia intensiva con pochi posti letto disponibili nonché obitori sopraffatti. Però, intanto, i decessi sono spariti dai report sanitari.

Questa preoccupante escalation si sarebbe verificata come conseguenza della fine della strategia “Covid zero” che prevedeva rigidissimi lockdown e test di massa su tutta la popolazione a ogni piccolo focolaio, ma abbandonata dal Governo dopo le proteste in tutto il Paese esasperato per i quasi tre anni di lockdown esteso e che ha colpito a più riprese diverse città cinesi.

La mancanza di informazioni pubbliche, riferisce sempre il giornale britannico, ha portato istituzioni, tra cui l’Oms, a richiedere una maggiore trasparenza nella comunicazione dei dati, sia sui contagi che sui morti. Tuttavia, nel giorno di Natale, il governo cinese ha annunciato che avrebbe smesso del tutto a pubblicare il numero di casi giornalieri nel paese. Negli ultimi giorni aveva già smesso di includere gli asintomatici nel computo totale dei contagiati.

Ma perché la Cina non riesce a gestire il Covid?

Nel Paese in cui tutto ha avuto inizio, sembrano essere calate di nuovo le tenebre in una fase in cui le nazioni occidentali iniziano a rivedere la luce. Ma perché? Ciò che sta accadendo in Cina in realtà ci dimostra che, al contrario di quanto si crede, i lockdown servono, i vaccini sono fondamentali e che il Covid non è affatto diventato “innocuo”. La Cina ha avuto oltre due anni per prepararsi a questo momento e ha avuto esempi da tutto il mondo, eppure è riuscita a farsi trovare impreparata. Senza una rapida espansione della campagna vaccinale, secondo gli esperti, la Cina potrebbe fronteggiare un milione di morti entro la fine del 2023.

I problemi principali riguardano l’insufficienza delle terapie intensive, la carenza dell’assistenza medica fuori dalle grandi città, e soprattutto il basso livello di immunizzazione. Mentre il 90% della sua popolazione è stata completamente vaccinata, meno della metà degli over 80 – gli individui più fragili- ha ricevuto la terza dose.

Un altro grande problema riguarda la strategia vaccinale adottata fin qui dalla Cina, che ha privilegiato soprattutto le persone tra i 18 e i 59 anni, quelle che potevano lavorare. Ora però stanno morendo moltissimi anziani che non si erano vaccinati. Inoltre, i vaccini a disposizione in Cina sono meno efficaci di quelli a mRNA usati in Europa e negli Stati Uniti, e ora diversi esperti sostengono che anche la Cina farebbe bene a procurarsene invece di continuare a dire all’Occidente “no grazie”.

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