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Wall Street: tre record e tre driver. La Consob gela Vivendi

Il rally delle Borse non si ferma. Ma il testimone del rialzo passa dall’Europa a Wall Street, dove ieri sia il Dow Jones (+0,2%) che S&P 500 e Nasdaq, entrambe +0,1% , hanno messo a segno nuovi record storici nonostante l’andamento deludente di Apple (-0,8%). A favorire la ripresa ci hanno pensato dollaro (1,878 sull’euro) e petroliferi, ma il vero driver è politico. Dopo l’accordo sul budget, i democratici hanno raggiunto una seconda intesa con il presidente Trump, stavolta sull’immigrazione. A questo punto Wall Street torna a credere che il piano per la riduzione delle tasse (aliquota in calo dal 35 al 15%) che il segretario al Tesoro Stephen Mnuchin presenterà il giorno 25 possa avere successo.

Dollaro e petrolio in ascesa garantiscono nuova energia al Toro, ma a frenare l’euforia ci pensa stavolta la Cina: In agosto la produzione industriale cinese è salita del 6%, meno dl 6,6% stimato dal consensus. Sotto le attese anche le vendite al dettaglio, che comunque sono salite del 10,1%. Hong Kong scende dello 0,4%. L’indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzen perde lo 0,2%. La Borsa del Giappone è in lieve calo nel finale di seduta: Nikkei -0,2%. In rialzo Mumbai (+0,3%) e Seul (+0,2%).

Ma oggi i riflettori si concentreranno sull’inflazione e i suoi effetti sui tassi. Stamane la Bank of England dovrà decidere se alzare o meno il costo del denaro per far fronte all’aumento dei prezzi (+2,9%). Nel primo pomeriggio il dato sull’inflazione Usa potrebbe dare una spinta “forte” al dollaro ed ai tassi Usa.

PIÙ TAGLI DEL PREVISTO, IL PETROLIO RIALZA LA TESTA

Il petrolio accelera in rialzo di circa un punto percentuale. Il Brent è scambiato a 54,60 dollari, il Wti a 48,60 dollari sui massimi da tre mesi. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie) ha rivisto al rialzo le stime per il 2017 sulla domanda globale di greggio portandole a 1,6 milioni di barili al giorno da 1,5 milioni di barili previsti in precedenza. Nel frattempo ha segnalato che i tagli alla produzione messi in atto dai Paesi non-Opec hanno superato i target previsti. 

Nel complesso i tagli hanno infatti raggiunto il 118% di quanto prefissato. Il Kazakistan ha superato l’obiettivo di quasi tre volte, tagliando la produzione in agosto di 54.000 barili al giorno con una quota fissata di 20.000. L’Azerbaigian ha ridotto la produzione in agosto di 78.000 barili con una quota di 54.000 barili al giorno. Il Messico ha tagliato la produzione di 170.000 barili contro una quota di 100.000 barili. La Russia arrivata al 105% di quanto prefissato, riducendo la produzione di 316.000 barili contro una quota di 300.000 barili al giorno.

A Wall Street Chevron (+1,5%) è stata la miglior blue chip. Eni +0,1% a 13,6 euro dopo che il colosso italiano dell’energia ha firmato un accordo di collaborazione con la China National Petroleum Corporation (Cnpc). Saipem +1% e Tenaris +1,6%.

PIATTE LE BORSE UE, JUNCKER LANCIA IL FONDO MONETARIO EUROPEO

Piatta Piazza Affari, poco mossi i listini europei nel giorno in cui il presidente Jean-Claude Juncker ha annunciato nuove proposte per rafforzare l’assetto dell’Unione Monetaria. L’idea principale è di trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità in un Fondo Monetario Europeo. A Milano l’indice Ftse Mib ha chiuso invariato sui massimi dal 2015 ad un soffio da 22.300 punti.

Poco mosso anche il resto dell’Eurozona: la Borsa migliore è Madrid, +0,34%. I prezzi al consumo della Spagna hanno mostrato ad agosto un rialzo di 0,2% su mese, dopo il -0,7% di luglio, e di 1,6% su anno, in rialzo dall‘1,5% del mese precedente. Francoforte +0,23%. Anche in Germania i prezzi al consumo hanno messo a segno in agosto un rialzo dello 0,2% su mese e dell’1,8% su anno. Parigi +0,16%. In terreno negativo Londra, -0,28%. Oggi la Bank of England dovrà decidere se alzare o meno i tassi dopo l’impennata dell’inflazione (+2,9%). Alla vigilia il board sembra più diviso che mai. Nelll’Eurozona la produzione industriale è aumentata a luglio dello 0,1% su base mensile e del 3,2% su base annuale.

