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BANCHE CHIUSURA 10 MARZO: la chiusura della Silicon Valley Bank affonda banche e listini azionari nel mondo

FIRSTonline

La fuga dalle banche Usa, che ieri ha travolto Wall Street, ha contagiato oggi i listini asiatici e quelli europei. La chiusura odierna è così in deciso calo anche nel Vecchio Continente e Milano è tra le piazze peggiori, con una perdita dell’1,55%, che la riporta a 27.281 punti base, a causa del peso specifico del settore creditizio sul Ftse Mib.

Poco distante si fermano Madrid -1,46% e Londra -1,68%, così come Zurigo -1,57%, Francoforte -1,31%, Amsterdam -1,35% e Parigi -1,3%.

I ribassi sono lontani dai minimi di giornata, grazie al fatto che Wall Street ha cercato di cambiare segno a fine mattinata dopo un avvio stonato, a seguito di un rapporto del lavoro che mostra minori pressioni inflazionistiche.

La volatilità però è altissima e gli indici americani sono già nuovamente in rosso.

Wall Street ad alta volatilità; in chiaroscuro il rapporto sul lavoro

L’andamento è molto volatile a Wall Street e Silicon Valley Bank, che ieri (-60%) ha innescato l’effetto domino sulle altre banche, è stata chiusa dalle autorità di regolamentazione e ha nominato la Federal Deposit Insurance Corporation come curatore fallimentare.

In un contesto dove l’emotività in Borsa è alta e molti investitori vanno all’incasso sui titoli del credito (che in questi mesi hanno guadagnato molto), merita la giusta attenzione l’attesissimo rapporto sul lavoro non agricolo Usa, così importante per la Fed. Da un lato i posti creati sono risultati più delle attese, dall’altro però sono calate le pressioni inflazionistiche, tanto che il dollaro è in ribasso e i titoli di Stato Usa sono al momento ben comprati.

In sostanza a febbraio i posti di lavoro creati sono stati 311mila contro attese di 225mila; tuttavia, i salari sono saliti mese su mese dello 0,2% al di sotto dello 0,4% previsto (+4,62% annuo, contro attese a +4,8%). Il tasso di disoccupazione è salito oltre le stime, al 3,6%, due decimi di punto in più rispetto al mese precedente.

Il quadro sta favorendo gli acquisti sull’obbligazionario, con i Terasury in grande spolvero e il decennale che vede un ribasso del rendimento al 3,69%.

Il dollaro è in discesa dai traguardi raggiunti e l’euro si avvicina nuovamente a un cambio intorno a 1,07, con un guadagno di circa un punto percentuale.

Il petrolio resta congelato, in una settimana da dimenticare.

Prosegue il rimbalzo del gas, che oggi sulla Piazza di Amsterdam si è riportato vicino a 50 euro al Mwh.

Banche Usa ancora nel mirino

Le grandi banche Usa sembrano in cerca di ricatto e Jp Morgan è al momento uno dei titoli migliori del Dow Jones

Ieri, a creare il panico nel settore, è stato il fatto che SV bank, istituto di credito californiano molto utilizzato dalle società di tecnologia della Silicon Valley, ha dichiarato di aver perso 1,8 miliardi di dollari per minusvalenze legate alla vendita di titoli obbligazionari. Alienazione necessaria in seguito di un calo dei depositi superiore al previsto. La preoccupazione degli investitori è che altre banche seguano questa china perché tutte hanno partecipazioni in titoli a lunga scadenza, che nella nuova era di tassi in rialzo non sono più redditizi.

Il crollo di Silicon Valley Bank è arrivato tra l’altro dopo il fallimento Silvergate Bank, altro istituto di credito della costa ovest, legato al mondo delle criptovalute.

Per Bloomberg, alla base di entrambe le crisi (di Svb e Silvergate) c’è una questione che rischia di diventare strutturale: l’aumento dei tassi di interesse che ha lasciato le banche cariche di obbligazioni a basso interesse e che non possono essere vendute in fretta senza perdite.

Sul tema è intervenuta oggi la segretaria al Tesoro statunitense, Janet Yellen, dicendo che sta “monitorando con attenzione” la situazione della Silicon Valley Bank e di “qualche altra banca”. “Quando delle banche registrano delle perdite finanziarie, è e dovrebbe essere fonte di preoccupazione”. SVB sarebbe in trattative per la sua cessione, dopo che i tentativi di raccogliere capitali da parte dell

In Piazza Affari si salvano sette blue chip

Partiamo dalle buone notizie: nella tempesta odierna sette blue chip si sono salvate in Piazza Affari e qualcuna ha navigato decisamente in controtendenza. È il caso di Leonardo che chiude con un guadagno del 2,85%, dopo la diffusione di conti e guidance, con ordini migliori delle attese.

Si apprezza Buzzi, +2,99%, che ha centrato un rimbalzo dopo le perdite della vigilia e ha respinto le accuse della National Agency for the Prevention of Corruption (Napc), che ha inserito il gruppo cementizio nella ‘blacklist’ per le sue attività in Russia.

Bene le utility: Italgas +1,65%, Terna +0,34%, Enel +0,13%. Salgono inoltre Moncler +0,84% ed Eni +0,28%.

Il bombardamento di vendite ha invece colpito ancora il risparmio gestito: Finecobank -4,58%, Banca Mediolanum -3,52%, Azimut -3,2%, Banca Generali -3,02%.

Tutti i titoli degli istituti di credito sono in profondo rosso, a partire da Bper -4,47%, Unicredit -3,122%, Banco Bpm -2,97%, Intesa -1,95%.

Gli istituti italiani sono in buona compagnia a livello europeo, dove Hbsc lascia sul terreno il 4,78% e Deutsche Bank il 6,93%, solo per citarne alcune.

Il clima è stato sfavorevole all’industria: Prysmian -4,28%, Cnh -3,9%.

Spread in rialzo ma tassi in calo

L’avversione al rischio ha ridato smalto ai titoli di Stato tedeschi, ma anche la carta italiana ha chiuso una buona seduta. I rendimenti, infatti, sono indicati in calo, al 4,19% per il Btp decennale e al 2,47% per il pari durata tedesco. Lo spread però si è allargato a 172 punti base (+2,63%).

Continuano intanto a salire i tassi sul primario. Il Tesoro ha collocato stamani in asta Bot annuali per 6,5 miliardi di euro con un rendimento in crescita a 3,613%, in rialzo di 43 punti base. L’importo richiesto dagli investitori per il titolo, con scadenza 14 marzo 2023, è stato pari a 9,19 miliardi di euro.

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