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Flat tax, allarme dei commercialisti: “Così è dannosa”

FIRSTonline

La flat tax che il governo vuole introdurre con la nuova legge di Bilancio “rischia di determinare degli effetti distorsivi estremamente dannosi, pur partendo dalle migliori intenzioni”. A lanciare l’allarme è Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

Il problema della misura allo studio è che resterebbero “escluse le partite Iva individuali che, pur restando sotto la soglia di fatturato massimo – continua Miani – risultano anche socie di società e associazioni professionali e/o utilizzano beni strumentali per un valore superiore a 20mila euro e/o sostengono spese per dipendenti e collaboratori in misura superiore a 5.000 euro annui”.

Secondo il Presidente del Cndec, “la flat tax come modello di tassazione sganciato dal regime forfetario andrebbe benissimo e sarebbe un vero aiuto alle partite Iva, ma un sistema che si limita ad ampliare la soglia di fatturato del regime dei minimi è invece altamente distorsivo, perché crea il paradosso di premiare, anche a parità di fatturato, le partite Iva che non si aggregano, che non investono e che non assumono, penalizzando invece quelle che fanno anche una soltanto di queste tre cose importantissime affinché le attività crescano e con esse l’economia”.

I commercialisti ricordano che il regime forfetario con flat tax al 15% è stato introdotto dal Governo Renzi ed è stato utilizzato da 728.357 partite Iva nel 2015 e da 935.406 nel 2016 (i dati del 2017 non sono ancora disponibili).

Il Consiglio calcola inoltre che sono 593mila le partite Iva individuali con fatturato fino a 65mila euro che potrebbero rientrare nell’ampliamento del regime forfetario con flat tax al 15%. Al momento, la soglia è di 30mila euro per i liberi professionisti e di 50mila euro per coloro che esercitano attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio e attività di alloggio e ristorazione.

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