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Trump-Musk: come i due si possono fare reciprocamente male se mettessero a terra le minacce?

Imagoeconomica

Quando si passa dall’amore all’odio, due antagonisti muscolari come Donald Trump ed Elon Musk, dopo le minacce reciproche, non hanno che da prepararsi ad affilare le armi valutando costi e benefici, pro e contro, di una guerra aperta. I due possono farsi reciprocamente piuttosto male, anche se in modi diversi: il presidente Trump potrebbe subire danni soprattutto dal lato politico ed etico, per Musk le consegenze si potrebbero vedere sul suo impero industriale. In mezzo ci sono gli stessi Stati Uniti che si trovano a dover fronteggiare guerre, rapporti tesi con la Cina e dispute economiche alimentate anche dalla Casa Bianca, mentre il ponte di comando traballa.

Le armi di Musk contro Trump

Per ora Musk rappresenta per Trump e i repubblicani una minaccia soprattutto politica perchè può alimentare dissensi che possono costare ai repubblicani una sconfitta nelle elezioni di mid term del prossimo anno. Musk non solo non finanzierà più le campagne elettorali dei MAGA, ma ora minaccia di attaccare pubblicamente i repubblicani che stanno esaminando una legge di bilancio da lui definita un “abominio disgustoso”, sostenendo che i deputati che l’hanno votata “sanno di aver sbagliato”. Il disegno di legge è stato approvato di misura dalla Camera il mese scorso ed è ora all’esame del Senato, dove i repubblicani di Trump stanno valutando di apportare modifiche. Analisti indipendenti stimano che la misura aggiungerebbe 2.400 miliardi di dollari ai 36.200 miliardi di dollari del debito statunitense in 10 anni, il che preoccupa molti legislatori, compresi alcuni repubblicani falchi fiscali.

Musk ha anche dichiarato che è giunto il momento di creare un nuovo partito politico negli Stati Uniti “che rappresenti l’80% della popolazione di mezzo!” con l’obiettivo di soppiantare il Grand Old Party.

Inoltre, rilanciando un tweet di un suo follower che propone l’impeachment, (poi cancellato) è sembrato voler puntare addirittura alla defenestrazione del presidente. Poi c’è il capitolo etico: Musk sostiene di avere prove di un suo stretto rapporto con Jeffrey Epstein, morto suicida in carcere nel 2019 dopo le condanne per abusi sessuali e traffico di minorenni: i documenti sul caso, che Trump aveva promesso di rendere pubblici, sono ancora chiusi nei cassetti del ministero della Giustizia proprio perché dentro ci sarebbe la prova dei coinvolgimenti del presidente. Fin qui l’irritazione per i comportamenti del presidente è rimasta sottotraccia, ma non è detto che Musk non riesca ad alimentare il dissenso di una parte del mondo conservatore.

Quanto al caso Epstein, l’aveva riaperto il giornalista e scrittore Michael Wolff pubblicando, alla vigilia delle elezioni presidenziali dello scorso novembre, i nastri di registrazioni di sue interviste del 2017 nelle quali il reclutatore e sfruttatore di Lolite raccontava la sua stretta amicizia giovanile con Trump e i suoi voli sul suo aereo privato, soprannominato “Lolita Express”. Voli sempre smentiti da Trump. A novembre le registrazioni di Wolff furono liquidate dalla campagna di Trump come interferenza elettorale e furono accantonate. Ora possono tornare d’attualità: già in questi giorni sono circolate in rete filmati di apparizioni pubbliche di Trump a fianco di Epstein. E Musk sostiene di avere molto materiale esplosivo.

Per quanto riguarda poi l’arma “tecnologica” di Musk, i contorni sono più sfumati. Musk dispone, è vero, di un immenso potere industriale e militare tra cui missili, navi spaziali, satelliti spia, i satelliti di telecomunicazioni Starlink. Tuttavia Musk non può ritirare di punto in bianco le tecnologie di sicurezza che ha fornito al Pentagono o ai servizi segreti: verrebbe espropriato del controllo di questi sistemi per motivi di sicurezza nazionale. E, infatti, si è rapidamente rimangiato la minaccia di “decommissionare” le astronavi Dragon di SpaceX: l’unico veicolo americano in grado di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale trasportando astronauti e materiali Usa.

Le bombe che Trump potrebbe sganciare su Musk

Il primo ad aver lanciato una rappresaglia è stato Steve Bannon, nemico giurato di Musk e ultrà della fazione tradizionalista dei MAGA, che ha chiesto addirittura la sua espulsione dagli Stati Uniti: lo bolla come immigrato illegale e propone la confisca delle sue aziende tecnologiche che forniscono prodotti e servizi al governo e alle forze armate Usa. Trump fino a un certo momento ha cercato di non andare allo scontro diretto, ma quando Musk ha criticato il suo “bellissimo” disegno di legge dicendo che porterà a un aumento del debito Usa, il presidente Usa non ci ha visto più e ha iniziato a contrattaccare.

