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Tim, De Puyfontaine (Vivendi) si dimette in velata polemica con i vertici ma le decisioni sono sempre state unanimi

Imagoeconomica

Come si ventilava da giorni il francese Arnaud de Puyfontaine, Ceo di Vivendi – che è il maggior azionista della prima compagnia telefonica italiana con il 23,8% del capitale – si è dimesso “con effetto immediato” dal consiglio d’amministrazione di Tim. Le motivazioni delle dimissioni sono sibilline ma è noto da tempo il malessere dei francesi, la cui campagna italiana è stata finora disastrosa con perdite potenziali di 3 miliardi ma di cui non si è mai capito bene quale fosse la reale strategia e che cosa realmente volessero fare in Tim.

De Puyfontaine spiega che, in “questa fase di dialogo costruttivo fra i principali azionisti di Tim e le istituzioni sotto la guida del nuovo Governo, sia fondamentale che tutte le parti siano libere di lavorare in maniera costruttiva e trasparente nell’interesse della Società e di tutti i suoi azionisti”. In tal senso De Puyfontaine ritiene “opportuno dedicarsi, come Chief Executive Officer di Vivendi, a ristabilire per Tim un percorso di crescita ed ad assicurare che il valore reale del Gruppo e della rete, nella sua unicità, siano correttamente riconosciuti”.

De Puyfontaine: è la presidenza di Tim il vero obiettivo

Ma a che cosa punta realmente De Puyfontaine in Tim? È da mesi che i rumour parlano dell’aspirazione dei francesi a conquistare la presidenza di Tim sostituendo Salvatore Rossi, che ha sempre interpretato la presidenza del Gruppo come garante di tutti gli azionisti, con una persona di loro stretta fiducia, individuata in Massimo Sarmi, presidente della controllata FiberCop con una lunga carriera alle spalle nelle telecomunicazioni e nelle Poste e non a caso entrato di recente nel cda di Tim. Le aspirazioni di Vivendi sono chiarissime – anche se le motivazioni sono tortuose – ma che si realizzino è tutto da vedere perché allo stato i francesi non sembrano avere i numeri nel cda per scalare la presidenza della compagnia. Ma perché ambiscono alla presidenza di Tim? Per smarcarsi dall’Ad Pietro Labriola e avere “mani libere” nelle trattative sulla rete con il Governo e gli altri azionisti. Partita tuttavia assai incerta.

De Puyfointaine dimentica che tutte le decisioni del cda di Tim sono state assunte all’unanimità

C’è un punto nelle dimissioni del Ceo di Vivendi dal cda di Tim che però rivela la debolezza delle motivazioni e fa trasparire la vera ragione del malessere che trova la sua origine nella caduta del titolo Tim in Borsa e nelle pesanti perdite potenziali finora accumulate dal gruppo di Vincent Bollorè nella campagna telefonica italiana, anche se De Puyfontaine mette le mani avanti e si preoccupa di far sapere che “Tim e l’Italia restano centrali nei piani di investimento di Vivendi”. Ma il punto essenziale che non può essere messo tra parentesi è che negli ultimi tre anni tutte le decisioni del cda di Tim sono state sempre approvate all’unanimità e dunque anche con il consenso dei francesi di Vivendi. Cambiare idea è lecito ma sarebbe più elegante farlo a carte scoperte.

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Categories: Finanza e Mercati

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