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Bpm, vigilia di fuoco e caccia all’ultimo voto per l’assemblea di sabato: testa a testa Bonomi-Arpe

Il voto si avvicina, i contendenti fanno un ultimo sforzo in vista del meeting/assemblea di sabato per cui sono già stati richiesti 11.000 biglietti per votare. Sabato alla Fiera di Rho saranno più di 6.000 i soci di Bpm che si affronteranno per l’approvazione del nuovo statuto e, soprattutto, sulle nomine. Ciascuno di loro potrà avere in tasca fino a tre deleghe per il voto sullo statuto, mentre non è chiaro se per le nomine varrà la regola dei tre voti oppure se sarà già in vigore la nuova governance che ne prevede cinque. Dettaglio di non poco conto, visto che con le nuove regole gli investitori istituzionali potrebbero avere un peso ben maggiore. Il chiarimento da parte di Banca d’Italia arriverà prima di sabato mattina.

Anche questo spiega l’incertezza del duello e i toni aspri della contesa. Ieri la lista Fabi e Fiba Cisl che sostiene la candidatura di Marcelo Messori (assente per una breve trasferta romana) ha fatto tappa a Monza, oggi sarà a Gallarate. La lista appoggiata da Matteo Arpe, che sembra in lieve vantaggio sui nemici, cioè gli Amici di Bpm, ha fatto anche il suo esordio su You Tube.

Più tradizionale, la lista degli Amici, ha mobilitato la folla delle grandi occasioni (almeno 5-600 dipendenti) nella sala milanese del centro Servizi. Sul palco il direttore generale Enzo Chiesa, schierato con la candatura a presidente di Filippo Annunziata. E l’invitato Andrea Bonomi , in corsa con una propria lista per il consiglio di sorveglianza. Bonomi, che ha chiesto ad una socetà specializzata, Sodali, di trovare almeno cento soci o fondi di investimento che votino la sua lista (non potrà far valere il 2,6% appena acquistato) ha esordito dicendo che” per la Popolare Milano è necessaria una svolta che, però, deve venire venga dall’interno”.

Poi ha sfoderato un’insospettabile vena risorgimentale. “C’è una chiara guerra di indipendenza -ha sillabato Bonomi davanti ai dipendenti – C’è un attacco ben pensato e organizzato che viene da lontano contro la vostra banca”. Ma non è mancato un tocco di padanità. “Un approccio esterno, con tutto il rispetto per i romani, non è quello giusto” ha aggiunto prima di concludere dicendo che “ci siamo resi disponibili per essere nel consiglio di gestione e garantire una svolta”.

Nella stessa riunione il direttore generale Enzo Chiesa ha sostenuto che “Popolare Milano sta lavorando per il rilancio della banca e ce la può fare con le proprie forze senza il bisogno di qualcuno che viene dell’esterno”. Tanto più che “la bacchetta magica non ce l’ha nessuno”, compreso Matteo Arpe. Rivolgendosi a una platea di circa 500 dipendenti Chiesa, riferendosi alla mole non indifferente di problemi emersi dalle contestazioni di Banca d’Italia, Consob e magistratura oltre ai risultati non brillantissimi ha detto che “Casa nostra è trasparente, c’è un po’ di disordine e questo non lo neghiamo. Chiunque può guardare dall’esterno e c’è qualcuno che bussa sul vetro e pretende di mettere a posto”. Ma attenzione “La gente che viene a mettere le mani in casa mia mi dà fastidio. Ce la mettiamo a posto da soli”.

Non è mancata, infine, una nota di rammarico per il nuovo statuto così come è stato riformato da via Nazionale: la nuova governance duale è un sistema “estremo che non ha nessuno in Italia” con un consiglio di sorveglianza privo di sostanziali poteri e ridotto a un collegio sindacale e un consiglio di gestione “che fa tutto quello che faceva il Cda e di più”.

In vista dell’assemblea di sabato, insomma, la battaglia Bpm continua. Tra gli altri temi non va trascurato nemmeno il possibile impatto delle indagini della Procura sul convertendo. L’ipotesi estrema potrebbe portare alla mancata conversione attesa per fine anno del prestito per cui è previsto un prezzo di conversione, pur ridotto a 2,71 euro da 6 euro, largamente superiore ai valori di mercato. e conversione anticipata al 2011. In questo caso il core tier1 ratio, dal 7% atteso (soglia alla quale si arriva dopo l’aumento di capitale da 800 milioni di euro, la conversione del convertibile ed il rimborso di 500 milioni di euro di Tremonti bond), si collocherebbe al 6,3%, largamente al di sotto di quanto previsto dalle regole che stanno emergendo in sede comunitaria

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