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Corte dei Conti: peso fiscale verso il 45% del Pil, imprese e contribuenti

Fisco, la Corte dei Conti non ha dubbi: le manovre di aggiustamento finanziario, ma anche l’elevata evasione, conducono verso una peso superiore al 45% del Pil. Penalizzati lavoro e le imprese, su cui grava un carico tributario superiore di 50 mld alla media europea, ma anche i contribuenti fedeli. E’ il panorama che delinea il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, sentito dalla commissione Bilancio della camera sulle prospettive di crescita per il 2012.

“Le ripetute manovre di aggiustamento finanzaio condotte nel 2011 hanno operato soprattutto sul lato della pressione fiscale, piuttosto che, come sarebbe stato desiderabile, dal lato della riduzione della spesa. Il risultato è che ci avviamo verso una pressione superiore al 45% del Pil, un livello che ha pochi confronti nel mondo, rileva Giampaolino. Che non manca di sottolineare come ”diversamente da quanto si registra nel resto d’Europa, la distribuzione del carico tributario penalizza il lavoro e le imprese, su cui grava un carico tributario superiore di 50 miliardi alla media europea’“.

EVASIONE – E certo il fenomeno dell’evasione fiscale non aiuta ad alleggerire questo carico. Perché se da un lato negli ultimi cinque anni i risultati dalla lotta all’evasione fiscale ammontano a 73 miliardi di euro con un’incidenza del 35,5% sul totale delle maggiori entrate complessive nette, dall’altro però “l’ampiezza delle dimensioni del fenomeno e la gravità delle distorsioni indotte dall’evasione rendono necessario ricercare ulteriori interventi necessari per un effettivo e duraturo miglioramento della tax compliance”. Non solo: se si aggiunge che le stime più accreditate ipotizzano un livello dell’evasione fiscale dell’ordine del 10-12% del prodotto, ne consegue – rileva Giampaolino – che il nostro sistema è disegnato in modo tale da far gravare un carico tributario sui contribuenti fedeli sicuramente eccessivo“. La redistribuzione del carico fiscale inoltre ”è legata oltre che alla seconda fase della già prevista manovra sulle aliquote Iva, soprattutto alla riduzione della spesa, sia di erogazione che fiscale”. Per il presidente della Corte dei Conti, si rendono dunque necessari interventi volti all’emersione delle basi imponibili, ”come il controllo telematico dei corrispettivi”, oltre ”all’ampliamento dell’onere del pagamento tracciato quale requisito dell’ammissibilità fiscale della spesa” oltre, ”all’evoluzione dell’impegno dell’amministrazione finanziaria – oggi essenzialmente focalizzato sul controllo repressivo successivo all’adempimento – verso un ruolo persuasivo e proattivo già nella fase della dichiarazione”.

CRESCITA – Che fare? Per il presidente della Corte dei conti “una volta attenuatesi le condizioni di emergenza, per poter aprire lo spazio a una riduzione della pressione fiscale che aiuti il rilancio dell’economia ma non comprometta il riequilibrio di bilancio, è necessario lavorare con tenacia e determinazione alla riduzione della spesa. Salvaguardando, per quanto possibile, quella sua parte che ha efftti benefici sulla propensione alla crescita del nostro sistema”. Ciò chiama in primo luogo in causa, spiega il presidente, la spesa d’investimento che, “al contrario di quanto sarebbe stato necessario, si è rivelata la parte di spesa più sacrificata negli ultimi anni”. “L’aumento di 1 punto della crescita del Pil stimato dalla Banca d’Italia con il calo dello spread a 200 punti – ricorda Giampaolino – da solo sarebbe sufficiente a determinare entrate fiscali aggiuntive di importo pari a quelle attese dal previsto innalzamento di due punti dell’aliquota Iva ordinaria; risorse equivalenti a quelle necessarie per aumentare di circa un quarto la spesa per investimenti fissi delle amministrazioni pubbliche”. E per la Corte dei Conti “strategico è il rilancio degli investimenti pubblici”, nonostante le manovre ”gli interventi effettuati sono ancora limitati”. Altra componente particolarmente rilevante, ai fini della promozione della crescita economica, è quella destinata alla “formazione del capitale umano”.

CONTI PUBBLICI – Secondo la magistratura contabile si può calcolare che “con un tasso di crescita medio reale della nostra economica dell’1% all’anno, nei prossimi 20 anni, il pareggio di bilancio comporterebbe di per sè il rispetto di quel vincolo e condurrebbe alla fine di quel periodo a un rapporto tra il debito e il Pil del 65% circa“. Ma “anche in condizioni di pareggio di bilancio e per quanto il risanamento faccia flettere lo spread ancora a lungo avremo a che fare con elevati oneri per interessi del debito”, rileva Giampaolino segnalando la necessità ”di non rinunciare a ridurre lo stock attraverso la cessione di quelle parti del patrimonio non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali e non oggetto di tutele artistiche o simili’‘. Quanto al debito pregresso della pubblica amministrazione ”le stime diffuse tendono a fornire una dimensione dilatata, e comunque imprecisa, dei crediti commerciali delle imprese”, sottolinea il presidente della Corte dei Conti. ”Occorre sottoporre i dati di bilancio e patrimoniali delle amministrazioni pubbliche ad attente verifiche”. E soffermandosi sulla ricostruzione dei debiti pregressi dello Stato nel complesso, l’ha stimati in una cifra non superiore ai 17 miliardi.

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