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Borse chiusura 16 luglio: la trattativa Ue-Usa e la minaccia di Trump di licenziare Powell agitano i mercati. Crolla Renault, a Milano giù Stellantis, sale Ferrari

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Donald Trump sta per licenziare Jerome Powell: una notizia bomba che sta pesando sui listini globali a partire da Wall Street. Così le borse europee frenano nel finale e chiudono deboli, orientate dall’andamento negativo dei listini newyorkesi, da alcune stime aziendali e dall’incertezza sui dazi, mentre la delegazione Ue è a Washington per una nuova tornata di negoziati. Tra i temi del giorno ci sono anche i prezzi alla produzione Usa di giugno (più bassi del previsto, dopo la cattiva sorpresa dei prezzi al consumo di ieri) e i conti trimestrali delle grandi banche americane. Il colpo di scena del giorno però è un’agenzia Bloomberg che, citando fonti della Casa Bianca, dice che è imminente un licenziamento del presidente della Fed Jerome Powell da parte del presidente degli Stati Uniti.

Nel bel mezzo di questo giallo Piazza Affari chiude in calo dello 0,4% a 39.762 punti base. A guidare il paniere sono Ferrari (+2,12%) e Telecom (+1,45%), mentre è in profondo rosso Stellantis, -6,25%, contagiata dal tonfo di Renault a Parigi, dove il titolo perde il 17,13% per aver abbassato le previsioni sui margini operativi relativi all’intero anno. L’azienda ha anche nominato il responsabile finanziario Duncan Minto come ceo ad interim. Il peso di Renault si fa sentire sul principale indice parigino, il Cac 40, che arretra dello 0,48%.

Sono deboli Francoforte -0,31%, Londra -0,13% e Madrid -0,06%, ma lo scivolone più vistoso è di Amsterdam, -2,23%, zavorrata da Asml (-10,79%). A indurre la fuga dal titolo del maggior fornitore mondiale di apparecchiature per la produzione di chip è la segnalazione dell’azienda di un rischio crescita 2026, nonostante gli ordini del II trimestre abbiano superato le aspettative.

Si appiattisce anche Zurigo, +0,06%, nonostante il balzo di Richemont (+5,66%), che ha chiuso il primo trimestre della gestione 2025-2026 con un fatturato in crescita del 3% a 5,4 miliardi di euro, grazie alle vendite di gioielli.

Wall Street arretra, ma i prezzi alla produzione calano 

La borsa statunitense ha improvvisamente cominciato a perdere quota, nonostante le casse del Tesoro americano si stiano rimpinguando con le imposte doganali e l’inflazione mandi oggi un buon segnale. Il duello Trump-Powell però allarma i mercati.

Sul fronte macro i prezzi alla produzione di giugno sono rimasti invariati rispetto a maggio e hanno rallentato al 2,3% su base annua, contro il 2,6% del mese prima. Si tratta di un andamento migliore delle attese, che compensa la parziale delusione di ieri per prezzi al consumo saliti a giugno al 2,7%. La produzione industriale americana batte a sua volta le stime e il dato di giugno sale dello 0,3%.

Nell’azionario il focus è anche oggi sulle grandi banche. A presentare i risultati trimestrali sono: Bank of America, che mostra utili migliori del previsto per il secondo trimestre; Goldman Sachs, che ha superato le aspettative per il secondo trimestre; Morgan Stanley, negativa, nonostante risultati sopra le attese.

Il dollaro inverte la rotta

Sul mercato dei cambi tutto procedeva tranquillo, quando la notizia dell’imminente licenziamenti di Powell si è riversata sul dollaro, mandandolo a picco. Al momento la divisa statunitense perde oltre l’1% contro lo yen.

L’euro guadagna circa lo 0,7%, per un cross che si avvicina nuovamente a 1,17.

Sale anche la sterlina, dopo la fiammata dei prezzi in Gran Bretagna nel mese di giugno, dove l’inflazione è salita al 3,6% (dal 3,4%). Un dato che allontana il taglio dei tassi da parte della banca centrale britannica.

Tra le materie prime è in ribasso il petrolio, nonostante il quadro geopolitico si stia surriscaldando ulteriormente con l’attacco israeliano in Siria.

Il contratto Brent settembre 2025 perde l’1,16%, per un prezzo di 67,91 dollari al barile; il future Wti, agosto 2025, cede l’1,22%, 65,71 dollari al barile.

Schizza in alto l’oro, in misura inversamente proporzionale alla propensione al rischio. Lo spot gold guadagna l’1,18% e tratta a 3364,35 dollari l’oncia

Piazza Affari, banche contrastate 

I titoli delle banche chiudono una seduta contrastata.

Unicredit, che fino all’ultimo era il titolo migliore del settore, perde lo 0,42%, con il mercato in attesa di sviluppi sull’offerta relativa a Banco Bpm +0,05%, dopo la lettera di Bruxelles a Roma sul Golden power e il pronunciamento del Tar del Lazio.  Su titolo di Banco Bpm intanto Barclays ha alzato il target price a 11,1 euro da 11 euro.

Bene Intesa +0,18%, Mediobanca +0,28% e Mps +0,25%. Oggi l’ad di Siena, Luigi Lovaglio, ha detto che qualora l’offerta del Monte su Piazzetta Cuccia andasse in porto il marchio Mediobanca rimarrà. Frecciatina poi ad Alberto Nagel, ceo di Mediobanca: non credo sia interessato all’operazione, l’ho chiamato e non mi ha risposto.

Tra le blue chip migliori del giorno ci sono inoltre Inwit +1,07%, Amplifon +0,74% e Cucinelli +0,38%.

La maglia nera del giorno va a Stellantis, con gli investitori delusi anche dall’annuncio dello stop al programma di sviluppo della tecnologia a idrogeno. 

Arretrano inoltre Buzzi -4,19%, Iveco -3,42%, Leonardo -2,8%, Stm -2,06%.

Spread stabile

Lo spread tra la carta italiana e quella tedesca sembra aver trovato il suo punto di equilibrio e il differenziale di rendimento tra i decennali dei due paesi rimane anche oggi a 89 punti base. In chiusura il tasso del Btp 10 anni è indicato al 3,58%, contro il 2697% del Bund di pari durata.

Intanto vale duemila miliardi la proposta della Commissione europea per il nuovo Bilancio Ue di medio termine per il settennato 2028-2034, come ha annunciato il commissario al bilancio Piotr Serafin in audizione alla commissione sul Budget del Parlamento europeo. La cifra si confronta con importo di meno di 1.200 miliardi nel periodo 2021-2027.  

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