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Sarà il fattore campo, ma Londra 2012 è da record per la Gran Bretagna: mai così tante medaglie!

E alla fine le ottimistiche previsioni su una grande Olimpiade da parte degli atleti britannici si sono rivelate azzeccate: infatti, a meno di due giorni dalla chiusura delle gare, la Gran Bretagna ha già tagliato il traguardo delle 59 medaglie, conquistando 26 ori, risultato mai più raggiunto dopo i primi Giochi londinesi del 1908, quando però le Nazioni presenti erano solo 22 e i racconti del tempo narrano di regole e favori tutti rivolti agli atleti di casa. Quindi, esclusa quella lontana edizione, il record precedente era quello di quattro anni fa a Pechino con 47 medaglie, già 17 in più rispetto ad Atene, numeri superati dal grande successo di queste due settimane, che hanno portato la Union Jack saldamente al terzo posto del medagliere, alle spalle di Usa e Cina (che come da pronostico hanno fatto corsa a parte), anche per la gioia della coppia reale William e Kate, visti spessissimo sulle tribune a seguire le varie discipline lasciandosi andare a un tifo scatenato, ma anche a giustificare i circa 320 milioni di euro spesi in questi anni per tutto quello che riguardava la preparazione dei propri atleti.

E pensare che l’avventura della spedizione britannica non era iniziata certo nel migliore dei modi, con nessun oro e solo tre medaglie ottenute nei primi quattro giorni, fatto che aveva addirittura portato il tabloid inglese The Sun ad implorare gli atleti scrivendo sul proprio sito : “Vogliamo una medaglia d’oro, in qualsiasi sport e il prima possibile, per favore”. Inoltre iniziava a diffondersi un passaparola su una possibile maledizione di TutanCameron, ovvero il fatto che la presenza sugli spalti del primo ministro David Cameron portasse sfortuna agli atleti britannici, anche a quelli favoriti, soprattutto dopo le delusioni e gli insuccessi di Tom Daley e del suo compagno nei tuffi sincronizzati e di Mark Cavendish nella prova di ciclismo su strada, facendo riferimento alla sua presenza anche nell’ultima finale di Wimbledon, persa da Murray contro Federer. Ma, fortunatamente per i tifosi britannici, da lì in avanti sono arrivate solo soddisfazioni e grandi prestazioni.

La prima medaglia d’oro è arrivata con il canottaggio femminile, grazie alla coppia del due senza Heather Stanning – Helen Glover, che ha messo fine all’attesa spasmodica di stampa e tifosi dopo 5 giorni e 12 ore di passione (qualche sito inglese ha cronometrato pure i minuti e i secondi), nella stessa giornata poi è arrivato anche il successo di Bradley Wiggins nella cronometro di ciclismo, prova dominata dal vincitore dell’ultimo Tour de France e che ha visto anche il terzo posto dell’altro britannico Froome.

E’ stato proprio con il ciclismo, ma su pista, che la Gran Bretagna ha fatto man bassa di medaglie, portando a casa 7 ori sui 10 in palio, più un argento e un bronzo (quattro anni fa a Pechino gli ori furono sempre 7, ma i podi addirittura 12), stabilendo ben tre record del mondo. In un velodromo che ha fatto registrare per tutta la settimana delle gare un enorme successo di pubblico, l’ultimo giorno è stato possibile anche rendere omaggio all’eroe di casa (e portabandiera alla cerimonia inaugurale) Chris Hoy, che con la vittoria nel keirin ha aggiunto un’altra perla ad una carriera leggendaria. Il ciclista scozzese, a cui la regina nel 2009 ha conferito il titolo di Sir, con 6 ori olimpici, due vinti in questa edizione, ha scavalcato l’altro baronetto Steve Redgrave (5 ori e un bronzo), il canottiere che alla cerimonia  di apertura è stato il penultimo tedoforo, diventando lo sportivo britannico più vincente di sempre alle Olimpiadi. L’equivalente femminile di Chris Hoy a questi Giochi sarebbe dovuta essere Victoria Pendleton (2 ori olimpici, 9 titoli mondiali e 26 titoli nazionali), ma la rivalità decennale con l’australiana Meares l’ha indotta all’errore nello sprint, la sua ultima gara della carriera, dove si è dovuta accontentare dell’argento, chiudendo quest’avventura con il “solo” oro nel keirin. A raccogliere il suo testimone, comunque, ci ha già pensato la ventenne Laura Trott, che è stata capace di vincere due ori in tre giorni (omnium e inseguimento a squadre), diventando la nuova stella del velodromo.

