Il calcio regala sempre storie inattese. E la finale del primo Mondiale per Club con il nuovo format a 32 squadre ne è la prova. Al MetLife Stadium di New York, sotto gli occhi del presidente Donald Trump e della First Lady Melania, il Chelsea di Enzo Maresca ha travolto il favoritissimo Paris Saint-Germain per 3-0, conquistando il titolo di miglior club al mondo.
Un successo storico e sorprendente, costruito con intelligenza tattica e finalizzato dal talento puro di Cole Palmer, autore di una doppietta e di un assist. Il Psg, che fino a quel momento aveva dominato la stagione europea, si è sciolto sotto i colpi dei Blues e della strategia perfetta preparata da Maresca.
Maresca batte Luis Enrique: la partita perfetta
Sulla carta, non c’era storia. Il Psg era reduce da una stagione quasi impeccabile: campione di Francia, vincitore della Coppa nazionale e soprattutto trionfatore in Champions League. Ma il calcio non si gioca solo con i pronostici.
Maresca ha scelto la via più difficile, ma anche l’unica che potesse funzionare: eludere il pressing alto dei parigini, colpirli in transizione e chiudere il primo tempo con un vantaggio insperato. Missione riuscita. Il Chelsea parte forte e sfiora subito il vantaggio con un sinistro a giro di Palmer. Poi soffre la reazione del Psg, ma resiste. E al 25’, su un rilancio di Sanchez, Gusto sfonda sulla destra e serve Palmer, sinistro chirurgico sul secondo palo e 1-0.
È solo l’inizio. Dieci minuti dopo, sempre Palmer manda in tilt la difesa parigina: doppia finta, altro mancino vincente, stesso angolo. 2-0. Al 43’ il capolavoro. Palmer lancia Joao Pedro, scavetto su Donnarumma e tris servito. Francesi al tappeto.
Nella ripresa, il copione cambia poco. Il Psg ci prova, ma sbatte contro un Chelsea compatto e feroce. Dembelé ha una grande occasione, ma Sanchez vola e salva. Kvaratskhelia delude e viene sostituito. Luis Enrique prova tutto: inserisce Barcola, Zaire-Emery, Ramos e Mayulu, ma la musica non cambia. Anzi, i francesi si innervosiscono. All’84’ Joao Neves si fa espellere per un gesto antisportivo su Cucurella, sanzionato dopo on field review. Nel finale, rissa sfiorata tra Joao Pedro e Luis Enrique, sedata solo grazie all’intervento di Donnarumma e Maresca.
Palmer e Maresca, gli eroi inattesi
Nel giorno in cui Jannik Sinner vince Wimbledon, un altro italiano scrive la sua favola personale. Enzo Maresca, ex Parma ed ex vice di Guardiola, guida così il Chelsea dalla Conference League al tetto del mondo. In una sola stagione. Un’impresa memorabile, suggellata da una prestazione magistrale.
Accanto a lui, il volto di questa notte newyorkese è quello di Cole Palmer, numero 10 vero, che ha incantato tutti con due gol fotocopia e un assist da trequartista classico. E ovviamente il premio di Mvp della partita.
Il Chelsea incassa oltre 100 milioni
Oltre alla gloria, i Blues portano a casa anche un bottino economico da record. Il solo accesso alla finale aveva già garantito al Chelsea 95,7 milioni di euro. Con la vittoria, il club londinese ha superato i 100 milioni, rendendo questa coppa più redditizia della stessa Conference League vinta un mese fa.
Anche il Psg, sconfitto, non torna a mani vuote: i francesi chiudono con 97,7 milioni incassati. Ma per una squadra costruita per vincere tutto, l’umiliazione sul palcoscenico globale brucia.
La finale del MetLife Stadium ha chiuso il primo Mondiale per Club organizzato dalla Fifa con il nuovo format a 32 squadre. In un mese di competizione, i migliori club del mondo si sono sfidati negli Stati Uniti, con un montepremi totale di 930 milioni di euro, distribuiti tra partecipazione e risultati sportivi.
Anche le italiane, pur fermandosi prima del previsto, hanno beneficiato dei premi: 33 milioni all’Inter, eliminata agli ottavi, e 27 milioni alla Juventus, uscita nel turno precedente.
Il Chelsea alza quindi al cielo il primo Mondiale per Club e, nel farlo, si prende un posto nella storia. Non solo per il trofeo, ma per come lo ha conquistato: con intelligenza, umiltà, coraggio. E soprattutto, con pieno merito. E grazie a Enzo Maresca, questa vittoria è anche un po’ italiana.