Mentre la presidenza statunitense strizza l’occhio ai negazionisti del clima, persino un Paese storicamente tra i tre maggiori produttori di petrolio al mondo come l’Arabia Saudita sta puntando a diventare una potenza anche dell’energia pulita. E per farlo ha scelto un asse con il grande rivale degli Stati Uniti, la Cina, che sempre di più raccoglie la fiducia, gli investimenti e l’interesse dei “delusi” del mondo occidentale, che in tempi di dazi e ostilità geopolitiche guardano ormai verso Oriente. L’ultima prova di questo orientamento anche da parte del mondo arabo è che diverse aziende saudite, tra cui il colosso dei servizi ACWA Power e una sussidiaria del gigante petrolifero Aramco, hanno firmato pochi giorni fa degli accordi per l’acquisto di energia per progetti di energia pulita con una capacità monstre, di 15 gigawatt (vale a dire una quantità sufficiente per alimentare una metropoli come Milano), e investimenti complessivi per un valore di circa 8,3 miliardi di dollari. A riportarlo è stata l’agenzia di stampa statale saudita (SPA).
Il petrolio rimane centrale, ma crescono i progetti green
Nel dettaglio, ACWA Power ha firmato sette contratti in qualità di sviluppatore principale, in partnership con Water and Electricity Holding Co. (Badeel), di proprietà del Fondo Pubblico di Investimento Saudita (PIF), e Aramco Power, la divisione di Aramco. I progetti includono cinque impianti solari fotovoltaici nelle città di Aseer, Medina, La Mecca e Riad, e due impianti eolici a Riad. L’Arabia Saudita sulla transizione energetica non scherza: il principe Moḥammad bin Salmān ha già annunciato lo scorso anno che punta a raggiungere i 130 gigawatt di capacità rinnovabile entro il 2030. Sebbene la produzione di petrolio mantenga un ruolo cruciale nell’economia saudita, il regno sta investendo in altre forme di energia, con l’ambizione appunto di diventare una potenza globale pure nel campo dell’energia pulita. E ha le carte in regola per riuscirsi, data la disponibilità economica e un clima assolutamente propizio al fotovoltaico, con un territorio che per praticamente tutto l’anno è illuminato da un sole intenso. Inoltre l’Arabia è praticamente tutta un deserto, ci sono poche aree urbane e agricole e infiniti ettari possono essere destinati alla produzione di energia solare.
Il fotovoltaico in Arabia Saudita: come è oggi e le prospettive
Attualmente, l’energia pulita rappresenta ancora una quantità trascurabile di energia elettrica prodotta in Arabia Saudita. Tuttavia, il Paese prevede di costruire rapidamente parchi solari. Il megaprogetto Sudair rappresenta ad esempio uno dei maggiori sforzi per diversificare il proprio mix energetico: potrebbe alimentare 185.000 abitazioni ed è il primo di molti progetti di grande portata pianificati per aumentare la produzione da fonti energetiche rinnovabili, tra cui solare ed eolico, a circa il 50% entro il 2030. I sauditi non solo hanno i fondi per espandersi rapidamente, ma sono anche esenti dalle lunghe procedure di autorizzazione che inibiscono tali progetti in Occidente.
L’asse con la Cina
E poi c’è lo stretto rapporto con la Cina, che è un fattore importante, dato che il Paese fornisce gran parte delle apparecchiature per le energie rinnovabili. Nell’agosto 2024, China Energy Engineering ha firmato un contratto da 972 milioni di dollari per la costruzione di un parco solare da 2 GW nel paese, insieme a partner come PIF, ACWA Power e Aramco Power. Parallelamente, JinkoSolar e TCL Zhonghuan hanno firmato accordi multimiliardari – rispettivamente per un valore di 985 milioni e 2,08 miliardi di dollari – per progetti di celle solari in Arabia Saudita. Il regno scommette che un’elettricità abbondante e a basso costo possa attrarre settori ad alta intensità energetica come ad esempio l’acciaio. ACWA sta contribuendo alla costruzione di quello che probabilmente diventerà il più grande impianto di idrogeno verde al mondo, con l’obiettivo di esportarlo in Europa e in altre destinazioni con costi più elevati.