IL FISCO UE HA PERDUTO 5,4 MILIARDI DI GOOGLE E FACEBOOK

Gli Stati membri dell‘Unione europea potrebbero aver perso 5,4 miliardi di euro di gettito fiscale da Google e Facebook tra il 2013 e il 2015, secondo un report di un deputato europeo responsabile di un progetto di riforma che potrebbe aumentare l‘importo delle tasse pagate dai colossi del web.

Il documento, anticipato da Reuters, sarà pubblicato giovedì, alla vigilia della riunione dei ministri finanziari dell‘Unione europea a Tallinn, dove discuteranno delle modalità di aumentare il prelievo fiscale sui giganti delle società online, accusati di versare troppo poco in Europa.

PRAET (BCE): IL QE È ANCORA NECESSARIO

Ancora grandi manovre sulla politica monetaria della Bce. Dopo da sortita del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble a favore della “normalizzazione” dei tassi è arrivata la replica di Peter Praet, capo economista della banca di Francoforte. “È cruciale mantenere condizioni di finanziamento molto accomodanti, che dipendono dall’attuale politica monetaria” ha detto Praet. “Pertanto, mantenere la mano salda continua ad essere critico per incoraggiare una convergenza durevole dell’inflazione verso il nostro obiettivo”.

BTP, TASSI IN RIALZO NEL GIORNO DELLE ASTE

Chiusura in calo per il mercato obbligazionario italiano, impegnato a digerire la tornata di aste a medio-lungo termine. A spingere verso alto i rendimenti dei governativi della zona euro è anche la prospettiva che il mese prossimo la Banca centrale europea annunci una riduzione dell’importo mensile del quantitative easing. Il tasso del decennale italiano si attesta a 2,050% da 2,019% del finale di seduta di ieri; lo spread con l’analoga scadenza del Bund si allarga a 164 punti base da 162 punti base di ieri sera.

All’asta di ieri il ministero dell’Economia ha raccolto l’importo massimo di 8 miliardi di euro in Btp spalmati sulle scadenze a 3, 7 e 20 anni. I tassi sono risultati tutti in calo, anche se su livelli superiori a quelli osservati sul secondario la settimana scorsa. Il Tesoro italiano ha così completato il 75% del funding del 2017. È stata una seduta ricca di offerte nell’Eurozona: alle emissioni italiane si sono aggiunti 2,446 miliardi della riapertura del decennale tedesco e 850 milioni di carta portoghese, sempre a dieci anni, mentre l’Austria ha debuttato sul tratto 100 anni con un’emissione da 3,5 miliardi. Oggi l’Irlanda metterà a disposizione fino a 1 miliardo di euro in titoli a 9 e 20 anni.

Il governo greco si aspetta di centrare un avanzo primario migliore delle attese quest‘anno e ha in programma di tornare nuovamente sul mercato dei capitali entro sette mesi. Atene è tornata ad emettere per la prima volta dopo tre anni sul segmento a medio-lungo termine in luglio, quando ha lanciato un bond quinquennale da 3 miliardi di euro, parallelamente al riacquisto di titoli emessi nel 2014.

VEGAS CONTESTA A BOLLORÉ IL CONTROLLO DI TELECOM

“Ad esito di un’approfondita analisi della normativa in vigore e degli elementi di fatto, la Consob ha concluso che la partecipazione di Vivendi in Tim debba essere qualificata come una partecipazione di controllo di fatto ai sensi dell’art. 2359 del codice civile e dell’art. 93 del Tuf, oltre che della disciplina in materia di operazioni con parti correlate”. Così la Consob si è pronunciata sui rapporti che intercorrono tra Vivendi e Tim. Una vera e propria mazzata per il gruppo francese che, secondo la decisione, dovrebbe ora consolidare nel proprio bilancio di gruppo i debiti di Telecom Italia (-0,9% a 0,78 euro).

Immediata la replica di Vivendi. “Da un preliminare esame – si legge nella nota del gruppo – si rileva che il provvedimento si discosta in maniera rilevante dalla consolidata interpretazione in materia di controllo societario, cui Tim (e ragionevolmente il mercato intero) si è sempre costantemente e rigorosamente attenuta”. Di qui la decisione di “porre in essere le azioni legali a propria tutela nelle sedi competenti, sicura della correttezza dei propri comportamenti e della solidità delle proprie argomentazioni”.

