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Basilico (Kairos): “Tre novità che ridanno fiducia alla Borsa”

“Nella Borsa italiana c’è un recupero di fiducia e un riposizionamento in corso degli investitori che vedremo se avrà la forza di diventare qualcosa di più” ma da qualche settimana la musica è certamente cambiata in meglio: a dirlo è uno dei più brillanti e innovativi protagonisti della scena finanziaria italiana, Paolo Basilico, fondatore e amministratore delegato di Kairos, che pensa di quotarsi entro la fine del 2017 ma senza cambiare il business model che ne ha fatto una boutique finanziaria di alta qualità. Soprattutto dietro i fuochi d’artificio delle banche italiane c’è per Basilico un evidente filo rosso che sta smuovendo le acque. Vediamo come e perchè in questa intervista che il numero uno di Kairos ha rilasciato a FIRSTonline.

Dalla battaglia di Vivendi su Mediaset a quella di Intesa Sanpaolo su Generali, senza dimenticare la fusione tra Luxottica e Essilor, quella tra il Banca Popolare e Bpm e l’aumento di capitale monstre di Unicredit: dottor Basilico, si aspettava un avvio d’anno così effervescente per la finanza italiana?

Tra tante operazioni in campo i legami sono pochi e la concomitanza è talvolta casuale, tranne che per le operazioni bancarie, dove un filo rosso c’è eccome e ha due origini: la prima è la maggior serenità che ha generato sul mercato italiano la constatazione che l’esito del referendum costituzionale, pur avendo implicazioni politiche interne da non sottovalutare, non ha aperto la strada alla crisi dell’Eurozona, temuta soprattutto dai grandi investitori internazionali che nel 2016 avevano sottopesato Piazza Affari per un evidente sfiducia nell’Italia e nell’Europa. Questo ha segnato il punto di svolta, al quale si è aggiunta un’altra novità non meno rilevante.

Quale?

L’intervento diretto dello Stato nel sistema bancario e in primo luogo nel Monte dei Paschi, che si sarebbe dovuto fare prima, fin dai tempi del governo Monti, e che ha finalmente cancellato la paura di rischi sistemici che aveva allontanato tanti investitori internazionali dalle banche e dalla Borsa italiana. La tenuta dell’Eurozona e l’intervento dello Stato in Mps, a cui più di recente s’è aggiunto il lancio di un aumento di capitale di ben 13 miliardi di Unicredit, hanno fatto percepire a tutti il cambio di gioco, con effetti positivi a catena che hanno contribuito a ridare slancio anche alla Borsa, che l’anno scorso era presa  di mira dalle strategie ribassiste, in particolare sulle banche italiane. Non è perciò casuale che, nel ritrovato clima di fiducia, si aprano nuove partite.

Come andranno a finire?

Per saperlo ci vorrebbe la sfera di cristallo, ma un punto è già chiaro: il recupero di iniziativa da parte delle due maggiori banche italiane, Unicredit e Intesa, porterà a un generale rafforzamento del sistema bancario. Quanto alla battaglia tra Vivendi e Mediaset mi par di capire che i francesi stiano provando a rimediare all’errore su Premium e a ribaltare l’impasse in cui sono finiti, ma quel che emerge è la consapevolezza che Mediaset è una società che ha una quota di mercato interessante che in passato era stata sottovalutata.

Le novità che stanno caratterizzando il sistema finanziario e bancario dell’Italia autorizzano a pensare che, al di là delle fisiologiche volatilità del mercato, la spinta rialzista con cui si è aperto il 2017 a Wall Street continuerà a contagiare anche Piazza Affari?

Sul mercato finanziario italiano la spinta rialzista c’è e ha tutte le caratteristiche per proseguire, ma non nasce solo dagli Stati Uniti, dove l’annunciata politica fiscale espansiva di Trump avrà un ruolo molto rilevante e farà la staffetta con una politica monetaria che si farà più restrittiva, ma dal recupero di fiducia presso gli investitori internazionali che avevano finito per voltare le spalle alla Borsa italiana per le ragioni indicate sopra e che ora la riscoprono a prezzi convenienti, come indicano chiaramente i flussi di capitale delle prime settimane dell’anno. Per adesso è solo un riposizionamento, vedremo se avrà la forza di diventare qualcosa di più.

Un’altra occasione di svolta per la finanza e la Borsa italiana può arrivare anche dalla novità dei Piani individuali di risparmio (Pir) che esentano dalle tasse gli investimenti di medio e lungo termine?

