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Nucleare: dai rischi per la centrale di Zaporizhzhia al progetto per aumentare la sicurezza dei reattori

FIRSTonline

La centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, da mesi inquieta l’opinione pubblica mondiale per il rischio di una catastrofe atomica. Per mantenere alta l’attenzione Rafael Mariano Grossi Direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu il piano in cinque punti per proteggere il sito dai bombardamenti. “Nessun attacco da o contro la centrale nucleare , non usare l’impianto come deposito o base per armi pesanti o personale militare, non mettere a rischio l’alimentazione esterna dell’impianto, proteggere da attacchi o atti di sabotaggio tutte le strutture, i sistemi e i componenti essenziali per il funzionamento sicuro e protetto, non intraprendere azioni che compromettano questi principi”. In sostanza i combattimenti devono restare fuori dall’area della centrale. I rischi successivi ad un eventuale coinvolgimento della struttura nelle azioni militari, sono incalcolabili. Come sappiamo anche dai piani nazionali contro incidenti da una centrale nucleare, resatare in ambiente chiuso, serrare porte e finestre, staccare i sistemi elettrici dentro casa, la iodoprofilassi, servono solo ad abbassare la pericolosità radioattiva. L’ambiente è comunque contaminato

I rischi nucleari in un progetto Ue

La Commissione europea ha dedicato a queste emergenze un progetto che si appresta a rinnovare. L’acronimo è MUSA (Management and Uncertainties of Severe Accidents) allo scopo di aumentare la sicurezza dei reattori nucleari. Il progetto si è concluso l’altro giorno, ha coinvolto centinaia di ricercatori, tra cui due dell’Università di Pisa: il Professore Sandro Paci e la Dottoressa Michela Angelucci. Partiamo dall’inizio. La costruzione o la gestione di una centrale desta preoccupazioni soprattutto per gli incidenti che si possono avere. E’ una paura generalizzata che va affrontata con gli strumenti della ricerca scientifica, che per fortuna non si è fermata nemmeno in Italia. La scelta di molti Paesi di dare vita a progetti di siti con nucleare di terza generazione è accompagnata da progetti sulla sicurezza degli impianti. Uno dei temi affrontati da MUSA è stato l’incertezza nella valutazione dei rilasci radioattivi verso l’ambiente esterno. Paci e Angelucci spiegano così il senso del progetto: “Negli sforzi costanti per aumentare la sicurezza degli impianti nucleari ai massimi standard anche a seguito dell’incidente di Fukushima nel marzo 2011, è emersa la necessità di valutare le metodologie applicate nelle simulazioni degli incidenti severi con danneggiamento del combustibile nucleare”. Bisogna anche valutare la capacità dei codici di calcolo per analizzare certi tipi di incidente. Capire i modelli dei diversi scenari in cui si trovano reattori nucleari di seconda e terza generazione. I ricercatori a questo fine hanno testato differenti metodologie di quantificazione delle incertezze. Hanno applicato misure innovative per gestire un possibile incidente. La gente non è mai tranquilla abbastanza. Ma è esattamente il rilascio della radioattività su persone e cose che mette paura e sviluppa contrarietà alla costruzione di nuove centrali. Il mondo globalizzato ha davanti scenari, ora apocalittici, ora di rigenerazione a vantaggio dei giovani. Un indirizzo unico non c’è, ma i soldi a favore girano dalla Cina all’Africa. Il dibattito se avere o no centrali di terza generazione per affrontare la transizione energetica, è aperto. Inutile negare che ci sono Paesi che temono di restare indietro nelle tecnologie e nell’uso di fonti ora sospette. È ancora indefinito il modo di quantificare le incertezze dovute agli incidenti. E’ fondamentale avere dati scientifici e divulgare i contenuti delle misure di prevenzione o di emergenza. Non sono rari i casi in cui decisori politici e opinionisti discutono senza avere consapevolezza della materia. MUSA è stato valido sotto il profilo dell’indagine scientifica. Ha creato un nuovo database su come valutare i rilasci radioattivi verso l’esterno. E’ ovvio che non basta un progetto o articoli favorevoli a modificare idee, pregiudizi e angosce sull’atomo. Nel progetto circa la cultura delle emergenze, è stato lo stesso Prof. Paci a presentare tre “educational modules” divulgativi sulle fenomenologie degli incidenti severi. Un bilancio positivo e tranquillizzante ,purché al grande pubblico si dicano sempre le cose con chiarezza. Non resta che attendere il via libera della Commisione Ue alla prosecuzione del progetto che ha già il nome di INNOMUSA. Sarà utile anche per l’Ucraina.

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