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Banche, no di Assopopolari a un nuovo inasprimento dei requisiti patrimoniali

L’economia italiana continua a crescere ad un ritmo molto modesto, contrassegnato da un contributo tuttora insoddisfacente della domanda interna. La nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia, certifica che nel primo trimestre del 2016 il Pil italiano è cresciuto dello 0,3%; un risultato senz’altro deludente se paragonato a quello di Germania (+0,7%), Francia (+0,6%) e Spagna (+0,8%), ovvero i Paesi dell’Eurozona confrontabili al nostro per dimensione. A ciò si aggiunga che nel mese di maggio si è registrato un peggioramento delle aspettative delle imprese sull’andamento dell’economia e che la stessa dinamica ha riguardato il clima di fiducia dei consumatori.

Dati i riscontri, non si può certo affermare che la fase recessiva sia stata superata, come invece è stato incautamente dichiarato da molti osservatori già nello scorso anno. Lo spettro della disoccupazione e l’erosione dei risparmi accumulati nel passato continuano a gravare sui consumi e sulle decisioni di spesa delle famiglie italiane. L’incertezza sulle prospettive della domanda e sull’orientamento delle politiche economiche e fiscali, grava invece sui continui rinvii dei piani di ristrutturazione delle imprese. Il flusso di credito bancario alle imprese, che costituisce tuttora la linfa vitale della nostra economia, è ancora insufficiente e ben lontano dai livelli precedenti alla crisi. Su tale dinamica incide in primo luogo il generale peggioramento del merito di credito della clientela, ma anche l’inasprimento dei vincoli prudenziali di Basilea 3, che hanno imposto incrementi consistenti delle dotazioni patrimoniali a parità di volume degli affidamenti.

Nonostante il contesto delineato, in cui sarebbe necessaria la massima tenuta del credito all’economia per evitare effetti prociclici rovinosi, nell’ultimo anno è accaduto che il Comitato di Basilea si sia fatto promotore di una rivisitazione del quadro regolamentare appena introdotto, con l’obiettivo di rendere ancor più stringenti e penalizzanti per il credito i requisiti patrimoniali delle banche. La promozione di tali misure segnala il permanere di una prospettiva miope e male orientata da parte dei Regulator europei ed è necessario che le Autorità centrali trasferiscano quanto prima le loro attenzioni dalla vigilanza prudenziale a tutti i possibili interventi in grado di stimolare la crescita; ciò almeno finché l’economia non si sarà rimessa stabilmente in movimento.

Anche perché c’è il rischio di annullare l’azione propulsiva esercitata dalla Bce sulla liquidità delle banche, con la conseguenza che, almeno in Italia, gli effetti benefici sulle nostre aziende potrebbero durare un tempo molto limitato. Su tale valutazione, peraltro, c’è piena condivisione da parte dell’intero settore. La Federazione bancaria europea (Fbe) ha già espresso ai vertici delle istituzioni Ue le preoccupazioni dell’industria in merito all’applicazione di questo nuovo quadro di misure, chiedendo tra l’altro che la Commissione Ue prenda una posizione molto netta di contrasto alle indicazioni del Comitato di Basilea. Lo stesso direttore generale dell’Abi e presidente del comitato esecutivo della Fbe, Giovanni Sabatini, ha recentemente affermato che l’impatto sull’economia europea, ed in particolare su quella italiana, dell’incremento generalizzato dei requisiti patrimoniali derivanti dalla possibile applicazione delle nuove misure sarà molto significativo e che non e’ più accettabile un continuo cambiamento al rialzo di tali requisiti.

E’ nostra convinzione, pertanto, che i rappresentanti italiani presso le istituzioni comunitarie intervengano con la massima risolutezza per impedire l’adozione di questi provvedimenti recessivi, capaci di ulteriori impatti negativi sulla nostra economia, già così in sofferenza.

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