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Bozotti: Stm dimostra che l’Italia sa innovare anche se dobbiamo fare i conti con la crisi Nokia

Martedì 7 giugno, tra gli ospiti d’onore all’evento dell’anno del “gaming”, cioè la presentazione a Los Angeles della nuova console Wii2 di Nintendo, non poteva mancare Benedetto Vigna, il vice president di Stm che a suo tempo ebbe per primo l’idea che le Mems (acronimo che sta per Micro Electro-Mechanical System) potevano costituire l’anima di un mouse ipersensibile, in grado di rivoluzionare il mondo dei giochi. Da quell’intuizione è nata una leadership, con una quota di mercato del 20 per cento a livello mondiale (300 milioni di dollari su 1,6 miliardi) nell’elettronica di consumo ma anche in tante altre applicazioni, a partire dall’industria della salute. A tassi di crescita geometrici, se si pensa che tra il 2009 ed il 2010 l’incremento è stato del 63 per cento.

Carlo Bozotti, presidente e ceo, ha sposato appieno questa rivoluzione: di qui a fine 2011 la produzione di Mems salirà a 3 milioni di pezzi al giorno. E, fatto insolito di questi tempi, la maggior parte degli investimenti e delle assunzioni sarà concentrata nei due stabilimenti italiani, Agrate Brianza e Catania. “Finché ci riusciamo, cerchiamo di tenerci le competenze tecnologiche in casa – spiega il numero uno del gruppo – In Italia, dal punto d vista del costo del lavoro, ce la giochiamo alla pari con i paesi occidentali, Francia o Usa ad esempio. Certo, la Cina è un’altra cosa”. Ma quando si parla di tecnologia (500 milioni di investimenti di R&D in Italia tra il 2010 ed il 2011) il costo del lavoro ha un valore relativo. “ In Italia c’è una forte capacità di innovare. Per me innovare vuol dire creare valore, il che richiede determinazione e rapidità d’esecuzione. Quel che io vedo nel team di Benedetto Vigna”.

Una visione che si è concretizzata, nel 2006, con la capacità di sviluppare, primi al modo, linee di produzione Mems sulle fette di silicio di 8 pollici, prima che gli altri intuissero le potenzialità di un componente essenziale per l’iPad piuttosto che per la prossima piattaforma di Sony o, magari, per la diagnostica a distanza. Bozotti ha illustrato questa strategia agli analisti finanziari radunati a New York per l’investor’s day del 19 maggio. Da allora il titolo Stm ha subito una brusca frenata (-13,3% nell’ultimo mese) dovuta alle avvisaglie della crisi globale e, più ancora, alle difficoltà di Nokia, tradizionale grande cliente del gruppo. Ma proprio la congiuntura conferma la necessità di accelerare la ristrutturazione del gruppo.

“Quello delle Mems è un buon esempio per capire la rapidità e la profondità del cambiamento del nostro portafoglio – spiega Bozotti – In questi anni, altro esempio, è assai cresciuta la nostra presenza nei sistemi di potenza, vuoi per l’illuminazione che per l’auto”. “Oggi – continua – il mercato dei semiconduttori vale circa 800 miliardi di dollari. Le nostre attività, però, coprono solo il 60 % di quelle del settore, in parte perché siamo usciti da attività con prospettive modeste”. E qual è la posizione in classifica? “Nei settori in cui operiamo – risponde – siamo tra i primi tre, con l’obiettivo di coprire tra il 15 e il 16 per cento del mercato”. Si fa presto, insomma, a dire semiconduttori. In realtà ci sono mercati che crescono a due cifre, a partire dall’auto: dove l’elettronica, a mano a mano che cresce la richiesta di vetture più sicure e a consumi più ridotti rispetto a quella di prestazioni più brillanti, ruba spazio alla meccanica. Ma ci sono anche le grandi delusioni. Nella stagione della new economy, al giro di boa del nuovo millennio, le fortune di Stm crescevano assieme al boom di Nokia.

Oggi, la crisi profonda di Nokia si abbatte come un boomerang sulla stessa Stm che fino a non molto tempo fa realizzava con il gruppo finlandese l’11 per cento del fatturato. “Dal primo trimestre Nokia non è più il cliente principale di Stm” precisa Bozotti. Ma non è certo un mistero che l’area debole della società sta nella joint venture St-Ericsson di cui controlla il 50 per cento più un’azione: la joint venture, capitanata da Gilles Delfassy, deve fare i conti con la crisi di due clienti leader (oltre a Nokia, la stessa Ericsson), aggravata dall’abbandono da parte di Nokia della tecnologia Symbian e dall’adozione di Windows Phone. “St-Ericsson deve fronteggiare numerose sfide – ammette – Per raggiungere l’obiettivo del pareggio. Nella seconda metà del 2012 sarà necessario che le vendite crescano da 2,3 miliardi di dollari a 3 miliardi. E’ possibile, vista la nuova generazione di prodotti in arrivo dal terzo trimestre”. Ma la strada, per ora, è tutta in salita.

E Bozotti non si fa illusioni: l’ampia forbice nelle previsioni del Rona (return on net assets), calcolata tra il 16 e il 22 per cento, si spiega proprio con l’incertezza sulla velocità di recupero di St-Ericsson, decisa a recuperare il terreno perduto sulle piattaforme smarphone e tablets. St-Ericsson non è l’unico capitolo critico sulla strada della joint venture. Pesa, al solito, l’incertezza sul fronte dei cambi perché, ai valori attuali, la stima di 1,35 dollari per un euro appare ottimistica per una società che ha il 40 per cento dei costi, ma solo il 13 per cento dei ricavi espresso nella moneta unica.

Poi c’è l’incognita Giappone: il terremoto ha complicato i piani dell’intero settore, Stm compresa anche se la società non ha siti produttivi nella terra del Sol Levante. “Ma lì abbiamo tanti clienti – precisa Bozotti – Anche se, nel medio termine, la congiuntura potrebbe rivelasi anche un’opportunità per crescere. In Cina soprattutto”. Già, la Cina è la grande occasione: “L’obiettivo del governo è di completare il passaggio alla tv digitale entro il 2015. Ma oggi solo 100 milioni di apparecchi su 400 milioni sono digitali”. Anche nell’auto, lo sviluppo guarda ad Oriente: “i modelli occidentali di alta gamma in India e Cina sono ricchi di contenuti elettronici”. E presto seguiranno i produttori locali. Insomma, le occasioni per crescere, dall’auto ibrida ai sensori intelligenti per l’energia fino a console iperrealistiche al servizio dei social networks non mancano di sicuro. Anche se, quando Nokia cresceva più di Apple, tutto era molto più facile.

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