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Assemblea di fuoco per Telecom Italia: Patuano attacca Bernabè prima del voto

”Questo è il luogo in cui devono comporsi gli interessi dei soci mentre in Cda l’interesse da considerare è solo quello della società”. Così l’ad di Telecom Marco Patuano, ha aperto stamane l’assemblea (presente all”inizio il 50,7% del capitale) che voterà, come primo punto all’ordine del giorno, la revoca del board, al termine di una campagna che, ha osservato il manager, ”ha acceso gli animi e suscitato un dibattito che molto presto è uscito dai suoi ambiti prima di approdare nella sede che gli è propria”.

Le scintille non sono mancate, fin dalle battute iniziali. Franco Lombardi, presidente dell’Asati (piccoli azionisti Telecom) ha ritirato la sua disponibilità alla candidatura per il cda data a Findim per evitare l’accusa di conflitti di interesse ma, rivolgendosi al consigliere Aldo Minucci di Telco che conduce l’assemblea di Telecom ha attaccato: ”lei faccia lo stesso. Lasci il posto – alla Calvosa o a Fitoussi, Zingales”.

”Non sono qui per mia scelta, il mio è un incarico solo procedurale, a norma di statuto con le dimissioni del presidente il compito di facente funzioni spetta a me” ha replicato Minucci chiedendo di abbassare i toni. ”E’ il momento di superare le polemiche e le dietrologie e tornare a focalizzarci sul futuro di Telecom” ha esortato Marco Patuano. ”Quello che è certo è che stiamo assistendo a un straordinario esempio di democrazia societaria per tutta la finanza italiana ed europea. Le decisioni che saranno prese oggi con oltre il 50% del capitale presente dovranno essere accolte con grande senso di responsabilità. In ogni caso ciò si traduce in un messaggio importante al mercato perchè si rafforzi ulteriormente la governance di Telecom e possa fugare qualsiasi dubbio sul funzionamento dell’organo consiliare”.

L’ad ha difeso il nuovo piano industriale che ”mette al centro gli investimenti senza dimenticare la riduzione del debito” con “un radicale cambio di prospettiva giacchè si basa su una visione industriale fondata sugli investimenti e l’innovazione alla quale è ricondotta la visione finanziaria”. “E non viceversa – stoccata finale a Franco Bernabé – come è accaduto in passato”.

Fin qui le schermaglie, in attesa dello scontro frontale. A Piazza Affari il titolo galleggia poco sotto la parità, mentre si tenta la conta tra i vari partiti. Tra i proxy adviser, Glass Lewis e ISS hanno raccomandato il voto a favore della revoca; Ecgs, che dovrebbe portare con sè un 3% circa del capitale, suggerisce di votare contro. Telco, che controlla il 22,4% di Telecom Italia, intende votare contro la revoca. La holding è partecipata, in termini di diritti di voto, da Telefonica con il 46,18%, da Intesa Sanpaolo e Mediobanca con l’11,62% ciascuna e da Generali con il 30,58%. Secondo dati Telecom, a fine giugno di quest’anno, il 46,99% del capitale è in mano a istituzionali esteri, il 4,8% a istituzionali italiani e il 19,42% ad altri azionisti italiani. BlackRock, primo investitore istituzionale del gruppo, si è registrato in assemblea con il 5,94%. La previsone è che il colosso Usa si astenga.

Intanto da Roma arriva la precisazione che “non vi sono indagati per il reato di ostacolo alla vigilanza né per alcun altro reato”. Lo affermano in una nota il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Nello Rossi riferendosi alla notizia dell’audizione di Franco Bernabè, ex presidente dell’azienda, data con grande enfasi dai giornali. La proposta di revoca del cda richiede il voto favorevole della maggioranza assoluta delle azioni con le quali gli aventi diritto di voto che partecipano all’assemblea.

In caso di mancata approvazione, invece, si procederà alla sola nomina di due amministratori che andranno ad integrare il board attualmente in carica. Si tratta appunto di sostituire Bernabé e Catania ma non Cesar Alierta e Julio Linares, le cui dimissioni non autorizzano l’assemblea a procedere alla eventuale nomina di consiglieri in loro sostituzione. Gli argomenti di parte straordinaria richiedono la presenza di soci con un numero di azioni superiore a 1/5 del capitale ordinario della società.