Certamente sì. I Pir li aspettavamo da anni e la legge che li introduce in Italia è una buona legge per la quale dobbiamo apertamente ringraziare il Governo e il Parlamento. Dopo il referendum e Mps sono la terza gamba della svolta italiana.

Molti gestori hanno già preannunciato il lancio di nuovi fondi dedicati ai Pir: Kairos che cosa farà?

Abbiamo in cantiere due nuovi fondi che lanceremo sul mercato tra febbraio e marzo. Il primo sarà totalmente azionario e totalmente giocato sulla Borsa italiana e sfrutterà il fantastico track record del nostro team guidato da Massimo Trabattoni che da anni è in testa a tutte le classifiche di performance. Il secondo nuovo fondo sarà invece bilanciato e si avvarrà anche dell’eccellenza del team guidato da Rocco Bove e di quello guidato da Federico Trabucco. Dobbiamo ancora decidere se procedere da soli o farlo in partnership con controparti istituzionali.

I risparmiatori stanno percependo la novità dei Pir ma temono alti costi, soprattutto nelle commissioni d’ingresso: Kairos come si regolerà?

Noi non abbiamo mai praticato commissioni d’ingresso sui nostri fondi e non lo faremo nemmeno sui Pir, anche perché non abbiamo costi di distribuzione ma siamo e restiamo una fabbrica prodotti che non si affida al retail ma colloca i suoi fondi con il passaparola o attraverso partnership.

L’ingresso in forze di Julius Baer in Kairos cambierà il vostro modello di business, finora orientato a una clientela super affluent e istituzionale, e allargherà il vostro target tradizionale?

Assolutamente no. Non cambiamo né il target né il business model che è un caso di successo sul mercato italiano. Non avrebbe alcun senso puntare su una nostra rete distributiva e sulla clientela retail per la quale sono già in campo molti altri players con dimensioni spesso imponenti. Il nostro mestiere è un altro e non lo cambieremo: resteremo una fabbrica prodotto e una boutique finanziaria di alta qualità.

Ma l’attuale assetto azionario di Kairos, che registra una partecipazione di controllo dell’80% di Julius Baer, è transitorio o definitivo?

E’ transitorio e si ribilancerà con la quotazione in Borsa che, mercati permettendo, potrebbe avvenire entro la seconda parte del 2017 e che alla fine dovrebbe portare a un assetto azionario che per il 50% sarà in mano ai partner svizzeri, per il 20% al management di Kairos e per il resto al mercato. Voglio però cogliere l’occasione per segnalare che l’ingresso di Julius Baer non ha cambiato la governance e non ha minimamente ridotto l’autonomia di gestione del management, quindi ci ha portato solo goodwill.

Malgrado i profeti di sventure siano stati finora smentiti su  Brexit, su Trump e sul referendum italiano e malgrado lo scenario finanziario del 2017 abbia un’intonazione positiva, le tre incognite legate alle elezioni in Europa (dalla  Francia alla Germania e forse all’Italia) non rischiano di rompere l’incantesimo e di rimettere in discussione il quadro generale?

Non vedo tutte le incognite politiche di cui si parla in Europa e, allo stato attuale, non vedo nemmeno i loro effetti finanziari. In Francia tutte le previsioni elettorali dicono che la Le Pen non riuscirà a conquistare l’Eliseo e, nella peggiore delle ipotesi, qualche temporanea fibrillazione sui mercati potrebbe nascere solo se La Pen raccogliesse al primo turno consensi superiori alle attese, ma per fortuna poi c’è il ballottaggio finale. In Germania, salvo escalation terroristiche, la Merkel si avvia a rivincere le elezioni anche grazie a una crescita economica che viaggia a livelli americani.

In Italia però l’esito del referendum, anche se non ha per fortuna provocato sconquassi politici, ha arrestato la strategia delle riforme e rischia di spianare la strada a un sistema elettorale proporzionale che sarebbe l’anticamera della frammentazione politica, di governi deboli e, nella peggiore delle ipotesi, dell’ingovernabilità: tutto questo non avrebbe effetti anche finanziari?

Non c’è dubbio che in Italia il rischio politico resta alto finché la crescita economica sarà anemica e il disagio sociale molto elevato. Per questo il mercato spera di guadagnare tempo e si augura che alle elezioni politiche si vada alla scadenza naturale della legislatura del 2018.

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