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Electrolux scivola in rosso e prevede un ulteriore calo della domanda: cosa significa per i 5 stabilimenti italiani?

FIRSTonline

I risultati del terzo trimestre della multinazionale svedese Electrolux AB, comunicati venerdì 28 ottobre, sono pesanti. Un taglio del 7-8% dei 51mila dipendenti (taglio in gran parte in Nord America dove le perdite hanno raggiunto i 1,2 miliardi di corone svedesi), per un risparmio totale nel 2023 di oltre 7 miliardi di corone, una perdita operativa nel terzo trimestre di 385 milioni a causa del previsto deterioramento della domanda di elettrodomestici in Europa e Nord America. Il risultato operativo è stato di -35 milioni di corone svedesi. E quanto ai prossimi mesi l’azienda preannuncia ulteriori cali della domanda a causa dell’inflazione e degli alti tassi di interesse.

Da notare che, come è accaduto per altre aziende, la perdita a causa della guerra Nato-Ucraina, del mercato russo e di quelli russofoni, incide nettamente sull’utile operativo: 350 milioni di corone. Con un forte impatto sull’area di business Europa. Come era stato già preannunciato in settembre, oltre all’aumento generalizzato dei costi, all’inflazione si sono aggiunte enormi inefficienze nella catena di approvvigionamento e nella produzione in Nord America.

“E se da un lato prevediamo 4-5 miliardi di SEK guadagni nel 2023 dal nuovo schema di costi – ha dichiarato il presidente e CEO Jonas Samuelson –, da un altro lato prevediamo che nel quarto trimestre del 2022 l’onere di ristrutturazione dovrebbe incidere tra 1,2 e 1,5 miliardi di corone svedesi”. È vero che le vendite nette sono aumentate a 35.244 milioni di corone svedesi (30.929), corrispondenti a una crescita organica delle vendite dell’1,2%. Ma è anche vero che questo segno apparentemente positivo è arrivato solo perché nei mercati mergenti in Asia-Pacifico, Medio Oriente e Africa, la domanda è stata solida.

Che cosa significa per l’Europa e in particolare per i 5 siti italiani?

Una rapida riposta arriva dalle rappresentanze sindacali che si sono dichiarate molto preoccupate e che attendono il 9 novembre quando si svolgerà l’incontro con l’azienda, incontro che doveva svolgersi in settembre e che era stato rimandato proprio per il rapido deterioramento dei mercati mondiali. A differenza di altri grandi gruppi Electrolux – sottolineano i sindacati – ha investito nelle fabbriche italiane anche di recente e che ora, per le pesanti condizioni dei mercati, registrano tutte episodi di cassa integrazione.

Da notare che Electrolux ha ampliato da poco lo stabilimento di cappe della marchigiana Best (acquistato da un fondo americano che l’aveva gestito decisamente male) facendolo diventare l’hub centrale del trattamento dell’aria del Gruppo. Con un vantaggio rispetto ad altri stabilimenti e cioè che nelle Marche rimane tuttora un grande e articolato distretto dei componenti per elettrodomestici. Altri hub centrali del gruppo – e in questo l’Italia si conferma nonostante tutto un centro di rilievo mondiale per la progettazione e la produzione di qualità dei majaps – sono le rinnovate fabbriche di Susegana (frigo) e Porcia (lavatrici e lavasciuga) tutte di gamma alta. Poi c’è il sito di Forlì, sempre per tutto il gruppo, dove venivano prodotti 2.200.000 fra piani e forni da incasso di super design e tecnologie. E che dopo le colossali vendite del biennio Covid, sono scese a circa 1 milione. E infine, centrale per tutto il gruppo, anzi strategico, è lo stabilimento di lavastoviglie di Solaro in Lombardia, per il quale era stato annunciato un forte investimento ed un ampliamento.

Perché Solaro è considerato dai tecnici un sito strategico?

Basta spostarsi in Polonia per capirlo. Qui, tutte le aziende che hanno delocalizzato le produzioni di gran parte degli apparecchi entry level, sono in difficoltà: come ha dichiarato il direttore generale di Applia Polska, la Polonia ha perso, per la guerra Nato-Ucraina, il 30-35% delle vendite che realizzava in Russia, Ucraina e paesi limitrofi. E avendo da tempo una situazione occupazionale da pieno impiego, oltre il 25 per cento della manodopera che faceva funzionare le linee, era costituita da ucraini frontalieri. Che, con la guerra, sono scomparsi, arruolati, morti o sfollati altrove. Ciò che ha messo in crisi le fabbriche, la logistica, il mercato dell’est Europa e che durerà molto a lungo.

Gli hub italiani, perciò, potrebbero per lo meno supplire a queste carenze ma ciò è possibile solo se si tratta di fabbriche flessibili, smart, aggiornate con forti automazioni che abbassano i costi di produzione. Per ogni sito italiano Electrolux ha investito negli ultimissimi anni 150 e degli elettrodomestici dopo crescite a due cifre per due anni, sta diventando piuttosto pesante ma solo chi ha investito in tecnologie, design ed ecosostenibilità (e qui Electrolux ha primati assoluti), può restare in Europa e continuare a fabbricare elettrodomestici. Cosa che anche di recente il vertice ha dichiarato di voler continuare a fare. Ancora da notare che solo il 20% di ciò che esce dai 5 siti Electrolux viene venduto in Italia, perché il resto prende la strada dei mercati mondiali compreso quello degli Stati Uniti. Perché si tratta di prodotti di design, altamente ecocompatibili con le normative più severe e diversificati.

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Categories: Economia e Imprese