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La Juve espugna Genova con Vlahovic, l’Inter crolla a San Siro con l’Udinese e il Milan prende Rabiot

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Altro giro, altra sorpresa. La domenica di A fa registrare la clamorosa sconfitta dell’Inter, che si inceppa a San Siro contro l’Udinese: i nerazzurri partono bene con Dumfries, ma si fanno rimontare dai friulani e cadono 2-1. La Juventus invece continua a viaggiare a punteggio pieno: a Marassi basta un’incornata di Vlahovic per piegare il Genoa e regalare a Tudor il secondo successo consecutivo, con la porta ancora inviolata. Il serbo, ormai certo di restare a Torino almeno fino a gennaio, fa sorridere il tecnico croato, da sempre suo grande estimatore, in attesa di abbracciare Zhegrova (oggi le visite mediche, con Nico Gonzalez all’Atletico Madrid) e, forse, Kolo Muani (ma intanto si intensificano le voci su Openda del Lipsia).

Infine la Lazio, chiamata a reagire dopo il tonfo di Como e le parole dure di Sarri, trova la serata perfetta all’Olimpico: 4-0 al Verona con Castellanos protagonista assoluto tra reti e assist. Oggi i riflettori si sposteranno sul mercato, giunto ormai al capolinea (si chiude alle 20), con il Milan scatenato (preso Rabiot, si tratta con la Roma per lo scambio Gimenez-Dovbyk) e tante, tantissime, possibili sorprese.

Inter – Udinese 1-2: Runjaic espugna San Siro, Chivu è già sotto accusa

L’Inter si ferma subito. Dopo il 5-0 al Torino all’esordio, la squadra di Chivu inciampa a San Siro contro l’Udinese, che rimonta e porta via tre punti pesantissimi con un 2-1 che fa rumore. I nerazzurri partono forte e trovano il vantaggio con Dumfries al 17’, ma poi calano, si fanno sorprendere dalla fisicità e dalla compattezza dei friulani e vengono ribaltati nel giro di dieci minuti: prima il rigore di Davis (29’), poi il destro a giro di Atta (40’). Gol che si rivelano decisivi, perché nella ripresa l’Inter prova con generosità a riacciuffarla, ma si scontra contro una difesa bianconera granitica e su un paio di episodi che le girano contro, come il gol annullato a Dimarco per offside di Thuram.

Chivu cambia poco rispetto al debutto: dentro Calhanoglu in regia e Bisseck dietro, per il resto conferma la Thu-La davanti e le certezze sugli esterni. Runjaic risponde con un centrocampo muscolare, sorprende tutti con Bayo titolare e costruisce una squadra corta, ordinata, pronta a ripartire. Dopo un avvio lento, il match si accende al quarto d’ora: Lautaro si inventa la giocata che libera Dumfries per l’1-0. San Siro esplode, ma l’illusione dura poco. Prima Sommer deve intervenire su Atta, poi un tocco di mano di Dumfries regala all’Udinese il rigore del pari, trasformato da Davis. Da lì in avanti i friulani prendono coraggio e completano la rimonta con Atta, che rientra sul destro e pesca l’angolo con un gran tiro.

La ripresa è un assedio. L’Inter alza ritmo e baricentro, con Barella vicino al gol subito e Calhanoglu che sfiora il palo. Dimarco la mette dentro con un sinistro dei suoi, ma il VAR cancella per fuorigioco di Thuram. È la sliding door del match: i nerazzurri spingono con tanti uomini, Chivu inserisce forze fresche e passa a trazione anteriore, ma ogni volta trovano un muro. Kristensen e Solet giganteggiano dietro, Sava risponde presente sulle palle alte e nel finale Zielinski viene murato ancora dentro l’area.

L’Inter ci prova fino all’ultimo ma non sfonda, l’Udinese resiste con ordine e porta via un successo di prestigio che pesa doppio: morale altissimo per i friulani e prima caduta per i nerazzurri, che dopo la festa del debutto si ritrovano subito con i piedi per terra.

Chivu: “Siamo stati poco lucidi, ma niente drammi, il campionato è ancora lungo”

“La partita si era messa bene, poi non siamo riusciti ad essere fluidi e a trovare la giocata giusta e abbiamo fatto fatica a creare superiorità – l’analisi amara di Chivu -. Alla prima situazione difficile per noi è stata persa la lucidità, perdendo anche la motivazione. Nella ripresa siamo stati più vogliosi, anche cercando diverse giocate, ma non siamo riusciti a finalizzare le occasioni create. Sono fasi che dobbiamo provare a gestire. Si può giocare bene sempre, ma nei momenti critici, tocca essere sporchi. Non siamo migliorati dopo la prima giornata, non siamo scarsi dopo questa: dobbiamo trovare la quadra giusta e lavorare sodo, il campionato è ancora lungo. La gara con la Juve dopo la sosta? Non voglio nemmeno pensarci, mancano due settimane e molti giocatori vanno in Nazionale. Spero che la pausa regali ai miei uomini un po’ di ossigeno e dopo, al ritorno, potrebbe esserci una nuova carica”.

Genoa – Juventus 0-1: decide ancora Vlahovic, Tudor aggancia Napoli e Roma in vetta

La Juventus espugna anche Marassi e si prende la vetta della Serie A: basta un colpo di testa di Vlahovic al 73’ per piegare il Genoa e conquistare il secondo successo consecutivo, ancora senza subire gol. Una partita più dura di quanto dica lo 0-1 finale, perché i rossoblù di Vieira hanno avuto le loro chance soprattutto nel finale, fermati da un super Di Gregorio e da una traversa che ha strozzato l’urlo in gola a Masini. Alla fine, però, a sorridere è la squadra di Tudor, solida, cinica e già a punteggio pieno.

