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ACCADDE OGGI – Nasce la Repubblica Romana: era il 1849

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Il 9 febbraio del 1849 fu dichiarata la Repubblica Romana (la Seconda essendo la Prima quella costituita su impulso di Napoleone), uno dei principali eventi che contraddistinsero il biennio “democratico e popolare’’ del Risorgimento, a seguito dei moti rivoluzionari che interessarono tutta l’Europa a partire dal 1848, come reazione al ripristino del ‘’legittimismo’’ deciso nel 1815 dal Congresso di Vienna, dopo la caduta definitiva di Napoleone, sconfitto a Waterloo. Le insurrezioni popolari si verificarono a Parigi e Vienna. In Italia si sollevarono Milano (le cinque giornate), Brescia (la leonessa d’Italia), Bologna, nell’agosto.

Nel 1848 Carlo Alberto aveva concesso lo Statuto ed iniziato la Prima Guerra di indipendenza che si chiuse con la sconfitta di Custoza. Seguì un periodo molto complesso, che interessarono anche gli Stati in cui era divisa l’Italia, alcuni dei quali (il Regno di Sardegna e il Granducato di Toscana) entrarono in conflitto con l’Austria. Ma non era ancora venuto il momento che la causa dell’unità nazionale fosse assunta da uno Stato e dalla diplomazia (come poi avvenne dieci anni dopo grazie all’iniziativa di Cavour). Tanto più che la causa del ristabilimento dell’ordine costituito fu assunto dalla Francia, che assunse il ruolo di difensore dei diritti del Papa Pio IX che si era rifugiato a Gaeta sotto la protezione dei Borboni.  

La Repubblica venne attaccata da Sud dall’esercito del Regno di Napoli. Ma furono le truppe francesi a sconfiggere la Repubblica Romana che esercitò per pochi mesi (cadde il 4 luglio di quello stesso anno) la sovranità sull’intero Stato della Chiesa Al vertice fu nominato dalla Assemblea Nazionale un triumvirato composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi.

Decreto fondamentale della Repubblica Romana

Art. 1: Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano.

Art. 2: Il Pontefice Romano avrà tutte le guarentigie necessarie per l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale.

Art. 3: La forma del governo dello Stato Romano sarà la democrazia pura e prenderà il glorioso nome di Repubblica Romana.

Art. 4: La Repubblica Romana avrà col resto d’Italia le relazioni che esige la nazionalità comune.

(Assemblea Costituente Romana. Roma, 9 febbraio 1849. Un’ora del mattino. Il Presidente dell’Assemblea Giuseppe Galletti)

Giuseppe Garibaldi divenne il comandante delle truppe: accorsero molti volontari da altre regioni italiane, tra cui Goffredo Mameli e un distaccamento di 600 bersaglieri, guidati da Luciano Manara, della disciolta Divisione Lombarda dell’Esercito  del Regno di Sardegna che era stata costituita nel corso della Prima Guerra di indipendenza  del 1848 con reclute e volontari provenienti dalle province liberate del Lombardo-Veneto, allora sotto il dominio dell’Austria. Garibaldi conseguì alcuni successi militari che consentirono alla Repubblica di resistere nonostante fosse sottoposta all’offensiva di diversi eserciti.

A Palestrina Garibaldi respinse le truppe borboniche e durante l’offensiva finale dei francesi (presidente della Repubblica era Luigi Napoleone Bonaparte che poi divenne Napoleone III) si prodigò nella difesa della città tenendo la posizione del Gianicolo da cui i francesi volevano bombardare Roma. La città venne assaltata dai francesi all’alba del 3 giugno. Il primo obiettivo era la conquista del , monte sopra dal quale si dominava la città. Esso venne parzialmente conquistato solo dopo una sanguinosa battaglia, nella quale si distinsero particolarmente i volontari reduci dalla prima guerra di indipendenza, guidati da Giuseppe Garibaldi.

Quel giorno durante il tentativo di contrattacco alle pendici del Gianicolo, venne ferito Goffredo Mameli, che morirà un mese dopo a causa delle conseguenze della ferita. Dopo altri sei giorni di cannonate, il 26, venne comandato un nuovo assalto al caposaldo dei difensori sul Gianicolo, che fu respinto. Sempre sul Gianicolo si combatté l’ultima battaglia della storia della Repubblica Romana. Il generale Garibaldi difese il Vascello e i volontari attaccarono i francesi alla baionetta.

Ci furono 3.000 italiani fra morti e feriti. Caddero circa 2.000 francesi, ma la battaglia per gli italiani era comunque perduta. Il 1° luglio venne stipulato un breve armistizio per raccogliere i morti e i feriti. Ma per la Repubblica era finita. Proprio nel giorno della capitolazione (Mazzini rifiutò un atto formale di resa) venne approvata la Costituzione della Repubblica. Il giorno dopo l’Apostolo delle genti  dedicò la seguente lettera ai romani.

Lettera ai romani

5 luglio 1849

“Romani! La forza brutale ha sottomesso la vostra città; ma non mutato o scemato i vostri diritti. La repubblica romana vive eterna, inviolabile nel suffragio dei liberi che la proclamarono, nella adesione spontanea di tutti gli elementi dello Stato, nella fede dei popoli che hanno ammirato la lunga nostra difesa, nel sangue dei martiri che caddero sotto le nostre mura per essa. Tradiscano a posta loro gl’invasori le loro solenne promesse. Dio non tradisce le sue. Durate costanti e fedeli al voto dell’anima vostra, nella prova alla quale Ei vuole che per poco voi soggiacciate; e non diffidate dell’avvenire. Brevi sono i sogni della violenza, e infallibile il trionfo d’un popolo che spera, combatte e soffre per la Giustizia e per la santissima Libertà.

