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Ansaldo Energia, Wind Jet e Flotta sarda: privatizzazioni a passo di gambero

FIRSTonline

Pochi giorni dopo essere diventato ministro del Tesoro l’11 luglio scorso, Vittorio Grilli annunciò – con ampie interviste ai giornali – l’avvio di una nuova era delle privatizzazioni e delle dismissioni del patrimonio mobiliare e soprattuto immobiliare. Ottima idea per cominciare a ridimensionare l’enorme debito pubblico italiano. Di quel disegno, però, finora si sono viste solo le briciole – come il passaggio di Sace, Simest e Fintecna alla Cdp – ma quel che più colpisce è che la politica delle privatizzazioni non solo non va avanti ma addirittura cammina a passo di gambero.

Tre fatti avvenuti nelle ultime ore lo confermano. Per la verità due sono da annoverare a demerito delle Regioni – Wind Jet e Flotta sarda – ma l’immagine che il sistema-Italia proietta sui mercati non è meno sconsolante. Tanto più che le risorse delle Regioni in molti casi dipendono dai trasferimemnti centrali prodotti dalla tasse che pagano i cittadini italiani, al netto degli evasori. Che dire allora del proposito del dimissionario presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, di incaricare la finanziaria regionale, Irfis-Finsicilia, di valutare la possibilità di entrare nella compagnia aerea Wind Jet del catanese Pulvirenti (il presidente del Catania calcio) per evitarne la chiusura? Operazione economicamente sostenibile? Il dubbio è lecito.

E che dire della decisione della Regione Sardegna di creare Flotta sarda investendo 110 milioni di euro per rispondere alla privatizzazzione della Tirrenia e ai suoi effetti con una nuova compagnia marittima pubblica. “Brutti (ennesimi) segnali delle regioni” commenta giustamente Il Sole 24 Ore. Ma brutti segnali vengono anche dal centro. Che dire della battaglia su Ansaldo Energia all’insegna dell’italianità e sotto l’ombrello del Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti con la doppia benedizione dei ministri Grilli e Passera? E’ vero che Ansaldo Energia è un gioiello di hi-tech e nulla da dire nè su Finmeccanica che la vende nè sul Fondo stretegico italiano che si fa avanti se fiuta un’occasione d’affari. 

Ma i dubbi restano. E sono almeno due ed entrambi grandi come una casa. Il primo è questo: è davvero essenziale che Ansaldo Energia resti sotto bandiera italiana o è più importante che la sua eventuale cessione avvenga chiedendo garanzie al compratore di non portare via cervelli e tecnologie da Genova? L’operazione Nuovo Pignone, che ha conosciuto nuova gloria, da quando l’Eni la cedette alla General Electric non ha insegnato nulla? E, infine, è saggio offrire ai mercati un’immagine chiusa, nazionalista e dirigista dell’Italia? Sarebbe curioso che tutto quanto sa di hi-tech venga considerato strategico e dunque incedibile, anche se il suo contributo allo sviluppo nazionale è modesto come nel caso di Ansaldo Energia.

Ma c’è un secondo dubbio sull’operazione Ansaldo Energia. Il Governo muove il Fondo di Cdp pensando di tagliare l’erba sotto i piedi di Siemens sospettando che i tedeschi vogliano comprare l’azienda genovese solo per togliere di mezzo un pericolo concorrente nel campo delle turbine a gas. Ammesso e non concesso che sia così, non sarebbe più semplice mettere Ansaldo Energia sul mercato quotandola in Borsa con opportuni presidi piuttosto che far scendere in campo la Cdp per sbarrare la strada all’offerta diretta dei tedeschi? In definitiva, di privatizzazioni se ne vedono davvero poche ma quando si progettano bisognerebbe anche imparare a farle senza autogol.

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