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La Cina e le ‘tre sorelle’ del minerale di ferro: il colosso asiatico ora vuole auto-produrlo

Ai tempi di Enrico Mattei l’Italia cercò di sviluppare la produzione domestica di petrolio e gas (oltre ad assicurarsi fonti proprie di approvvigionamento esterno) per non dover dipendere dalle ‘sette sorelle’ che dominavano il mercato petrolifero internazionale.

La Cina è in una situazione simile per quanto riguarda il minerale di ferro, di cui è di gran lunga la prima consumatrice mondiale. Sull’altra parte del tavolo delle compravendite ci sono le ‘tre sorelle – BHP Billiton, Rio Tinto e Vale – che costituiscono in pratica una cartello dei venditori (controllano i due terzi delle esportazioni mondiali di minerale di ferro).

Ma la Cina vuole ora sviluppare la produzione domestica (arrivando al 45% dei fabbisogni, dal 35% dell’anno scorso) e stringere accordi diretti con i Paesi produttori per non dover dipendere dalle ‘tre sorelle’. E intende, per quanto riguarda la parte importata, ottenere metà delle importazioni da miniere in cui la Cina ha investito. Gli sforzi dei cinesi sono positivi per tutta l’industria siderurgica mondiale, nella misura in cui aumenta la produzione, viene indebolito il cartello, e viene attenuata quindi la pressione sui prezzi.

Nei primi 8 mesi di quest’anno la Cina ha importato 448 milioni di tonnellate di minerale di ferro (+3.5% sull’anno scorso) e il prezzo medio nel periodo si è impennato del 38%. La Cina ne fa colpa al cartello delle ‘tre sorelle’: i margini medi dell’industria siderurgica cinese sono più bassi di quelli del resto dell’industria.

Leggi il China Daily

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