IL 19,9% DEL BISCIONE AD UN TRUST

L’AgCom, nel frattempo, ha preso atto del “piano di ottemperanza” presentato da Vivendi in merito alla scelta tra le quote detenute in Tim e quelle in Mediaset. Il gruppo transalpino ha proposto di trasferire ad un trust il 19,19% della quota detenuta in Mediaset. L’Autorità si riserva di fare le valutazioni necessarie sul piano presentato dai francesi entro aprile del prossimo anno.

UN REPORT DI MACQUARIE AFFONDA MEDIASET

Mediaset ha subito ieri un pesante rovescio in Piazza Affari precipitando a 2,94 euro (-5%). A penalizzare l’azione è stata la bocciatura da parte di Macquarie, che ha portato il rating da outperform a underperform, con prezzo obiettivo tagliato da 4,3 a 2,1 euro. Per gli esperti, alla luce delle incertezze relative alla partecipazione di Vivendi, bisogna rifocalizzarsi sulla società stand alone. E il titolo si sta avvicinando ai livelli di inizio dicembre, vale a dire prima del rally messo a segno in seguito alla scalata nel capitale da parte dei francesi.

“Il nostro precedente rating outperform – ha spiegato il broker- era basato su un bid potenziale per il 100% delle azioni Mediaset da parte di Vivendi, ma gli ostacoli regolatori appaiono maggiori del previsto”, hanno osservato gli analisti. Inoltre, secondo Macquarie lo scenario politico italiano in vista delle elezioni del prossimo anno è contrastato e in questo contesto “l’approccio di Vivendi a Mediaset è meno prevedibile”.

TENSIONI SUI TASSI: BANCHE SU, UTILITIES GIÙ

A frenare Piazza Affari è stato il comparto delle utility: la struttura finanziaria di queste società è normalmente caratterizzata da elevato debito, di conseguenza i titoli sono fra i più sensibili al rialzo dei tassi. Enel arretra dello 0,7%, Terna -1,3%, Snam -0,5%. Debole, ma vicina al record storico, Atlantia -0,4%.

I segnali al rialzo sui tassi continuano invece a favorire la ripresa del comparto bancario. “In assenza di significativi shock esterni”, ha osservato Equita sim, “le banche possono avvicinare il costo del capitale nel 2019, visto che il miglioramento dell’asset quality spiega circa 4 punti di miglioramento del Rote. In linea con l‘indice europeo ha guidato la corsa Banco Bpm (+1,68%) su cui Ubs ha avviato la copertura con “buy”. L’istituto ha dato mandato a un gruppo di banche di gestire i colloqui con investitori finalizzati al lancio di un bond subordinato di tipo Tier2.

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In terreno positivo Intesa (+1%) e Unicredit (+0,1%). Le due banche hanno ceduto le azioni Eramet, già possedute dalla Tassara di Romain Zalesky, approfittando i del boom del nickel, sostenuto dalla decisione di Pechino di puntare sull’auto elettrica. Ubi +0,6%.

MONCLER E YNAP SULLE STELLE, LA UE FRENA LUXOTTICA

Fra i titoli industriali, Fiat Chrysler +0,5%, Stm invariata, Leonardo -0,4%. Buzzi +1,4%: Mediobanca Securities ha alzato la raccomandazione da neutral a outperform, con prezzo obiettivo che passa da 24,5 a 24 euro. Gli esperti sottolineano come ad agosto ci sia stata una serie di sfortunati eventi avversi, tra cui appunto l’uragano Harvey in Texas e la debolezza del dollaro, che hanno portato a un abbassamento delle stime di Ebitda 2017-2019 del 4%.

Nel lusso, Moncler +1%, segna il nuovo record storico a 25,13 euro.
Da inizio anno il rialzo è del 50%, una delle migliori performance tra le blue chip di Piazza Affari. Sale ancora Ynap (+2,21%). Richemont Holdings ha riportato la propria partecipazione nella società al 25% del capitale votante. Frena invece Luxottica (-2,4%): è a rischio, causa i vincoli posti dall’Antitrust, la fusione con Essilor (-2,23% a Parigi).

Cairo Communications+1,43%: Mediobanca Securities ha alzato il prezzo obiettivo sul titolo da 4,25 a 4,55 euro, ribadendo il rating neutral dopo i risultati del primo semestre 2017.

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