Per quanto riguarda questa parte, all’ordine del giorno è prevista l’eliminazione dell’indicazione del valore nominale delle azioni ordinarie e di risparmio e la modifica dello statuto sociale nonché l’aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione mediante emissione di azioni ordinarie, a servizio del convertendo per 1,3 miliardi di euro.  

Il fondo statunitense Blackrock non è lontano dalla soglia del 10% in Telecom Italia, livello critico che potrebbe aprire la porte a nuove mosse di Telefonica TEF.MC e mettere a rischio il premio di maggioranza sulle quote dei soci italiani in Telco. Telefonica attualmente non è intenzionata ad aumentare la sua quota in Telecom Italia. Su quello che farà in futuro è difficile fare previsioni, perchè ci sono diverse variabili che possono incidere, dalle questioni regolatorie in Brasile e dall’assemblea di venerdì 20 sulla revoca del cda.

Le disposizioni del patto e due possibili implicazioni sulle decisioni di Telefonica.

I LIMITI PER TELEFONICA
Telco, che controlla il 22,4% di Telecom Italia, è partecipata, da Telefonica con il 46,18%, in termini di diritti di voto, da Intesa Sanpaolo ISP.MI e Mediobanca con l’11,62% ciascuna e da Generali con il 30,58%. Allo stato, in seguito agli accordi siglati il 24 settembre di quest’anno, Telefonica non può acquistare azioni Telecom Italia con diritto di voto, “anche tramite derivati, warrants, diritti di opzione ovvero operazioni di prestito titoli”, secondo l’estratto dei patti. Questa “limitazione non sarà applicabile nel caso in cui qualsiasi persona o entità (che agisca, direttamente o indirettamente, da sola o di concerto con altre parti correlate) acquisti o annunci la sua intenzione di acquistare o si impegni ad acquistare” azioni o il diritto di acquistare azioni, “con diritto di voto superiore al 10%”.

SOCI ITALIANI TELCO POTREBBERO PERDERE PREMIO MAGGIORANZA Se in qualche modo si concretizzasse la fattispecie prevista dagli accordi che dà il via libera all’acquisto di azioni Telecom Italia, il gruppo spagnolo potrebbe comprare azioni sul mercato, quindi al prezzo di 65-70 centesimi rispetto a 1,1 euro previsto dagli accordi. Telefonica ha infatti un’opzione per acquistare il 100% di Telco a una valutazione di Telecom Italia a 1,1 euro per azione, operazione che la porterebbe al 22,4% del gruppo italiano. Se decidesse di acquistare azioni al prezzo di mercato potrebbe evitare di esercitare la call e quindi di pagare il premio di maggioranza ai soci italiani.

CON SOGLIA OPA A 15% CONVIENE STATUS QUO Sempre nel caso si ricada nella deroga prevista dai patti, Telefonica potrebbe salire a oltre il 15% teorico di Telecom Italia, soglia rilevante ai fini di un’eventuale Opa obbligatoria, nel caso di una modifica della normativa. Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha detto in diverse occasioni che la soluzione migliore è mantenere la soglia dell’Opa obbligatoria al 30% e aggiungere una nuova soglia al 15% per le public companies, che si applicherebbe quindi anche a Telecom Italia. Anche il promotore della legge Massimo Mucchetti punta a questo obiettivo. Il gruppo spagnolo, in termini di diritto di voto, in trasparenza controlla ora il 10,34% di Telecom Italia. Ha però aumentato la sua partecipazione in Telco, ma con nuove azioni senza diritto di voto. A liquidazione della holding, prevista a febbraio 2015, la sua quota si attesterebbe al 14,78%. Una soglia Opa tra l’11 e il 14% potrebbe innescare un obbligo di offerta a liquidazione della holding, una soglia al 15% blinda di fatto il controllo degli spagnoli, a meno di un’offerta ostile da parte di un terzo. Se Telefonica acquistasse azioni sul mercato, a febbraio 2015, con la possibile liquidazione di Telco, si troverebbe probabilmente ad aumentare la sua partecipazione a oltre il 15%, innescando l’obbligo di offerta. Se rimane nella situazione attuale si troverebbe invece appena sotto la soglia Opa, quindi nella posizione migliore per difendere il controllo della società. In questo contesto è quindi improbabile che il gruppo spagnolo aumenti la sua partecipazione, acquistando titoli sul mercato, perché sarebbe probabilmente più che soddisfatta del suo 14,78%, che avrà a liquidazione di Telco.

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