Dopo un avvio molto tattico, con la Juve a gestire palla e il Genoa aggressivo in pressing, la prima vera occasione è dei padroni di casa: Ellertsson rientra sul sinistro e impegna Di Gregorio. La Juve risponde al 41’ con Gatti, che da centravanti aggiunto trova un Leali in versione saracinesca. Il portiere rossoblù si ripete subito dopo su Yildiz, mentre David fallisce clamorosamente la ribattuta da due passi. Primo tempo che si chiude senza reti ma con rimpianti da entrambe le parti. La ripresa si apre ancora nel segno di Ellertsson, vivacissimo, ma è la Juve che cresce col passare dei minuti. Tudor cala i pezzi da novanta dalla panchina: dentro Koopmeiners, Kostic e soprattutto Vlahovic. E proprio il serbo, come già all’esordio col Parma, cambia la partita: corner dalla sinistra di Kostic, incornata perfetta e 0-1 che spezza l’equilibrio. Da lì in avanti i bianconeri potrebbero anche raddoppiare, ma Masini salva su un’altra conclusione del numero 9. Il Genoa non molla: Norton-Cuffy spinge con coraggio, Ekuban costringe Di Gregorio al miracolo e nel recupero Masini colpisce la traversa. Brividi fino all’ultimo respiro, ma la Juve tiene botta e porta a casa tre punti pesantissimi. Secondo successo, porta inviolata e una classifica che sorride: Tudor vola in testa con una squadra che non incanta ma vince e, soprattutto, non prende gol.

Tudor: “Siamo una squadra vera! Vlahovic? Per noi è importante come David”

Ho visto una squadra vera, che non vuole regalare niente, sul pezzo, concentrata, che dal primo all’ultimo momento sa cosa vuole – il commento soddisfatto di Tudor -. Una vittoria meritatissima, la sensazione è questa qua, di una squadra dentro la partita, concentrata, bella tosta, mi è piaciuta tanto. Vlahovic? Ha mostrato tanta voglia, come tutti. Dusan sta bene come stato di salute e io sono contento, lui e David sono tutti e due importanti. L’allenatore vuole sempre giocatori forti, più ne ha e meglio è, poi il mercato lo fa il direttore Comolli. Io sono contento della squadra come ho detto tante volte, poi manca ancora l’ultimo giorno e vediamo che succede. Io sono tranquillo, la squadra mi piace, i giocatori mi piacciono, se arriva qualcuno sarò felice lo stesso. Zhegrova o Kolo Muani, io sono sempre felice…”.

Lazio – Verona 4-0: Sarri si rialza con un poker firmato Guendouzi, Zaccagni, Castellanos e Dia

La Lazio risponde subito alle critiche e lo fa nel modo più netto possibile. Dopo il tonfo di Como e le parole dure di Sarri (“numeri da Serie C”), i biancocelesti rialzano la testa travolgendo 4-0 il Verona all’Olimpico. Una prova di forza che vale i primi tre punti stagionali e che restituisce entusiasmo all’ambiente. A decidere il match le reti di Guendouzi, Zaccagni, Castellanos (protagonista assoluto anche con due assist) e Dia, mentre l’Hellas resta inchiodato a un solo punto e mostra limiti preoccupanti.

La gara si sblocca subito: dopo appena due minuti, Castellanos lavora un gran pallone in area e serve Guendouzi, che insacca l’1-0. È il preludio a un dominio totale. Al 10’ il Verona combina un pasticcio in uscita, Bernede regala palla e Zaccagni punisce con l’aiuto di una rabona sontuosa del Taty. L’Olimpico esplode, la Lazio gioca sul velluto e sfiora più volte il tris, mentre l’unico brivido lo crea Harroui (palo) su un’iniziativa isolata. Ma poco prima dell’intervallo la squadra di Sarri cala il tris: punizione di Rovella, incornata di Castellanos e 3-0 che chiude di fatto la partita.

Nella ripresa Zanetti prova a scuotere i suoi con tre cambi immediati, ma la reazione dell’Hellas è confusa e sterile. Serdar spreca una chance, Montipò tiene a galla i suoi con un paio di interventi, ma la Lazio ha sempre il controllo e continua a creare. Cancellieri e Zaccagni sfiorano il poker, poi tocca a Pellegrini andare vicino al gol. L’epilogo arriva all’82’: Belahyane verticalizza, Dia raccoglie e firma il 4-0 che suggella la festa. Nel finale i biancocelesti sfiorano addirittura la manita, mentre il Verona affonda tra errori e disattenzioni. Una vittoria che vale molto più dei tre punti: la Lazio torna sé stessa, Sarri ritrova risposte importanti dai suoi uomini chiave e il 4-0 suona come un segnale forte al campionato. Per il Verona, invece, la serata romana lascia solo ombre e un futuro tutto da raddrizzare.

Sarri: “Prestazione completamente diversa da quella di Como, è stato emozionante”

“È stata una prestazione completamente diversa da quella di Como, probabilmente ci ha aiutato il fatto che la squadra sentiva moltissimo di dover interrompere il trend negativo in casa – ha spiegato Sarri -. Una grossa fetta di motivazione veniva da questo, oltre alla brutta figura di Como. Alternare buone partite e cattive prestazione fa parte di tante squadre in questo periodo, non abbiamo fatto un dramma dopo domenica scorsa, anche se abbiamo analizzato la sconfitta, prendiamo per quello che è il buono visto col Verona. A livello emotivo è stato un ritorno emozionante, vedere la reazione dello stadio a inizio partita dopo il gol del 2-0 è qualcosa di forte ed emozionante, ma dentro di me c’era il terrore, perché bisognava portare a casa il risultato per dare una soddisfazione dopo sette mesi”.

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