X

Terre rare, la strana alleanza tra Usa e Cina in Sudamerica: ecco cosa sta succedendo

Pixabay

Sullo sfondo delle mosse del presidente Donald Trump ci sono spesso le terre rare. Lo si è visto nelle trattative per la pace in Ucraina, con l’intenzione di “spartirsi” con la Russia i preziosi minerali, e lo si vede in queste settimane nei difficoltosi negoziati sui dazi. L’energia è al centro di tutto e non a caso nell’accordo raggiunto con l’Unione europea il presidente Usa è riuscito a strappare la promessa di Bruxelles di acquistare più gas naturale liquefatto agli Usa. Lo stesso vale per il Brasile, che tra i Paesi colpiti dall’ultima ondata di tariffe, annunciata circa un mese fa, è letteralmente l’unico col quale in realtà Washington ha un saldo commerciale positivo. In questo caso l’ostilità è politica, per mettere in difficoltà il governo del socialista Lula e sostenere l’ex presidente Jair Bolsonaro, nei cui confronti secondo il tycoon è in corso una “caccia alle streghe”.

Il Brasile possiede un quarto delle riserve di terre rare nel mondo, ma non estrae

Al di là di questo però il Brasile è anche il secondo Paese al mondo con più riserve di terre rare, dietro solo alla Cina, con 21 milioni di tonnellate, la metà di Pechino (44 milioni) ma quattro volte l’Australia e oltre dieci volte gli Stati Uniti, che possiedono sul proprio territorio il 2% dei minerali critici del pianeta, contro il 24% del Brasile. Il Paese sudamericano fa gola anche per un altro motivo: le proprie aziende energetiche, come ad esempio i colossi Petrobras e Vale, puntano di più sul fossile o sull’estrazione di altri minerali, e quindi il potenziale brasiliano (come in generale quello dell’America Latina, basti pensare al litio della Bolivia che è quasi tutto ancora lì) è inesplorato e per questo più invitante. Al momento in Brasile solo una azienda è specializzata nell’estrazione e nell’export di terre rare e guarda caso è statunitense: si chiama Serra Verde e nel primo semestre di quest’anno ha esportato il 700% in più di queste materie prime strategiche rispetto all’intero 2024.

Le terre rare nella trattativa sui dazi

Non solo: il responsabile economico dell’ambasciata Usa a Brasilia, che manco a farlo apposta si chiama Gabriel Escobar, ha già fatto capire al vice-presidente brasiliano Geraldo Alckmin, incaricato da Lula di seguire la trattativa sui dazi, che un accordo in effetti si potrebbe trovare, in cambio di un impegno sulle terre rare. Insomma il trucco è chiaro: minacciare di applicare dazi altissimi e di fronte alla preoccupazione dell’interlocutore di vedere le proprie esportazioni azzoppate (nel caso del Brasile sarebbe drammatico per la carne bovina e il caffè) proporre un controfavore per desistere.

Serra Verde opera a Minaçu, nello Stato di Goiàs, e ha intenzione di diventare la prima fabbrica fuori dalla Cina a produrre quattro elementi magnetici critici come neodimio, praseodimio, terbio e disprosio. E il Brasile è anche ricco di niobio, minerale fondamentale per rivoluzionare il mercato delle auto elettriche, essendo in grado di ridurre di tanto i tempi di ricarica delle batterie rispetto al litio. In totale, ricordiamolo, le terre rare sono 17 elementi chimici di cui la crosta terrestre è ricca, ma sono di difficile estrazione e al tempo stesso importantissime per l’economia di oggi e di domani: auto elettriche, pannelli solari, pale eoliche, e altre funzioni legate allo Spazio e – da non sottovalutare in tempi di guerre – alla Difesa.

Perché Serra Verde vende quasi solo alla Cina?

L’aspetto curioso dell’attività di Serra Verde, che indisturbata ha le mani sulle riserve in un Paese straniero (e dopo la trattativa sui dazi potrebbe non essere più l’unica) è che quasi tutto l’export va in direzione Pechino, cioè viene venduto ai rivali cinesi. Perché? Perché in realtà le terre rare non basta nemmeno estrarle, vanno separate e raffinate e in questo la Cina ha acquisito in questi anni un enorme vantaggio competitivo, tanto che possiede non solo la metà delle riserve ma soprattutto il 90% delle raffinerie di minerali critici di tutto il mondo. Ecco perchè dopo una fase estrattiva intensa, secondo la stampa brasiliana Serra Verde ha sospeso l’attività per investire sulla tecnologia e non dipendere più da Pechino. E in tutto questo, il Brasile come si pone? Lula dice che “nessuno può mettere le mani sulle nostre risorse”, ma in realtà è quello che rischia di accadere.

Related Post
Categories: Mondo