Sul suo social Truth ha scritto: “Il modo più facile per risparmiare soldi del nostro budget, miliardi e miliardi di dollari, è mettere fine ai contratti e ai sussidi governativi di Elon”

Ma alle singole aziende Trump può fare davvero male a Musk: non solo con la revoca degli incentivi per l’auto elettrica, ma imponendo regole e vincoli autorizzativi destinati a rallentare lo sviluppo di nuove tecnologie innovative e al loro sperimentazione con stop ai robotaxi o rallentamento dei lanci delle astronavi Starship denunciati come pericolosi o inquinanti. Certo, revocare le commesse alle sue aziende non è molto sensato perché, almeno nel campo della sicurezza e dello spazio, i prodotti e i servizi di Musk sono i più avanzati, in molti casi privi di alternative praticabili.

In un’analisi del Washington Post dello scorso febbraio, si calcola che tra casa automobilistica, spazio e difesa, le aziende di Musk hanno ricevuto negli anni dal governo 38 miliardi di dollari in contratti, prestiti, sussidi, crediti d’imposta. Un aiuto considerevole soprattutto in momenti critici che ha contribuito a far diventare Musk l’uomo più ricco del mondo. Solo l’anno scorso, alle aziende di Musk sono stati promessi 3 miliardi di dollari per circa 100 contratti con 17 agenzie governative. In particolare, i due fiori all’occhiello di Musk, Tesla e Space X, hanno concluso contratti governativi per un valore di almeno 15,4 miliardi di dollari nell’ultimo decennio.

Quasi tutti i soldi sono stati incassati da Space X, una delle startup più preziose al mondo con un valore di mercato di 350 miliardi di dollari, che ha contratti federali con la Difesa per 3,6 miliardi di dollari. Ora potrebbero essere a rischio anche i satelliti Starlink di SpaceX, che forniscono la banda larga nelle aree rurali, un maxi progetto da 42 miliardi di dollari, e che hanno contratti con il Pentagono e soprattutto con la Nasa per 11,8 miliardi di dollari. Ma poi ci sono i contratti non classificati dal dipartimento della Difesa e dalla Nasa: secondo Bloomberg, dal 2000 SpaceX ha ricevuto più di 22 miliardi di dollari. E’ il caso, scrive Reuters, dei satelliti spia sviluppati da Space X per la National reconnaissance office, la divisione dei satelliti spia del Pentangono: il “Wall Street Journal” ha scritto che solo quel contratto valeva 1,8 miliardi di dollari.

Poi c’è il capitolo legale. Le aziende di Musk si trovano sempre più spesso ad affrontare battaglie normative e indagini federali sovrapposte provenienti da tutto il governo. Le sue aziende sono state prese di mira in almeno 20 recenti indagini, ad esempio in merito alla sicurezza delle auto Tesla e ai danni ambientali causati dai razzi di Space X. Le aziende di Musk hanno perso potere quando il miliardiario ha lasciato il Doge. Un esempio? Da consulente del governo Musk aveva messo in discussione una norma che imponeva a SpaceX di ottenere un’autorizzazione per scaricare grandi quantità di acqua potenzialmente inquinata dalla sua rampa di lancio in Texas. Musk aveva anche affermato che limitare questo tipo di controllo potrebbe aiutare SpaceX a raggiungere Marte in meno tempo, “a patto che non venga soffocata dalla burocrazia”, aveva scritto su X.

Trump potrebbe anche accusare Elon di aver violato gli obblighi derivanti dalla clearance di sicurezza che gli è stata assegnata, vista la segretezza delle tecnologie militari che produce per il Pentagono. Una clearance che gli dà il privilegio di mettere il naso quasi ovunque, ma che gli impone anche severi vincoli che l’imprenditore può aver violato facendo uso di ketamina e altri stupefacenti, non riferendo i contatti che può aver avuto con personaggi “sensibili” dal punto di vista della sicurezza: per esempio i colloqui con Putin smentiti da Musk ma confermati dal Cremlino. Inoltre c’è il sospetto che l’imprenditore, che ha grossi interessi in Cina dove ha costruito la più grande delle fabbriche Tesla, abbia chiesto al Pentagono un rapporto sui piani militari americani in caso di guerra col gigante asiatico.

Da valutare semmai il costo della guerra: annullare i contratti governativi può essere una manovra costosa e politicamente rischiosa. La maggior parte dei contratti federali include una clausola che consente la “rescissione per convenienza”, ma spesso ciò comporta che il governo rimborsi agli appaltatori miliardi di costi irrecuperabili o bloccati.

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