Nel tripudio di vittorie britanniche in queste prove da notare due episodi che hanno causato non poche polemiche. Il primo riguardante le ruote delle bici degli atleti di casa, definite speciali, se non truccate, dalla Federazione ciclistica francese, insospettita dai tanti decimi di secondo guadagnati dai britannici e dal fatto che essi le infilavano subito nei copriruota appena finito di utilizzarle. Una discussione che ha rischiato di diventare un caso diplomatico tanto che è intervenuto il premier inglese David Cameron invitando i francesi a un comportamento più degno accettando la sconfitta, tanto più che tutte le biciclette di tutti gli atleti, non solo britannici, montavano tubolari prodotti da una casa francese. L’altra polemica ha riguardato la gara vinta dal team britannico nello sprint a squadre maschile in una finale tesissima contro la Francia, che ha regalato l’oro a Chris Hoy, Jason Kenny (ragazzo ritenuto in patria il nuovo fenomeno della pista) e Philip Hindes. La questione è ruotata intorno a una caduta di quest’ultimo nel primo round di qualificazione, errore fatto di proposito, come ha successivamente e candidamente ammesso lo stesso Hindes. Il ciclista ha spiegato di essere caduto apposta per sfruttare un cavillo del regolamento, ovvero che in caso di incidente nelle prime fasi della gara, il team coinvolto può ricominciare la corsa, e siccome la Gran Bretagna non era partita fortissima, Hindes ha deciso di utilizzare questo trucco in accordo coi compagni. Non proprio il massimo del fair play, ma alla squadra di casa i giudici l’hanno fatta passare liscia.

Due medaglie che hanno fatto gioire particolarmente i britannici sono state quelle ottenute da Andy Murray nel tennis e da Zara Phillips nel concorso di equitazione a squadre. Per quanto riguarda il tennista scozzese, è riuscito a vendicare la sconfitta nell’ultimo Wimbledon in finale contro Federer, conquistando la medaglia d’oro nel torneo del singolare battendo nettamente proprio il campione svizzero, arrivato all’ultimo atto forse stanco dall’epica battaglia in semifinale con l’argentino Del Potro. Per Murray, anche se non può essere considerato uno slam, si è trattato di rompere il sortilegio di non aver mai vinto un torneo importante, di aver conquistato un oro che mancava alla Gran Bretagna addirittura da 104 anni, ma soprattutto di aver vinto sui campi di Wimbledon dopo che l’ultimo britannico era stato Fred Perry nel lontano 1936. A Murray, che, pur avendo ammesso più volte di non amare gli inglesi e l’Inghilterra, quando gioca su quei campi viene trattato come l’idolo di casa, non è riuscita per un soffio la doppietta, avendo perso la finale del doppio misto in coppia con la connazionale Robson contro i bielorussi Mirny-Azarenka, ma ha comunque portato a casa un’altra medaglia (argento), mentre l’avventura nel doppio maschile con suo fratello meno famoso, Jamie, è finita subito.

Per la trentunenne nipote della regina Elisabetta, Zara Phillips, invece, si è trattato di una vera e propria favola, con l’argento nel concorso completo equestre a squadre che l’ha fatta diventare la prima esponente reale a conquistare una medaglia olimpica, mentre la prima a partecipare a un edizione dei Giochi era stata proprio sua madre Anna. Per la cavallerizza di casa Windsor sugli spalti erano accorsi a fare il tifo anche i tre cugini William, Kate e Harry, oltre a più di cinquantamila persone festanti. Qualche giorno dopo per l’equitazione britannica è arrivata anche una medaglia d’oro, questa volta nella prova di dressage.

Un’altra impresa che ha fatto esultare ed emozionare i tifosi d’oltremanica è stata quella del velista Ben Ainslie, capace, all’ultima prova della sua grandissima carriera, di vincere il quarto oro consecutivo nella classe Finn, raggiungendo miti come il “collega danese Elvstrom, il discobolo Al Oerter e Carl Lewis.  Alle quattro medaglie d’oro, però, l’inglese è in grado di aggiungerci anche un argento conquistato nel 1996, il che ne fa il velista più medagliato di tutti i tempi.

