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Argentina nazionalizza Ypf: un déjà vu che spaventa Telecom e Tenaris

Qualche avvertimento era stato lanciato, ma in pochi pensavano che Cristina Fernandez de Kirchner, presidente dell’Argentina, sarebbe arrivata fino in fondo. Eppure così è stato e ieri, dalla Casa Rosada, il Governo del Paese sudamericano ha dichiarato che nazionalizzerà Ypf, la compagnia petrolifera più grande ad operare su suolo argentino. Come spieghiamo in un articolo di FIRSTonline, Ypf era controllata per il 57,43% dal gigante spagnolo Repsol e per il 25% dalla famiglia argentina Eskenazi.

La nazionalizzazione – La Kirchner ha annunciato che la Casa Rosada entrerà in possesso di tutto il capitale di Ypf: il 26,01% resterà nelle mani del Governo, il 24,99% sarà distribuito tra i Governatori delle province e il restante 6,43% andrà alle 10 province produttrici di idrocarburi. Nulla cambia per il gruppo argentino Petersen, della famiglia Eskenazi, che possiede il 25,46% di Ypf (Sebastiàn Eskenazi è stato anche nominato amministratore delegato) e il restante 17,11% rimarrà in mano a piccoli investitori.

La risposta dei mercati – Nel listino di Madrid il titolo Repsol è arrivato a perdere in mattinata quasi l’8%, trascinando con se l’indice IBex 35. Intorno alle ore 11.30 l’azione perde il 5,09% a 16,59 euro. A Londra Repsol cede oltre il 9% a 16,45 euro per azione. Ieri a Buenos Aires il titolo ha chiuso con un -9,45%.

Il caso – La Casa Rosada ha giustificato la propria decisione commentando che “è la prima volta in 17 anni che l’Argentina si vede costretta a importare gas e petrolio”. E l’unico responsabile del deficit energetico sarebbe Repsol, che però sfrutta solo un terzo degli idrocarburi presenti nel territorio. La decisione è stata definita “illecita e illegittima” da Repsol che ha annunciato una richiesta di arbitrato internazionale per ottenere un risarcimento danni. L’arbitrato è stato presentato all’Icsid, il centro per la soluzione di controversie in materia di investimenti della Banca Mondiale, e il gigante spagnolo ha chiesto un risarcimento di oltre 10 miliardi di dollari. La decisione è stata unilaterale e non ha tenuto conto degli sforzi compiuti dal gruppo spagnolo per avvicinarsi agli interessi del Paese sudamericano.

 Il tentativo di dialogo da parte di Repsol – Il presidente del gruppo spagnolo, Antonio Brufau, aveva mandato, lo scorso 2 aprile, una lettera a Cristina Fernandez, dopo aver tentanto più volte, invano, di ottenere un incontro con la “Presidenta”. Nella missiva Brufau propone un Piano che prevede un aumento del 30% della produzione di petrolio e del 20% di gas con lo scopo “di migliorare la bilancia commerciale energetica e raggiungere il prima possibile l’autosufficienza del Paese nel settore degli idrocarburi”. Ma il Ceo aveva anche segnalato che il Piano eccedeva le “attuali capacità di investimento di Ypf” e per questo l’impresa era pronta a cedere “parte della propria partecipazione a società e investitori nazionali e internazionali. Il governo argentino non solo ha rifiutato, ma ha anche dichiarato che la lettera è “auto-incriminatoria” e che rinforza i suoi argomenti per l’espropriazione. “Repsol confessa che in questi anni non ha investito abbastanza per aumentare le riserve e incrementare la produzione, quando avrebbe potuto farlo, e che ora, per supplire questa mancanza, è necessario duplicare lo sforzo e che non può permetterselo”. 

Risposta della Spagna – Repentina la risposta del Governo spagnolo, che ha definito “illegale” l’espropriazione messa in atto dalla Kirchner e l’ha preso come un atto di ostilità nei confronti della Spagna. Il ministro degli Esteri, José Manuel García Margallo, ha dichiarato che Madrid “condanna con massima forza” la mossa argentina che ha “spezzato il clima di cordialità e amicizia che persisteva nelle relazioni tra i due paesi. Anche l’Unione Europea è stata critica nei confronti dell’azione.

Reazione di Chavez – Di tutt’altro tenore le parole del presidente venezuelano che invece si è subito congratulato con la sua collega appoggiando la decisione di nazionalizzare Ypf.

I timori per l’Italia – Cristina Kirchner però non si ferma al petrolio. Forte di una Plaza de mayo fervida di sostenitori che gridano “Ypf è parte della Nazione”, la presidenta ha esteso le sue minacce ad altri gruppi, bancari e di telefonia. Tra le società italiane più attive sul territorio argentino spiccano Telecom (che possiede il 100% di Telecom Argentina) e che ultimamente è stata fatta oggetto di pesanti critiche da parte del governo, simili a quelle mosse verso Repsol. E Tenaris, gruppo italo-argentino leader nella produzione dei tubi senza saldature, fondamentali per la distribuzione di petrolio e gas.

 

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