Voi deste luminosa testimonianza di coraggio militare; sappiate darla di coraggio civile …

Dai municipii esca ripetuta con fermezza tranquilla d’accento la dichiarazione ch’essi aderiscono volontari alla forma repubblicana e all’abolizione del governo temporale del Papa; e che riterranno illegale qualunque governo s’impianti senza l’approvazione liberamente data dal popolo; poi occorrendo si sciolgano. … Per le vie, nei teatri, in ogni luogo di convegno, sorga un grido: Fuori il governo dei preti! Libero Voto! …

I vostri padri, o Romani, furon grandi non tanto perché sapevano vincere, quanto perché non disperavano nei rovesci.

In nome di Dio e del popolo siate grande come i vostri padri. Oggi come allora, e più che allora, avete un mondo, il mondo italiano in custodia.

La vostra Assemblea non è spenta, è dispersa. I vostri Triumviri, sospesa per forza di cose la loro pubblica azione, vegliano a scegliere a norma della vostra condotta, il momento opportuno per riconvocarla”.

La mattina del 2 luglio Garibaldi tenne in Piazza San Pietro un discorso: “Io esco da Roma: chi vuol continuare la guerra contro lo straniero, venga con me… non prometto paghe, non ozi molli. Acqua e pane quando se ne avrà“. Diede appuntamento per le 18:00 in Piazza San Giovanni, Con  circa 4. 000 armati con ottocento cavalli e un cannone e, alle ore 20:00, uscì dalla città e cominciò una lunga marcia attraverso l’Italia centrale, inseguito da tutti gli eserciti (tra cui le truppe austriache) che erano scesi in campo. L’obiettivo di Garibaldi era quello di raggiungere Venezia che continuava a resistere all’assedio. Il 31 luglio le truppe garibaldine rimaste trovarono rifugio nella Repubblica di San Marino.

Di lì raggiunsero Cesenatico, armarono una flottiglia di navi da pesca e volsero verso la Laguna, ma furono intercettati e dispersi dalla flotta austriaca. Durante la fuga Garibaldi si fermò a seppellire la giovane moglie Anita nei pressi di Comacchio. Alcuni di quelli che lo avevano seguito come Ciceruacchio, Ugo Bassi ed altri, furono catturati e fucilati. A Brescia furono impiccati dodici patrioti.

PS:

Il 9 febbraio di quest’anno ricorre anche il 130° anniversario della nascita di uno dei più importanti leader socialisti del secolo scorso: Pietro Nenni. Nato a Faenza nel 1891 morì a Roma il 1° gennaio del 1980, commemorato da Bettino Craxi e da Luciano Lama. Nenni attraversò da protagonista tutti i principale avvenimenti del Secolo breve. Dalle prime lotte popolari (si vantò sempre di aver preso parte alla ‘’settimana rossa’’) all’impegno politico antifascista (benché avesse un rapporto personale con Mussolini per le medesime origini romagnole e per la comune militanza socialista, che costò ad ambedue un soggiorno nelle carceri del Regno).

Dopo l’affermazione del fascismo, Nenni prese la via dell’esilio in Francia, prese parte alla Guerra di Spagna. Caduto il fascismo ricoprì importanti incarichi nei governi dei partiti del CNL, nella battaglia per la Repubblica (celebre la sua frase ‘’o la Repubblica o il caos’’). Quando si interruppe l’inità dei partiti antifascisti, Nenni scelse l’alleanza con Pci nel Fronte popolare che venne clamorosamente sconfitto nelle elezioni del 1948. I fatti di Ungheria del 1956 determinarono nel Psi l’inizio di un percorso di autonomia dal Pci che condusse nel 1964 al primo governo di centro sinistra, presieduto da Aldo Moro, con la Dc ed i partiti laici minori. (questa scelta provocò la scissione della sinistra del partito che diede vita al Psiup). In tale quadro di alleanze Nenni ricoprì incarichi di governo: fu titolare degli Esteri (lo era già stato nell’immediato dopoguerra) e vice presidente del Consiglio.

Nel 1966 Nenni condusse il partito alla riunificazione col PSDI (Giuseppe Saragat era stato eletto alla Presidenza della Repubblica). Tre anni dopo, in seguito ad una pesante sconfitta elettorale, il partito riunificato torno a scindersi. Da allora Nenni rimase in una posizione defilata e delusa di minoranza, fino a quando non venne eletto segretario del partito Bettino Craxi, dopo la svolta  detta dell’Hotel  Midas nel luglio 1976, a seguito della sconfitta elettorale del partito sotto la guida di Francesco De Martino. Nenni non fu solo un ‘’padre della Patria’’, ma un valente giornalista, uno scrittore, uno storico che percorse con i suoi scritti gli eventi del XX Secolo. Grande oratore sia nei discorsi parlamentari che nelle piazze. Buon comunicatore nelle prime esibizioni televisive.

Oggi 9 febbraio è infine il compleanno di uno di noi: il presidente di Firstonline Ernesto Auci, a cui fanno i nostri migliori auguri.

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