Una volta iniziate le gare delle discipline dell’atletica leggera, poi, sono arrivate altre medaglie per la squadra britannica, ma di sicuro la serata magica è stata quella del 4 agosto, quando sono arrivati tre ori nell’arco di un paio d’ore. Gli artefici di questa grande impresa sono stati la sexy Jessica Ennis nell’eptathlon, con tanto di record mondiale nei 100 metri, Greg Rutherford nel salto in lungo e Mo Farah nei 10000. Questi tre successi sono stati rappresentati anche come il simbolo della multietnicità della Gran Bretagna, con una donna di colore (la Ennis), un bianco (Rutherford) e un africano (Mo Farah) che hanno mandato in visibilio ottantamila persone sotto la stessa bandiera. In particolare colpisce la storia personale di Farah: nato in Somalia, scappato dalla guerra civile quando era un bambino con il padre e i fratelli, dopo un inizio difficile nel nuovo Paese, è diventato uno dei più amati e popolari atleti britannici, simbolo di unità e integrazione tra popoli e religioni.

Un’altra bella storia da raccontare è stata quella dei fratelli Brownlee, Alistair e Jonny, 24 e 22 anni, arrivati rispettivamente primo e terzo al termine delle tre prove del triathlon (nuoto, ciclismo, corsa). I due ragazzi, che nei pensieri della vigilia avrebbero voluto tagliare il traguardo mano nella mano (cosa che il comitato olimpico ha vietato a priori) sono invece arrivati a trenta secondi di distanza, divisi dallo spagnolo Javier Gomez. L’immagine che resterà più impressa è quella di Alistair (il vincitore) che, stravolto dalla fatica delle tre prove, sdraiato aspetta Jonny subito dopo l’arrivo, il quale, una volta giunto al traguardo viene abbracciato dal fratello maggiore, ma esausto anche lui, sviene e deve essere portato all’ospedale per un controllo, fortunatamente senza conseguenze.

In questa trionfale edizione per gli atleti della Union Jack va ricordato anche il primo oro in assoluto nella storia dei Giochi per la boxe femminile, assegnato a Nicole Adams, la prima medaglia (bronzo) conquistata nella storia dai ginnasti e anche una clamorosa doppietta nel C2 della canoa slalom.

Ad ora le ultime medaglie (ma probabilmente il bottino non è ancora concluso) che sono andate ad aumentare il medagliere britannico sono le due arrivate questa mattina ancora dalla canoa maschile (un oro e un bronzo) e le quattro conquistate nella giornata di venerdi: un argento nella coppia di vela maschile, due bronzi, uno nel taekwondo e uno nella boxe, oltre al bronzo ottenuto dalla nazionale femminile di hockey su prato. Queste ultime, oltre ai colleghi maschi che si giocano oggi il terzo posto contro l’Australia, sono le uniche che hanno regalato delle gioie ai tifosi di casa per quanto riguarda i tornei degli sport di squadra: difatti, sia per gli uomini che per le donne del volley, basket e pallanuoto si è trattato di veri e propri bagni di sangue, con batoste una dietro l’altra e ultimi posti nei vari gironi eliminatori tristemente occupati da quasi tutti questi team britannici. Nei due tornei di calcio le cose sono andate leggermente meglio, ma comunque entrambe le formazioni non sono riuscite ad andare oltre i quarti di finale, con soprattutto la squadra maschile che non ha mai convinto, impegnata più che altro a zittire le polemiche scaturite dal rifiuto dei gallesi Giggs e Bellamy di cantare l’inno, oltre tutti i discorsi sulle assenze dei due idoli di casa David Beckham e Gareth Bale.

Tornando indietro alla prima settimana caratterizzata dalle gare di nuoto, anche lì ci sono state più delusioni che sorrisi, con il gruppo britannico schiacciato dallo strapotere dei nuotatori statunitensi e cinesi e con la campionessa inglese Rebecca Adlington che non è riuscita a realizzare le speranze della vigilia.

Al termine di questa panoramica di trionfi e sconfitte di queste due settimane, scende un velo di tristezza alla notizia della morte di Conrad Readman, un signore inglese di 49 anni appassionato di tutti gli sport, diventato famoso perché si era preso due settimane di ferie e aveva comprato i biglietti per ogni giornata di gare di Londra, soprannominato per questo “Olympic Superfan”. Ogni giorno seguiva i suoi amati atleti di tutte le specialità con una costanza e una passione straordinari, ma, purtroppo, mentre era al Velodrome per assistere alle imprese dei vari Hoy e Pendleton, è stato colto da infarto e per questo sfortunato tifoso non c’è stato niente da fare. Quello che è certo, però, è che la sua medaglia speciale l’aveva già vinta…

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